Che cos’è il Product placement e come è regolato in Italia?

12 Marzo 2009   21:26  

La pubblicità indiretta (in inglese product placement o product tie-in) è una tecnica di comunicazione aziendale mediante la quale si progetta e si realizza, a fronte di specifici costi e nel rispetto di definiti contratti, il collocamento di un prodotto o di una marca all’interno di un contesto narrativo precostituito sia questo una pellicola cinematografica, un programma televisivo, un romanzo, un video musicale o un videogioco. La pubblicità all'interno di film è la più comune: in molte scene si vedono spesso marchi di famose auto, sigarette, vestiario etc
Attenzione però a non confonderla con la pubblicità  occulta che si ha quando la sponsorizzazione di un prodotto avviene in modo non palese e quindi il termine assume una forte connotazione negativa.
Uno dei punti di forza della pubblicità indiretta sta nel fatto che permette non solo di raggiungere la propria clientela naturale, ma con messaggi quasi subliminali, addirittura di ampliarla con un investimento relativamente contenuto.
In questi ultimi mesi programmi televisivi come  “Striscia la notizia” hanno portato l’attenzione degli utenti sul product placement fatto in televisione, mostrando anche un tariffario e svelando i nomi degli artisti coinvolti in questa pratica che vedremo essere illegale. Personaggi tv disposti ad indossare, dietro pagamento, accessori moda in vari programmi: un malcostume già bacchettato dall’Antitrust. In una delle ultime puntate di “Striscia la notizia”, l’inviato del programma Max Laudadio ha incontrato un agente artistico che gli ha svelato una lista di personaggi con tanto di prezzi, così si è palesato che rientrerebbero nel novero dei “pagati”: il calciatore Nicola Berti in occasione di ospitate a “Controcampo”, Randi Ingerman a “l’Italia sul 2”, Marco Balestri e la Rettondini a “La vita in diretta” e molti altri. La sponsorizzazione cosiddetta indiretta per ex calciatori e allenatori, per 10 puntate di Controcampo, andrebbe dai 20.000 euro per indossare maglieria firmata ai 10.000 euro per portare un gioiello con ciondolo, a 7000 euro per mostrarsi con al polso un orologio.
In Italia la regolamentazione di tale materia risale al 22 marzo 2004, data dell'entrata in vigore del Decreto Urbani , convertito in legge il 18 maggio 2004.
La legge si è proposta  di riformare la disciplina in materia di attività cinematografica determinando degli interventi finanziari straordinari a favore della produzione del cinema, ma ha categoricamente escluso da questo businnes la televisione.
L’obiettivo di questa legge  è stato quello di ridurre gli sprechi di risorse pubbliche garantendo più forza al cinema italiano. In tale ottica si è prevista la possibilità di utilizzare marchi commerciali all’interno dei film, ottenendo in cambio introiti di tipo pubblicitario. Tale apertura non solo ha introdotto una nuova e importante fonte di finanziamento per il cinema italiano ma soprattutto va a sanare la lacuna creata dal precedente divieto derivante dall’applicazione estensiva della normativa sulla pubblicità ingannevole.
Dopo la liberalizzazione normativa del 2004, l’industria del product placement italiano sembra essere decollata, almeno per quanto riguarda il settore cinematografico; in un solo anno infatti, si è registrata una crescita degli investimenti del 28% superiore a quella relativa al mercato statunitense (21,3%) e seconda, in termini percentuali, solo alla Cina (31,3%). Tali risorse aggiuntive nel settore cinematografico, dovrebbero andare a sostituire progressivamente i finanziamenti statali sempre più modesti.
Ribadisco però che  la legge sul product placement è legata strettamente al cinema, infatti in Italia la legge Urbani vieta assolutamente l’applicazione della pubblicità indiretta alla televisione.
Al contrario della legge italiana, la legge europea in materia (approvata dal Parlamento europeo nel dicembre 2006) non fa distinzioni tra cinema e televisione, consentendo la pubblicità indiretta in entrambi i casi (art. 17).
Occorre puntualizzare che questa materia rimane comunque nella piena discrezionalità dei paesi membri non avendo la comunità europea vincolato gli stessi a recepire la sua normativa.
E’ di mercoledì 10 Marzo la notizia che in settimana approderà in Senato la legge Europea per far sì che l’Italia si uniformi, per scelta, alla disciplina della Comunità.
Questa decisione, come è facile intuire, ha dato adito all’ennesimo dibattito tra maggioranza ed opposizione. In particolare  il centrodestra è propenso a portare il product placement, già previsto con legge per il Cinema, alla televisione e quindi anche alle fiction tipo “Il Commissario Montalbano”, “Il Commissario Rocca” ed altri programmi che hanno un pubblico molto esteso anche nella fascia di età adolescenziale. Il centrosinistra si mostra invece fortemente contrario e particolarmente preoccupato per gli adolescenti e per l’impatto che tale tipo di messaggio subliminare potrebbe avere su di loro e sulle loro scelte commerciali.
Proprio per questo lo schieramento di opposizione si è fatto portavoce di una proposta compromissoria al fine di eliminare tale tipo di pubblicità anche nei programmi destinati agli adolescenti e non solo, come propone la maggioranza, a quelli dedicati ai bambini.
Da quanto detto e dalla foga con cui si discute di questo argomento, si evince come il product placement sia di grande interesse e questo per due ordini di motivi: innanzitutto i contesti di mercato odierni vedono sempre più consumatori critici se non addirittura refrattari nei confronti della comunicazione commerciale tradizionale. Oggi, la gran parte del pubblico è ben cosciente delle tattiche di marketing utilizzate dalle aziende per comunicare e ciò annoia ed infastidisce soprattutto alla luce della consapevolezza di svolgere il ruolo del ricevente passivo.
Le aziende, quindi, consce degli scenari in cui si trovano ad operare, sono alla continua ricerca di nuovi strumenti, giudicati non convenzionali, per comunicare col proprio target di riferimento. 
Essendo il messaggio commerciale non intrusivo e di natura nascosta, il product placement sembra non attivare nel consumatore l’identificazione dell’intento di marketing, riuscendo meglio nell’obiettivo persuasorio.
In secondo luogo consente un forte finanziamento per la trasmissione televisiva o cinematografica a costi minimi per la produzione.
Un esempio su tutti riportato dal quotidiano la Repubblica in data 10 Marzo 2009: “ Nel 2008 la società Stage Up e l’Osservatorio di Pavia hanno passato ai raggi X la puntata di una famosa fiction tv. Hanno visto così quante volte compariva in scena un’auto in uso alle nostre Forze Armate. L’auto era presente per fornire realismo alla storia. Dopo aver misurato la presenza dell’auto , lo Stage Up e l’Osservatorio di Pavia si sono fatte una domanda : se quella casa automobilistica volesse ottenere quella stessa visibilità in ogni puntata, ma attraverso degli spot pubblicitari classici; quanto dovrebbe investire? La risposta è 1,5 milioni di euro nell’intero arco dell’intera fiction”.


Francesca Aloisi 




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