Alzheimer, trovata arma che migliora memoria

18 Gennaio 2018   11:31  

Da uno studio tutto italiano una possibile arma contro il 'ladro di memoria'. La stimolazione magnetica transcranica (Tms), infatti, potrebbe aiutare i pazienti affetti da malattia di Alzheimer a contrastare una delle conseguenze più caratteristiche e precoci della patologia: la perdita di memoria. Almeno secondo un gruppo di ricercatori della Fondazione Santa Lucia Irccs, guidato da Giacomo Koch. In uno studio pubblicato su 'NeuroImage', il team ha rilevato un miglioramento del 20% della memoria in pazienti trattati con sedute di stimolazione del cervello attraverso queste 'mini-scosse' indolori.

Lo studio italiano torna ad accendere i riflettori su uno strumento che da qualche anno si sta facendo largo nel trattamento di diversi deficit neurologici e che è già stato per esempio approvato dalla Food and Drug Adminsitration statunitense per il trattamento delle forme di depressione resistenti ai farmaci. Ma come funziona la Tms? Genera campi magnetici che attraversano la scatola cranica e si trasformano in impulsi elettrici, stimolando così la riattivazione delle connessioni tra sinapsi e neuroni che sono alla base dello scambio di messaggi tra le diverse aree del nostro cervello e quindi alla base di tutte le sue funzioni.

Volendo stimolare la funzione della memoria, i ricercatori del Santa Lucia sono andati ad agire su una particolare rete neurale, il 'default mode network'. "E' un'area collocata in una posizione centrale e relativamente profonda del cervello - spiega Marco Bozzali, neurologo dell'Irccs ed esperto di neuroimaging - altamente connessa con l'ippocampo, altra regione da sempre sotto forte osservazione quando si parla di malattia di Alzheimer e problemi di memoria". Il default mode network influenza inoltre la nostra consapevolezza dell'ambiente e della situazione in cui ci troviamo in un determinato momento, ovvero quella capacità di essere presenti alle cose, che pure va progressivamente deteriorandosi a causa della patologia.

"Studi internazionali stanno facendo emergere in modo sempre più chiaro - osserva Koch - che la stimolazione magnetica transcranica, quando viene applicata in modo continuativo, mostra effetti neuroriabilitativi anche nel trattamento di deficit neuromotori e cognitivi provocati da altre patologie, come l'ictus cerebrale e la sclerosi multipla. E' utilizzata pure per il trattamento di disturbi di ansia, schizofrenia e malattia di Parkinson". Accanto allo studio dei sui effetti neuroriabilitativi, il gruppo di ricerca si sta concentrando sull'utilizzo della Tms come biomarcatore dell'Alzheimer, ossia come strumento per rilevare in modo precoce segnali della malattia.

"Le due metodiche oggi più diffuse per la diagnosi - spiega Alessandro Martorana dell'Università di Tor Vergata, che ha collaborato al progetto - sono il prelievo del liquido cerebrospinale mediante ricovero e puntura lombare oppure l'esame con Pet. Entrambe servono a rilevare accumuli di beta-amiloide nel nostro sistema nervoso". Sono però costose e la prima è anche invasiva. La Tms potrebbe così rappresentare una buona alternativa a basso costo: "Mandando impulsi elettrici al cervello non in modo continuativo, ma isolato e puntuale - precisa Koch - posso fotografare il livello di connettività cerebrale della persona in base a precise informazioni neurofisiologiche, e quindi rilevare scostamenti dalle funzioni cerebrali di un soggetto sano. I vantaggi di questo esame semplice e a basso costo sono tali che quasi mi sorprende che la Tms non si sia per esempio ancora diffusa come metodica standard nei centri demenza".

E la ricerca sulle mini-scosse va avanti. L'équipe di Koch ha avviato un nuovo progetto di sperimentazione clinica in collaborazione con l'Università di Harvard, per verificare l'eventuale maggiore efficacia della Tms nel trattamento della depressione rispetto all'assunzione di farmaci mirati.



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