Che fine hanno fatto i quattro saggi della ricostruzione?

15 Giugno 2011   12:44  

 Vittorio Magnano Lampugnani, urbanista. Cesare Trevisani, vicepresidente per le Infrastrutture di Confindustria. Paolo Leon, economista. Aldo Bonomi, sociologo e dirigente dell'Istituto di ricerca Aster.

Sono i nomi, assai prestigiosi, dei ''quattro saggi della ricostruzione'' che furono presentati alla città terremotata dal commissario Gianni Chiodi circa un anno fa

Loro compito, fu detto, sarebbe stato quello ''di costituire un team di lavoro di professionalità di altissimo e riconosciuto valore a sostegno competenze della Struttura Tecnica di Missione'', nonché quello di offrire un valido supporto ai sindaci chiamati alla difficilissima sfida della ricostruzione materiale, sociale ed economica del territorio.

Il loro apporto, fu con enfasi sottolineato, avrebbe contributo a far diventare L'Aquila una vetrina del saper progettare e del saper fare, un laboratorio con gli occhi del mondo come attenti e ammirati osservatori.

Tutti capirono che la loro sarebbe stata una presenza costante e tangibile, un punto di riferimento ideale, un 'incarnazione quasi della strategia di fondo della ricostruzione aquilana.

E anche l'umile uomo della strada pensò: ''Meno male che hanno chiamato gente che ci capisce qualcosa...''

Poi però la loro presenza in città è stata per usare un eufemismo, molto discreta e defilata. Unico segno di vita, per quanto apprezzabile è stata la pubblicazione di brevi ma illuminanti relazioni per il documento della Sge ''Azioni a breve termine''.

Da quel momento nessun segno tangibili del loro lavoro e del loro impegno per la città, il che non significa che magari non si stiano guadagnando la pagnotta, lavorando di buzzo buono nell'ombra claustrale del loro studio.

Ma gli aquilani, i diretti interessati al processo di ricostruzione, la cittadinanza attiva e consapevole, non li ha più né visti né sentiti.

E così in una città dove si celebra sant'Agnese protettrice delle malelingue, perplessità e dietrologie hanno avuto facile gioco a diffondersi, come dimostrano le nostre interviste realizzate a margine di un'assemblea dei comitati cittadini nel tendone di Piazza Duomo.

Una maldicenza, a tal proposito, assicura che i saggi sono stati  messi da parte, perchè si sono dimostrati forse troppo saggi...

Gianni Bonomi, nella sua relazione per ''Le azioni a breve termine'', aveva ad esempio caldeggiato il coinvolgimento e la partecipazione della cittadinanza alle scelte di fondo della ricostruzione, stigmatizzando una governance impostata sulle imposizioni dall'alto.

'' La progettazione "non partecipata"- scriveva Bonomi - anche quando tecnicamente efficace, genera quasi sempre un deficit di trasparenza e nei casi più deteriori, logiche opportunistiche, uso distorto delle risorse, primato delle logiche a breve sui più efficaci risultati di medio periodo. L'approccio metodologico proposto (ricerca-azione), viceversa, si fonda sull'ipotesi per la quale solo un adeguato grado di mobilitazione della società locale e il suo riconoscimento come soggetto protagonista può combinare efficacemente qualità tecnica ed equità, di efficienza e controllo democratico''.

La sua relazione ebbe l'entusiastica approvazione financo del terribile popolo delle carriole.

Filippo Tronca




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