E' morto il cardinale Capovilla, aveva 100 anni. D'Alfonso la regione gli deve molto

27 Maggio 2016   09:17  

E' morto all'eta' di 100 anni Loris Capovilla, il piu' anziano vescovo e cardinale italiano. Il porporato era ricoverato presso la clinica Palazzolo di Bergamo. E' stato per un decennio il segretario particolare di Angelo Giuseppe Roncalli quando questi fu nominato patriarca di Venezia, negli anni successivi ne ha custodito la memoria e divulgato pensiero ed opere del pontefice. 
   
Capovilla era diventato vescovo di Chieti nel 1967, in seguito passo' a Loreto. Nel 1988, dopo aver dato le dimissioni, si ritiro' a Sotto il Monte Giovanni XXIII, in provincia di Bergamo, paese natale dell'amato Papa Roncalli. E' qui che due anni fa ricevette la porpora cardinalizia per decisione di Papa Francesco.

"Apprendo con autentico dolore della morte del Cardinale Loris Capovilla, per oltre dieci anni segretario particolare di Papa Giovanni XXIII, il Papa del Concilio Vaticano II, e Arcivescovo di Chieti-Vasto dal 1967 al 1971".

Lo scrive il presidente della Regione Luciano D'Alfonso. "Loris Capovilla e' stato un grande uomo di Chiesa e ha svolto, al fianco di quel Papa Roncalli che l'attuale pontefice con grande saggezza ha voluto finalmente santo e che tutti ricordiamo come il Papa buono, una funzione fondamentale nell'ambito di un pontificato che e' stato profetico, e ha segnato la storia recente della Chiesa, gettando le basi di quell'apertura alla modernita' e ai tempi cambianti che oggi contraddistingue la guida di Papa Francesco.

Capovilla - prosegue il governatore - ha continuato ad essere, in tutti i ruoli ricoperti e fino alla fine, un sostenitore della Chiesa del dialogo interreligioso, della pace, misericordiosa e accogliente verso gli ultimi.

Anche in Abruzzo Capovilla seppe portare con forza il messaggio di rinnovamento del Concilio, trovandosi a ricoprire la funzione di Arcivescovo della Diocesi di Chieti-Vasto dal 26 giugno 1967 al 25 settembre 1971 in una fase di passaggio e di transizione nella vita della comunita' dei cattolici, non scevra da incomprensioni e amarezze che pero' non gli provennero mai dalla gente semplice, dal popolo della sua Diocesi, dai cittadini credenti e non credenti, che di lui hanno sempre conservato nel tempo e tramandato attraverso le generazioni un ricordo affettuoso e indelebile, di vicinanza e di empatia vera, con le loro premure e sofferenze quotidiane.

Ed in questo modo lo voglio ricordare: come un uomo, un sacerdote e un vescovo cui l'Abruzzo deve essere grato e riconoscente per i segni che ci ha lasciato e che continueremo a coltivare nella memoria delle generazioni", conclude D'Alfonso. 


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