Da Bomba ai trabocchi

29 Febbraio 2012   11:33  

Il signor Bertrando Spaventa, di professione pensatore hegeliano, affacciato ad osservare il lago increspato da guizzi di luce da una finestra della natìa Bomba, avvertiva la presenza di uno spirito creatore che in cerca di assoluto si fa materia e paesaggio, per poter infine contemplare sè stesso e il viaggio che lo ha arricchito.

E la Val di Sangro è in effetti incontro di opposti, i suoi colori e suoi profumi sono un dono della dialettica tra il caldo respiro del mare Adriatico e il vento freddo della Majella. La Val di Sangro è immersa nella luce del Mediterraneo, che secondo Fernand Braudel è un crocevia di terra e di acqua, di uomini e saperi, uno spazio che estende i suoi confini fin dove cresce la vite, il grano e l'ulivo.

Anche l'arroccamento dei borghi, grappoli di case che incoronano rupi calcaree, hanno come movente opposti principi: il serrare le fila per paura del nemico, ma anche l'antica solidarietà contadina che invoglia l'abitare promiscuo, anche solo per poter chiacchierare lungo i chiassetti da uscio ad uscio.

Il Mediterraneo è anche lentezza e andare lenti, scrive Franco Cassano significa rispettare il tempo abitandolo di poche cose di grande valore.

Incarnano questa dialettica della lentezza, il trenino che attraversava la valle, le nonne nerovestite che trasportano fascine sulla testa, che nei tempi dell'ipad è ancora possibile incontrare, i giocatori di briscola e tre sette, seduti per ore e senza fretta davanti al bar, i pescatori taciturni e assorti che in riva al lago lanciano l'amo della sfida a carassi, carpe, persici reali ed alborelle.

E' lentezza, ovvero velocità naturale, il ritmo ipnotico del telaio e delle mani artigiane, che da secoli muovono strumenti simili a quelli che riposano nel Museo etnografico di Bomba.

Un tempio vivente consacrato alla biodiversità e alla pace sono anche l'Oasi di Serenella e l'abetina di Rosello. La seconda è ciò che resta di una foresta secolare di abeti bianchi, che servi a costruire le trincee alle truppe asserragliate sul Piave, dove andarono a crepare contro nemici ignoti e senza sapere il perché, anche tanti figli di questa terra. Tra faggi e cerri sopravvive il rarissimo acero di Lobelius, e pure l'orchidea Epipactis purpurata. Il giglio martagone festeggia l'estate colorando le radure. A pochi chilometri, nei pressi di Borrello, il cristallino torrente Verde precipita da una roccia alta duecento metri. Una buona ragione per trattenersi in Val di sangro è anche sedersi nei pressi della cascata e, come l'alchimista Attanasio Kirker, cercare l'essenza matematica dell'acqua nello spartito musicale dello scrosciare, del gocciolare e del gorgogliare.

Un escursione sul Monte Pallano promette invece un viaggio negli albori neolitici della civiltà mediterranea: recenti scavi hanno portato alla luce imponenti mura megalitiche che ora cingono antichi prati di essenze arboree. Ai piedi del Monte Pallano passa il tratturo Celano-Foggia, autostrada d'erba pettinata dal vento, sc scandita da chiesette campestri e capanne a tholos, che per secoli fu percorsa da milioni di pecore e pastori. Dalla Puglia tornavano portandosi oltre alle pecore sazie, anche parole, poesie e il ritmo serrato ed ipnotico del saltarello, intorno a cui si sviluppa una viva tradizione di musica popolare.

Altra depositaria di biodiversità è la straordinaria cucina della Val di Sangro. La pasta di Fara san Martino è famosa nel mondo, l'olio d'oliva a Bomba è consacrato a San Mauro e ha poteri taumaturgici. A Villa santa Maria dove ebbe i natali San Francesco Caracciolo, protettore dei cuochi, la cucina diventa arte e liturgia grazie all'Istituto Professionale Alberghiero. Irrinunciabile poi una visita alla cantina sociale di Bomba, dove si spillano straordinari Montepulciani. Un brindisi con i simpatici osti merita di essere dedicato ad un altro figlio di questa terra: Nick Molise, professione scalpellino, emigrato nelle Americhe da Torricella Peligna, indimenticabile personaggio delle pagine di John Fante, suo nipote.

Il filosofo Bertrando immaginava lo spirito creatore non come la nottola di Minerva che spicca il volo al tramonto, ma come una creatura del sottosuolo, che vuole uscire alla luce e trasformare il mondo... Incamminandosi verso oriente tale convinzione trova conferma allorché si incontra il castello di Roccascalegna, miraggio che si materializza in cima ad un'aguzza sfoglia di arenaria che evoca un'onda pietrificata.

Il nostro itinerario si può senz'altro concludere in riva al mare. Seduti davanti ad un trabocco, fiabesca "macchina da pesca" che in equilibrio su lunghi trampoli sfida le tempeste e il progresso che vorrebbe prendere la forma di piattaforme petrolifere.

Così descriveva il trabocco Gabriele D'Annunzio, piccolo uomo e grande poeta

''La macchina pareva vivere di vita propria, avere un'aria e un effige, di corpo animato. Il corpo esposto per anni e anni al sole alla pioggia e alla raffica, mostrava le sue fibre, si sfaldava, si consumava si faceva candido come come una tibia o lucido come l'argento o grigiastro come la selce, acquistava una impronta distinta come quella d'una persona su cui la vecchiaia e la sofferenza avessero compiuto la loro opera crudele ''

Qui il nostro compagno di viaggio, le visioni filosofiche del signor Bertrando si rivelano per l'ultima volta. Lo spirito creatore che si è fatto materia e trabocco, torna a se stesso stanco ma appagato, ispirando le parole dei poeti, i passi dei viandanti, i sogni delle persone semplici.

Filippo Tronca


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