Addio al tempo indeterminato, posto fisso solo per 2 assunzioni su 10

23 Luglio 2012   10:00  

In Danimarca il posto fisso non è mai esistito e di media ognuno cambia 6/7 lavori o datori di lavoro nella vita.

Con la differenza sostanziale, rispetto all'Italia, che la flessibilità è davvero tale perché dopo la fine di un lavoro i "job placement" sono reali, ti addestrano, ti mettono di fronte anche alle tue criticità, consentendo di superarle. 

In Italia la flessibilità è la precarietà in cui ci si avvita  talvolta per sempre. Se il contratto precario avuto nei primi due anni di lavoro non si tramuta in qualcosa di definitivo, difficilmente si uscirà dalla strada del precariato. Senza che questo significhi ricollocamento, nuova formazione, nuove opportunità.

E i dati parlano chiaro: bisogna dire addio al posto fisso.

Negli ultimi mesi la quota di assunzioni a tempo indeterminato programmate dalle imprese si è assottigliata e ormai sono meno di due su dieci i contratti senza scadenza. A rilevarlo è Unioncamere nell’indagine Excelsior a cui partecipa anche il ministero del Lavoro. E c’è un altro studio, quello di Unimpresa, che evidenzia un altro dato della crisi: molti imprenditori investono all’estero: Serbia, Montenegro, Croazia, Slovenia e poi Egitto e Tunisia: sono tra le mete preferite degli industriali italiani, specie quelli del Mezzogiorno ma anche del Nord Est, che stanno portando via dall’Italia pezzi rilevanti della produzione industriale e dell’economia italiana. Fisco più favorevole e costo del lavoro nettamente più contenuto sono le due ragioni principali che spingono le imprese del nostro Paese a fuggire verso i Balcani e il Nord Africa

L’ultimo Bollettino su luglio-settembre di Unioncamere registra, secondo le previsioni delle aziende, che dei 159 mila posti messi a disposizione appena il 19,8% è stabile. Il dato conferma quanto già avvenuto tra aprile e giugno. Prima di questa nuova fase, ovvero fino all’inizio del 2012, la percentuale di assunzioni previste a tempo indeterminato era ben più alta, si salvavano dalla precarietà circa tre posti su dieci.

L’indagine Excelsior segnava una quota compresa fra il 27% e il 34%, prendendo a riferimento i quattro trimestri prima della caduta. Guardando nel dettaglio la rilevazione condotta da Unioncamere, ben il 72,3% dei posti richiesti per luglio-settembre sono a tempo determinato, di cui una buona parte sono contratti stagionali; il 4,6% è rappresentato da rapporti di apprendistato; e il 3,3% da altre forme, come le assunzioni in inserimento e a chiamata. Inoltre la discesa delle posizioni fisse risulta confermata anche tenendo conto dei fattori di periodo: nel Bollettino sui programmi occupazionali delle imprese, rilevati dall’ente guidato da Ferruccio Dardanello viene, infatti, evidenziato che escludendo le assunzioni stagionali i contratti «stabili» si attestano al 35,8%, mentre nei precedenti cinque trimestri la loro quota era superiore al 40%.


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