"E la chiamano estate": come mettere a nudo il nulla

Recensione film

28 Novembre 2012   15:55  

Regia: Paolo Franchi


Cast: Isabella Ferrari, , Luca Argentero, Filippo Nigro, Eva Riccobono, Anita Kravos, Jean-Pierre Lorit, Christian Burruano, Maurizio Donadoni, Romina jr Carrisi

Genere: Drammatico

Durata: 89 min

Voto: 0

Dino (Jean- Marc Barr) è un anestesista di mezza età, innamorato di sua moglie Anna (Isabella Ferrari) con la quale pero non riesce ad avere rapporti fisici. Un'infanzia segnata da eventi traumatici, come il suicidio del fratello e l'abbandono della madre, sono probabilmente le cause di questi disturbi. Se Dino non è in grado di avere una vita sessuale con la sua compagnia, non ha problemi nella sfera intima durante i suoi incontri clandestini con prostitute e donne di dubbia moralità.

 

Il forte disagio che provoca questo stato di cose lo porta a cercare gli ex di Anna, supplicandoli di tornare con lei per donarle quella felicità che lui non riesce a fornirle. Venuta a conoscenza dei tradimenti del compagno, la donna, anche se con una certa riluttanza, si concede ad un giovane spasimante con il quale condivide alcune notti di passione. L'amore per Dino è però troppo forte e Anna decide di tornare a casa. Il loro rapporto è però irreparabilmente compromesso.

 

 

Criticato all'unanimità al Festival Internazionale del Film di Roma, il film di Paolo Franchi è riuscito alla fine a conquistare, in maniera a dir poco sorprendente, due premi importanti della kermesse capitolina: uno è andato al regista stesso, l'altro a Isabella Ferrari.

 

Brutta copia di Shame (Steve McQueen, 2012), film che affronta il tema della dipendenza sessuale, “E la chiamano estate” non ha nulla del suo equivalente americano: le scene erotiche e il nudo dei protagonisti non hanno alcun fine artistico, né sono funzionali alla narrazione o allo sviluppo di un'analisi psicologica dei protagonisti. Sia dal punto di vista stilistico che estetico, il film appare ridondante e fine a se stesso: il contrasto tra i primi piani sgranati dei corpi nudi dei personaggi con il bianco accecante delle scene “introspettive”, non riesce a comunicare alcun significato simbolico, ma risulta solo un'imitazione fallimentare del cinema italiano e francese degli anni '60, a cui il regista stesso ha dichiarato di essersi ispirato.

      

I protagonisti, dal canto loro, sono poco comunicativi e non trasmettono nulla allo spettatore, che esce dalla sala consapevole dell'inutilità della visione di un film fondamentalmente privo di senso.

di Maria Rita Graziani

 


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