''E' in corso una latente privatizzazione dell'Università di Teramo''

13 Dicembre 2012   10:26  

Riceviamo dall'associazione Cresciteramo e pubblichiamo.

''La privatizzazione latente e “a rate” dell’Ateneo di Teramo in controtendenza rispetto alle proteste nel paese in difesa della scuola e dell’Università pubblica; un folle progetto di nuova città giorno e notte a Colleparco, pur di non arrendersi all’evidenza che è necessario far rientrare le Facoltà in città; manovre e scenari oscuri di tutta la vicenda da ottobre ad oggi: sono questi i tratti salienti del programma del prof. Luciano D’Amico illustrato ieri alla stampa, e che non possono che suscitare perplessità e opposizione da parte della città, dei docenti e degli studenti dotati di buon senso. Strani passaggi sono stati la fretta con cui è stata dimissionata.

Tranquilli Leali con una campagna di stampa che in un caso ha assunto le forme del linciaggio: ora D’Amico afferma che per lui “sarebbe stato moto più comodo dare un quadro disastroso della situazione riguardante l’offerta formativa” negando dunque proprio quello che è successo a fine ottobre.

Questo ieri. Oggi appaiono assurde le dimissioni di D’Amico da Preside di Scienze Politiche, una procedura mai vista in nessun analogo caso - sempre ci si dimette a nuovo incarico ottenuto - e che è spiegabile solo se la si raccorda alle trattative in corso tra Comunicazione e Scienze Politiche per il rientro della prima nella seconda.

Ma i capitoli più gravi sono due: il primo è costituito dai cosiddetti spin-off cioè, nel mondo universitario “una società di capitali sorta dall'idea di dare una ricaduta aziendale e produttiva ad un'idea nata dal contesto della ricerca tecnologica universitaria” (Wikipedia).

Gli spin-off sono dunque nient’altro che una forma surrettizia e a rate di privatizzare l’Università pubblica.

Secondo D’Amico “i risultati della ricerca sono fondamentali per ottenere i finanziamenti, quindi dovremo darci una struttura per attrarre i moltissimi fondi europei stanziati in questo campo”. Si tratta di una assurdità: di solito i risultati sono l’effetto della ricerca.

Di solito sono i finanziamenti ad essere fondamentali per attuare una ricerca, ma il candidato Rettore inverte l’ordine, e il prodotto cambia, eccome: la ricerca diventa tutta subalterna a logiche del settore privato o per meglio dire bancario, l’unico che ha a disposizione oggi i capitali da signoraggio e da riserva frazionaria per finanziare un’Università.

Magari tramite l’Europa della BCE, una banca centrale che sfugge al controllo degli Stati membri e la cui natura e filosofia sono le stesse delle banche private. Addio dunque, man mano che dilaga il fenomeno degli spin-off, la ricerca libera, e soprattutto al ricerca umanistica libera.

Il secondo capitolo tragico è costituito dalla proposta a due teste di D’Amico di vendere il Rettorato – implementando quanto deciso nel dibattito all’hotel Abruzzi dell’ottobre scorso – e di trasformare Colleparco in una “città giorno e notte”, con Biblioteche aperte fino a mezzanotte, e poi festival cinematografici, bar, luoghi di ritrovo e così’ via. Un campus, sostiene.

E’ da chiedersi dove D’Amico – che afferma, senza fornire una carta del bilancio, che è necessario svendere il Rettorato perché l’Ateneo è indebitato – troverà i soldi per fare tutto questo: e di quali soldi si tratta, canalizzati magari da imprenditori prestanome. E’ da chiedersi soprattutto perché tutta questa operazione avviene all’oscuro di alcun dato certo, e se per caso non si stiano riaffacciando le spese folli dell’era Russi, frutto di una megalomania che danneggerà irrimediabilmente il capoluogo e l’Ateneo.

E’ la città di Teramo, semmai, che deve essere viva ‘giorno e notte’, che deve pullulare di iniziative culturali, di cinema (oggi ridotti rispetto a dieci venti anni fa), di luoghi di ritrovo, di portici affollati, di bar e negozi pieni di gente.

Tutto questo sarà possibile solo facendo rientrare le Facoltà teramane nel tessuto urbano, mantenendo ovviamente lì dove sta il Rettorato di viale Crucioli.

CRESCITERAMO fa appello al sindaco Brucchi e al Presidente Catarra perché intervengano nella campagna elettorale dell’Ateneo, esprimendosi in difesa della città che li ha eletti e dei suoi bisogni.

Fa appello ai cittadini tutti per impedire – da qui all’elezione del nuovo Rettore – che il progetto D’Amico divenga realtà: sarebbe un disastro per l’economia di tutta la Provincia.

 

 


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