È morto Franchino Teti, ultimo testimone della battaglia di Pizzoferrato.

22 Dicembre 2017   09:34  

È morto all’età di 91 anni, Franchino Teti, ultimo testimone della battaglia di Pizzoferrato.

Nato a Torricella Peligna il 23 gennaio 1926 si era arruolato nella Banda Patrioti della Maiella nel gennaio del 1944, aveva partecipato all’azione di guerra svolta per l’occupazione di Pizzoferrato, rimanendo ferito da schegge di bomba a mano alla testa e agli arti. Era stato fatto prigioniero dei tedeschi durante il combattimento, il 3 febbraio del 1944. Da allora, era stato ritenuto disperso dai compagni e dai famigliari, almeno fino al 21 agosto del 1945, quando era riuscito a rientrare con mezzi di assistenza e di fortuna al proprio Paese mettendo a conoscenza i cari e i partigiani dei durissimi mesi di stenti, violenze e privazioni, che aveva vissuto in Germania in stato di prigionia.

Catturato, con altri dieci prigionieri durante il combattimento in cui aveva visto morire il Maggiore Wigram, Franchino Teti era stato disposto con il viso contro il muro e le mani alzate per essere giustiziato sul momento. Miracolosamente era stato risparmiato solo perché era stato obbligato, con altri prigionieri, a scavare due grosse buche nel giardino prospicente la Villa Casati, dove si erano svolti gli scontri più duri della battaglia.

Costretto con la forza ad una difficile marcia che lo avrebbe portato con altri a Pescocostanzo, Sulmona e Civitaquana, era stato interrogato più volte salvandosi di nuovo da morte certa per aver dichiarato di essere un operaio al servizio degli Alleati.

Giunto a Teramo, era stato tradotto in carcere. Con lui si trovavano un altro torricellano, Carlo D’ambrosio, e molti partigiani abruzzesi del Gran Sasso. Il 9 giugno 1944, dopo tanti falliti tentativi di fuga Franchino Teti era riuscito ad evadere, ma circondato, senza altra via di fuga era stato ripreso e costretto ad arrendersi, venendo ricondotto in prigionia.

La liberazione, che avrebbe portato giubilo in tutto l’Abruzzo, per lui non sarebbe arrivata. Mentre la madre chiedeva ancora disperatamente informazioni del figlio al Comando della Maiella che non ne aveva più notizie, il 12 giugno 1944, Franchino Teti veniva di nuovo messo in colonna, costretto ad una marcia forzata che lo avrebbe portato prima in un campo di concentramento a Mantova e poi, sui mezzi dell’esercito tedesco a Verona e Innsbruck. Era giunto infine, sempre prigioniero, a Leverkusen in Germania dove era stato accantonato in un lager per essere avviato al lavoro forzato in una fabbrica della Bayer. Qui, aveva trascorso un “nuovo”, violento periodo di guerra. La guerra non gli aveva risparmiato nulla: il combattimento, la prigionia, infine i lavori forzati. Oltre alla detenzione, le privazioni e la fatica fisica a Leverkusen Franchino Teti aveva subito anche un violento bombardamento da quadrimotori americani che avevano distrutto il nucleo industriale.

Il 16 aprile 1945 finalmente, i soldati americani lo liberarono, lo rifocillarono e lo vestirono alla meglio con indumenti militari.

Franchino Teti tornò a Torricella Peligna, il 21 agosto 1945 con un carico di storia e di dolore inenarrabili. Ma fu sempre un punto di riferimento per chiunque volesse accostarsi alla verità storica della battaglia di Pizzoferrato che non mancava mai di raccontare con la voce spezzata del testimone oculare.

All’annuncio della scomparsa, il Presidente della Fondazione Brigata Maiella, Nicola Mattoscio, il vice Presidente, Antonio Rullo, e tutti gli organi della Fondazione si sono uniti al dolore della famiglia per l’immensa perdita dell’uomo e del partigiano.

 

 


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