Costa Concordia: Parla Schettino, "Costa sapeva e pianificava gli inchini, erano pubblicità"

22 Gennaio 2012   16:27  

Ci sono stati altri inchini a «Capri, a Sorrento, in tutto il mondo». Le «pianificava la Compagnia, ad agosto per le feste patronali» e in questo modo «ci facciamo pubblicità». Così, durante il lungo interrogatorio di martedì scorso davanti al giudice, il comandante Francesco Schettino ha smentito l’amministratore delegato di Costa Pier Luigi Foschi che aveva detto di aver autorizzato una simile manovra «soltanto una volta». Poi il «capitano» della Concordia è stato costretto a riconoscere di aver ritardato l’allarme, un errore che ha avuto conseguenze tragiche provocando la morte di numerosi passeggeri e membri dell’equipaggio. E così ha provato a giustificarsi: «Prima di dare l’emergenza dobbiamo essere sicuri, perché non voglio rimanere con i passeggeri in acqua, né creare panico che la gente mi muore per nulla». Possibile che quanto stava accadendo non fosse sufficiente per ordinare l’evacuazione? Schettino assicura di no e subito dopo fa un’altra clamorosa ammissione che potrebbe segnare l’esito dell’inchiesta: «Il sistema di registro dei dati era rotto». «Dovrò convivere con i morti». I magistrati lo incalzano per avere una ricostruzione degli orari, per sapere come mai ordinò l’abbandono della nave più di un’ora dopo l’urto. E così Schettino tenta di difendersi: «Le operazioni sono avvenute dopo che io ho avuto le informazioni che la nave non avesse più ossequiato la caratteristica nautica che è la galleggiabilità. Perché non è che io posso avere un blackout e dico andiamocene tutti. Dove li mando questi qua? Un comandante deve stabilire i tempi. Perché se c’è un comandante che mette tutti i passeggeri in mare e la nave poi rimane a galla che facciamo?». Gli contestano come in realtà i suoi sottufficiali lo avessero informato che «i sei generatori erano allagati». Lui spiega di aver chiesto «di vedere sul piano di ordinate quanto è questo benedetto squarcio», ma evidentemente neanche questo è stato sufficiente per ordinare l’evacuazione. «Ho dato l’allarme di emergenza quando ero convinto di non dovere più tornare indietro e che lo dovevo dare per forza. Perché questa è la verità». In quel momento alcuni passeggeri avevano già indossato i giubbotti salvagente, «l’ufficiale in seconda mi aveva detto che alcuni stavano già andando sulle lance». Schettino continuava a minimizzare la portata di quanto stava accadendo con la Capitaneria di porto, che nel frattempo era stata allertata dai carabinieri contattati da alcuni clienti che erano a bordo. La difesa di Schettino su questo appare a tratti inverosimile: «Io ho detto abbiamo un blackout, ma ho anche avvisato che avevamo avuto un contatto col fondo». Il pubblico ministero lo smentisce. Lui prova a insistere: «Nel momento in cui ho il blackout la nave non è più governabile, la cosa va da sé. Il fatto del discorso del contatto col fondo io l’ho detto! Non so, se non risulta per favore ditemelo!». Non risulta e alla fine è costretto ad ammettere di non aver neanche avvisato la Capitaneria «perché nel momento in cui succede qualcosa e una persona sta lavorando…». Era troppo impegnato, dunque. Ma poi in un altro passaggio dell’interrogatorio capisce che la sua posizione si può aggravare ulteriormente e afferma: «Dovrò convivere tutta la vita con questi morti, come si fa?». Al Giglio accostati fino a 0,28. Sul «saluto» alle isole i magistrati si soffermano a lungo, visto che in questo caso la manovra di accostamento si è rivelata fatale. Racconta Schettino: «La dovevamo fare pure la settimana prima e non la feci perché c’era cattivo tempo. L’insistenza… “perché facciamo navigazione turistica, ci facciamo vedere, facciamo pubblicità e salutiamo l’isola”. “Ok”, dissi. All’Isola del Giglio, questo percorso qua, l’ho fatto per tutti e quattro i mesi: io sono imbarcato da quattro mesi, dovevo sbarcare questa settimana. L’ho sempre fatto, ma non navigazione turistica. L’ho fatto anche in passato con la Costa Europa e con altre navi. Non è la prima volta che faccio questo tratto. Non ricordo quante volte, ma lo avevo fatto anche negli imbarchi precedenti. E anche quando lavoravo con la Tirrenia di navigazione quindici anni fa». Il magistrato vuole sapere la distanza, il comandante non si sottrae: «Allora le dico: io per esempio la navigazione turistica quando la svolgevo a Sorrento, dalle mie parti, ci andavo proprio vicino, sui 400-500 metri; rallentavo e andavo a fare la navigazione turistica. Adesso io volevo fare solamente un passaggio consapevole del fatto che il Giglio, come infatti poi ho avuto modo di vederlo anche praticamente che ci sta il fondale fino a sotto, ho detto: “Vado giù e mi porto su parallelo e me ne vado”. Era pianificata a 0,5 (mezzo miglio) poi l’abbiamo portata a 0,28». Schettino afferma che il «saluto» era dedicato al maître e all’ex comandante Mario Palombo. Sostiene che fu proprio lui a «dirmi di passare fino a 10 metri dalla costa». I pubblici ministeri gli contestano che lo stesso Palombo, interrogato il giorno precedente, «ha definito l’accostamento privo di senso, nel senso che non era navigazione turistica a gennaio con il Giglio praticamente semideserto anche da un punto di vista delle luminarie, mentre tutte le altre accostate erano state fatte ad agosto, in occasione delle feste patronali e quando era fatto con fini schiettamente turistici era addirittura stampato e inserito nel programma». A questo punto Schettino non può negare «che non c’è un senso commerciale nel farlo di notte» e poi aggiunge: «Sul programma, sì sì. Ma noi lo facciamo anche quando facciamo la penisola sorrentina, Capri, in tutto il mondo lo facciamo. Questo sì». Le telefonate al manager. Durante l’interrogatorio Schettino spiega di aver informato Costa di quanto stava avvenendo e di aver avuto sempre via libera rispetto alle proprie scelte. E rivela che, mentre era sullo scoglio, fu proprio il responsabile dell’Unità di crisi Roberto Ferrarini a contattare il capitano Gregorio De Falco che gli aveva intimato di risalire a bordo. «Quando gli dissi che avevo fatto un guaio e che lo avrei informato di tutto, Ferrarini mi rispose: “Sì, fai così”. Poi dopo gli ho detto “mandami gli elicotteri” e lui ha risposto. “Sì, ok, mo’ ti mando gli elicotteri”». Dunque Costa era consapevole della gravità della situazione e della necessità di evacuare la nave. Però l’ordine non arrivò. I magistrati insistono per sapere che cosa diceva Ferrarini. «Nel primo colloquio mi disse che da me non se lo aspettava… Ci siamo sentiti più volte e anche quando stavo sullo scoglio l’ho richiamato. Dico: “Guarda, vedi così e così, mandami gli elicotteri”. “Ma quante persone hai?”. Gli ho detto: “Guarda, c’ho circa 100, 150 persone, ora non ti so quantificare, mi servono gli elicotteri. Poi gli ho anche detto del comandante della Capitaneria. Ho detto: “Guarda, digli che io non è che non ci voglio tornare sulla nave perché a questo signore credo che non sono stato chiaro a spiegargli la situazione. Chiamalo tu per favore e diglielo che non è che mi sto rifiutando di eseguire un ordine della Capitaneria, che non voglio salire sulla nave”. Ha detto: “Ok Francesco, non ti preoccupare, lo chiamo io”». In tilt il sistema di backup dati. Quando viene affrontato il problema delle apparecchiature di bordo, Schettino appare confuso e la premessa alimenta il sospetto degli inquirenti: «Io mi auguro che voi, non ci conosciamo, però io sono una persona fondamentalmente onesta, cioè voglio avere la massima onestà». E poi dichiara: «Avevo chiesto al comandante in seconda di scaricare i Vdr (Voice data recorder, ndr ). Quando c’è un incidente, è un bottone e scarica. È manuale, noi abbiamo un sistema di registro dati. Cioè se io voglio andare a vedere cosa è successo prima, anche se la legge non lo prevede, a trenta giorni prima, ho la possibilità di vedere… Dato che questo computer di backup si era rotto e avevamo fatto la richiesta all’ispettore di aggiustarlo, per far analizzare la cause dell’incidente, la legge dice che devi avere il bottone, che schiaccia il bottone e lo scarico dei dati va fatto in automatico per le 24 ore. Dal momento in cui è successo più bastano dodici ore prima, in modo che lei c’ha chiaro… Per dare tutti i dati scarica quel bottone lì. E lui (il comandante in seconda, ndr ) mi ha detto: “Sono andato sulla consolle e l’ho trovato tutto spento sto coso qui. Poi non so se con il blackout si era spento pure questo qua”. Questo però me l’ha detto quando eravamo in banchina e io mi sono sincerato: “Hai schiacciato il bottone?”. Dice: “Comandante l’ho schiacciato, però il pannello del Vdr era tutto spento”. Ho detto: “Va bene”». Vuol dire che i dati sono andati persi? È possibile che dai tracciati della «scatola nera» manchino informazioni preziose? Schettino sostiene che «nella parte più alta della nave ci sta il Voyage date recorder che comunque registra a prescindere», ma la conferma potrà arrivare soltanto quando i periti esamineranno i nastri e verificheranno che le strumentazioni siano davvero integre. (di Fiorenza Sarzanini per il Corriere.it)


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