Da Celestino a Barack Obama. Riflessioni sul vertice

di Antonio Gasbarrini

15 Luglio 2009   09:38  

 Mentre le lacrime di Michelle Obama prima e Carla Bruni poi, scivolavano senza alcun ritegno al tragico cospetto delle macerie aquilane, nel Senato della Repubblica italiana veniva consumato un altro tradimento (dopo la legge-farsa appena varata per la non-ricostruzione del Centro storico del Capoluogo abruzzese): la mancata approvazione, da parte della maggioranza di Governo (Berlusconi, cioè) degli emendamenti dell’opposizione (PD) al “Disegno di legge sviluppo” per il riconoscimento della cosidetta Zona Franca (fiscale) per la provincia dell’Aquila. Questi i numeri reali della votazione:141 no, 114 sì, 1 astenuto (Ponzio Pilato: chi sarà costui?).

Si tratta, nella sostanza, dell’ennesima pugnalata data alle spalle degli aquilani tutti dopo quelle dell’obbligo della restituzione in 24 rate e senza alcuna decurtazione delle sospese trattenute fiscali in favore dei terremotati, del mancato riconoscimento del rimborso di 800 euro mensili per i collaboratori familiari dei lavoratori autonomi e via dicendo.

Così, i conti, per gli aquilani e per gli altri abruzzesi feriti a morte dal grave sisma continuano a non tornare. Come quelli, tanto per fare un altro calzante esempio, dei circa 6.000 nuovi posti di lavoro che sarebbero stati creati nello pseudo-più grande cantiere d’Europa attivato dal Cavaliere con la mirabolante costruzione della quindicina di cementificate little towns disseminate nei dintorni della città (ad oggi, i cantieri effettivamente a regime sono tre, con il coinvolgimento di qualche centinaio di lavoratori; su base annua, poi, quei 6.000 fantomatici posti che si eclisseranno a dicembre con la prevista ultimazione delle casette, o meglio U. A. Unità d’Abitazione, si ridurranno ad una media mensile di circa 500).

Nel frattempo migliaia e migliaia di lavoratori dipendenti ed autonomi, per non parlare poi dei pensionati, hanno perso tutto: anche la speranza di poter un giorno o l’altro fare quattro passi, liberamente, nei posti più disastrati della “loro città”, fino ad oggi impraticabili a causa dei mancati puntellamenti e imbracamenti da noi già ampiamente denunciati. Proprio durante il G8, l’instancabile Cavaliere ha precisato che mettere in sicurezza questa o quella costruzione antica non serviva, in quanto è più conveniente abbatterla, come se la memoria familiare e sociale di cui essa è imbevuta sia solo una questione di maggiori o minori costi. Ai cari concittadini è il caso di rivolgere un pressante appello: perché non promoviamo una risarcitoria “class action” nei suoi confronti per tutti i danni finanziari subiti e che continueremo a subire a causa di questa insulsa, omissiva scelta nella tempestiva protezione dell’inestimabile patrimonio ereditato dai nostri avi o acquisito personalmente dopo duri sacrifici, demolito giorno dopo giorno dalle scosse di 4 gradi e dintorni ancora in corso? C’è mancato un pelo, solo un paio di giorni di ritardo dalla chiusura del G8 e ne avremmo viste delle belle: tutti evacuati, in fuga dalla cittadella, con quei 4 gradi registrati alle 10.38 del 12 luglio, gradi considerati pericolosi per i Potenti, ma solo innocue carezze per gli aquilani e la loro città.

Di fronte alla vorticosa girandola di promesse-patacca mai mantenute, e di voti però incassati in contanti (non solo a L’Aquila, ma nell’intero Abruzzo ed in Italia), da parte di chi, sulla disgrazia di un’intera comunità, ha imbastito tutte le trame propagandistiche tese ad accreditare la favoletta di un Governo decisionista capace di sbrogliare anche l’intricata matassa del dopo-terrremoto, i 70.000 aquilani continuano, a distanza di oltre tre mesi dalla catastrofica botta delle 3 e 32, a tirare avanti alla meno peggio le loro ingrigite giornate nelle tendopoli, negli alberghi ed in altre dimore provvisorie trovate qui e là nelle regioni vicine. Fino a quando?

E qui comincia la nostra piccola storia, con la disincantata rilettura di un claustrofobico, bunkerizzato, e , perché no, surreale G8 appena tenuto nelle immediate propaggini della città morta.

Già! Per chi ancora non lo sapesse o non ne avesse finalmente preso coscienza, nella silente, oscurata, inaccessibile città morta, mancano le voci degli umani che qui sono nati e/o risiedevano, mentre l’abbaiar di qualche cane, il miagolio di sparuti gatti senza più cibo ed il crescente squittio di topi in assetto di guerra, fanno da contrappunto a tutto il rotto fraseggio architettonico negli ormai diruti vicoletti e sdruccioli (ah! come sarà ridotto lo “Sdrucciolo dei poeti” in Costa Masciarelli, dove sul finire degli anni Ottanta avevamo curato l’allestimento di una mostra di sculture contemporanee all’aperto nella “Perdonanza” diretta con piglio creativo da Errico Centofanti?).

Quelle calde voci non sono state minimamente rimpiazzate dall’incrocio di razze e lingue dei Capi di Stato e di Governo convenuti nella cittadella fortificata della Guardia di Finanza per ridare fiato, a livello paraecumenico, all’economia rapinata dalle banche con i derivati e affini, tregua ad una natura stuprata, speranza di lavoro ai miliardi di morti di fame, cibo ed acqua agli altrettanti diseredati.

Le sorridenti foto di gruppo imposte dall’anfitrione (secondo la pungente definizione “Gi-ottesca” di Eugenio Scalfari) davanti alla gigantografia tridimensionalizzata, ma plastificata, del Gran Sasso – la sua immanente imponenza era a portata di mano; bastavano non più di una decina di minuti in auto per arrivare alla base della funivia e respirarne la vergine aria impregnata del profumo di pini e abeti frammisto all’aromatico ginepro – è l’emblema più lampante dello scarto esistente tra fiction berlusconiana e realtà, verità e menzogna, apparire ed essere. Da una parte i Potenti della terra alle prese con i più scottanti problemi, mai risolti, delle disuguaglianze sociali su scala planetaria; dall’altra gli attoniti terremotati vaganti tra le tende o incollati davanti ai televisori negli alberghi della costa.

Intelligenti contestazioni da parte di sparute minoranze ce ne sono state, e come! Parole d’ordine quali “Yes We Camp”e “Last ladies” hanno fatto centro sui principali massmedia internazionali; l’occupazione simbolica di case sfitte, ma agibili o la denudata protesta in mutande, da sole sintetizzano più di mille denunce il crescente stato di disagio d’una errabonda popolazione stordita come un pugile suonato.

Quale altro coinvolgimento – con osanna a papi, re, regine, principi e principesse, da parte di nobili, mercanti, clero, religiosi, artigiani, contadini e straccioni – per gli aquilani dei secoli passati partecipi dell’incoronazione papale di Celestino V o della nomina a Governatrice della città di Margherita d’Austria, o, ancora, degli altri numerosissimi eventi epocali verificatisi tra le accoglienti mura medioevali di quella ch’è sempre stata una stupefacente città!

Per l’ingresso trionfale di Pietro da Morrone a L’Aquila, a cavalcioni su un asino tenuto per la cavezza dagli appiedati re Carlo II d’Angiò e dal figlio Carlo Martello re d’Ungheria, basta sfogliare ancora una volta la Cronica rimata di Buccio di Ranallo e rivedere l’istantanea di quell’indimenticabile agosto del 1294 : “Poi ch’abe la corona e lu papale manto, / a cavallio entrò in Aquila nell’asino lu santo / re Carlo adestrolu (a destra, n.d.a.), / lu filliu all’altro canto (lato, n.d.a.), /ch’era re d’ Ongaria, come vi dico e canto”.

A fronte dei circa 3.500 giornalisti accreditati per il G8 (meno di una decina sono andati a visitare le tendopoli, mentre quasi tutti sono stati “traghettati” nei pressi dei cantieri delle U. A. per ammirare l’ “avanzata fase della ricostruzione”) e di qualche altro migliaio di addetti al seguito dei Potenti della terra , ben duecentomila e passa convennero nella giovanissima, quarantenne città, come scriveva a metà dell’Ottocento il Leosini: “un immenso popolo di ducento e più mila persone, come dicono tutti gl’Istorici, e specialmente Tolomeo Lucchese, testimone di veduta, brulicava nella piazza di Collemaggio perché l’eremita del Morrone e della Majella v’era assunto al Papato”.

Ben più sfarzoso, coreografico e coinvolgente – questa volta per i soli aquilani – fu l’ingresso nel 1572 della nuova governatrice perpetua di Aquila Margherita d’Austria scortata da 400 cavalli, con cento muli al seguito per l’equipaggio, il cui omonimo Palazzo ampliato ed abbellito per l’occasione dal Magistrato, è stato ben preso di mira ai giorni nostri dall’inferocito terremoto: “Si ristorò (restaurò, n.d.a.) la porta della Barete per cui doveva entrare, furono rialzate le mura e le due torri laterali, ed ornate di pitture a fresco da Giovan Paolo Cardone”; si aggiungano i numerosi archi di trionfo allestiti in ogni dove dai più stimati artisti dell’epoca.

Di altri eventi simili se ne potrebbero portare a iosa. Veniamo invece al trionfale G8 (per il solo Cavaliere e per i suoi fidi scudieri, non certo per la fantasmatica città e per i figli segregati o esiliati da 100 giorni) spostato dalla Maddalena a L’Aquila con tre obiettivi principali: disarmo psicologico dei militanti anti-G8, le cui velleità contestatarie si sarebbero (come effettivamente si sono) subito afflosciate tra le rovine ancora fresche di macerie insanguinate; risparmio di risorse finanziarie da destinare alla ricostruzione (tutte da dimostrare, aspettiamo di conoscere cifre e destinazione); adozione, con relativa colletta nazionale ed internazionale aggirantesi sui 300.milioni di euro, di una quarantina di emergenze architettoniche, tra le circa duemila chiese e Palazzi di pregio seriamente danneggiati dal sisma, il cui recupero e restauro è stato stimato in 3 miliardi di euro. Di questo 10% preventivato (300 milioni su 3 miliardi), a G8 concluso, quanto è stato racimolato? Poco, molto poco. Tra gli sparuti monumenti adottati (elencati, forse dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con l’offensiva, pacchiana dicitura di “lista di nozze”), i fichi secchi hanno avuto così la meglio, mentre per l’autentico gioiello della Basilica di S. Maria di Collemaggio, al momento sono disponibili solo 200 mila euro contro i 16 milioni necessari. Detto in altri termini, non è con le patacche spacciate per oro zecchino, che i circa 3 miliardi ancora necessari per rimettere su, quanto è stato buttato giù dal terremoto, saranno trovati con i ridicoli espedienti sino a qui recepiti nel bilancio statale con le “cifrette” di euro messe a disposizione. E per gli altri 20 miliardi di euro indispensabili per la “riedificazione” del centro storico e dell’intera città, cosa inventerà il mago della finanza creativa on.le Giulio Tremonti?

G8 tutto al negativo? Assolutamente no. Meno male che Barack c’era e c’è, nella mente e nel cuore dei “barac(k)cati” aquilani: nomen est omen (il nome già contiene un presagio: speriamo bene!).

P. S. Ho appena letto su Internet, nel sito ufficiale del Comune dell’Aquila, la lettera aperta datata 11 luglio, indirizzata dal Sindaco dell’Aquila Massimo Cialente ai cittadini aquilani. Eccone un piccolo stralcio: “Siamo ancora in piena emergenza: migliaia di persone nelle tende, in condizioni ormai insostenibili, migliaia di aquilani ancora sfollati sulla costa. Ancora non parte la riparazione delle case con danni lievi o comunque non gravissimi, è tutto fermo. Dopo le nostre pressanti richieste, una prima parte dei fondi è arrivata solo nei giorni scorsi. Nonostante i nostri sforzi e le nostre proposte, si sta accumulando un ritardo insostenibile! Le stesse scelte del Governo, promesse a parte, sembrano sottovalutare in pieno la reale dimensione della nostra condizione. Comincia ormai a serpeggiare la sensazione, dolorosa – sì, dolorosa – di essere abbandonati”.

 

Due sole domande, Sig. Sindaco: abbandonati senz’altro, ma da quando e da chi? Ci faccia inoltre conoscere quante e quali patacche hanno tentato di rifilarLe fino ad oggi.


Antonio Gasbarrini

Critico d’arte – Art Director del Centro Documentazione Artepoesia Contemporanea Angelus Novus, fondato nel 1988 (L’Aquila, Via Sassa 15, ZONA ROSSA). Attualmente “naufrago” sulla costa teramana. antonio.gasbarrini@gmail.com


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore