Caso #Yara Gambirasio, corte nega video difesa: "Non ci facciamo suggestionare"

06 Luglio 2017   11:36  

I video 'ricostruiti' dalla difesa di Massimo Bossetti non saranno proiettati in aula.

Il presidente della corte d'assise d'appello di Brescia, Enrico Fischetti, non usa mezzi termini per spiegare alle parti che la cornice del secondo grado e delimitata "dagli atti e dai documenti" già in possesso dei giudici e che qualsiasi slide o foto che la difesa vuole mostrare in riferimento all'omicidio di Yara Gambirasio "deve già far parte del processo, nuovi documenti o semplici deduzioni non sono ammesse, ciò che è nuovo va acquisito.

Le slide vanno quindi 'depurate' da cose fuori dal processo che ha già atti corposi", circa 25 faldoni.

In particolare, il presidente che ha ricordato la sua esperienza in caso di omicidi, evidenzia la singolarità da parte della difesa Bossetti - in un processo appello - di richiesta di mostrare in aula dei video e su questo non ammette repliche: "Nessun video 'ricostruito' verrà proiettato.

Noi non ci lasciamo suggestionare, ma il video non ci serve: avete già depositato 258 pagine di motivi di appello e altre 110 di motivi aggiuntivi, c'è scritto tutto anche in modo esteso".

Alla difesa, che ha iniziato l'udienza chiedendo di poter proiettare in aula dei documenti, la decisione della corte 'smorza' le armi.

Le foto e le slide "di cui abbiamo la sicurezza che fanno riferimento a documenti e trascrizioni sono ammesse, quelle nuove o che sono vostre deduzioni no", chiosa il presidente della corte. Ora i difensori dell'imputato, Paolo Camporini e Claudio Salvagni, sono pronti a mostrare in aula alcune slide "che rendono più chiari i dati grezzi sul Dna" e mostrare con delle immagini le caratteristiche del furgone di Bossetti.

DIFESA - Il Dna è la prova regina contro Bossetti ed è su quella traccia genetica che la difesa dell'uomo torna a chiedere una perizia per far luce su una "anomalia" che continua a dividere.

La traccia mista trovata sugli slip e sui leggings della 13enne scomparsa da Brembate il 26 novembre 2010 appartiene alla vittima e a 'Ignoto 1', poi identificato nell'imputato. Ma in quella traccia il Dna mitocondriale (indica la linea materna, ndr) non corrisponde a Bossetti

"Un'anomalia che non inficia il resto: solo il Dna nucleare ha valore forense", sostiene l'accusa. Un "mezzo Dna contaminato" la cui custodia e conservazione "sono il tallone d'Achille" di un processo "indiziario", la tesi dei difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini che oggi dedicheranno gran parte della loro arringa - davanti ai giudici della corte d'assise d'appello di Brescia - per chiedere l'assoluzione del loro assistito.

"Intorno al processo c’è tanta confusione: sono finite le tracce migliori - 31G19 e 31G20 su leggings e slip - ma ci sono ancora i reperti e gli estratti. Se hanno esaurito una traccia straordinariamente pura e abbondante non è un problema della difesa. Deve consentirsi all’imputato di difendersi e quindi serve una perizia", le parole di Salvagni alla vigilia dell'udienza a cui, come sempre, assiste Bossetti. Tolta la traccia genetica, contro l'uomo in carcere dal 16 giugno 2014 resta "un’inconsistenza di elementi".

Dai passaggi del furgone davanti alla palestra - "non è il suo" a dire dei legali - alle sfere metalliche e alle fibre trovate sul corpo di Yara "che nulla svelano su Bossetti", fino alle ricerche 'hot' online "successive alla morte della 13enne". La difesa chiederà "un atto di coraggio" ai giudici per assolvere chi da sempre si dichiara innocente.

PARTE CIVILE - "Quel povero fagottino nero sotto la pioggia non poteva rappresentare la preda perfetta per chi ha una passione insana?".

L'avvocato Andrea Pezzotta, parte civile nel processo contro Bossetti, raffigura così la sera del 26 novembre 2010 quando di Yara Gambirasio si perdono le tracce.

Un delitto per il quale è stato condannato all'ergastolo Bossetti che viene descritto come una persona "sadica" capace di usare contro la 13enne una "violenza gratuita che va oltre l'intenzione di ucciderla" e ha quella "di far soffrire la vittima".

Non un è delitto d'odio - "manco si conoscevano Yara e Bossetti, che motivo aveva di odiare la bambina più solare del mondo?" si chiede - ma un delitto commesso da chi ha una "natura sadica e il movente non può essere che quello sessuale" come individuano i giudici di primo grado nelle loro motivazioni. Nel suo intervento davanti alla corte d'assise d'appello di Brescia, il legale ricorda che Yara era "un'ombra nera sotto la pioggia.

Yara poteva suscitare solo sentimenti di tenerezza e protezione, ma questo in una persona normale. A nessuno in quest'aula, tranne a uno, poteva suscitare altro", dice ricordando le ricerche 'hot' sulle minorenni trovate sul pc portatile dell'imputato. L'avvocato Pezzotta ha chiesto ai giudici di confermare la sentenza all'ergastolo inflitta a Bossetti.


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore