Fine del Caos all'Istituto Enaudi: "Scattone? Storia che lascia l'amaro in bocca"

12 Settembre 2015   05:00  

'Il caso è finalmente chiuso''. Tirano un sospiro di sollievo alcune professoresse davanti all'Istituto Luigi Einaudi all'indomani del passo indietro di Giovanni Scattone, l'ex ricercatore condannato diciotto anni fa per l'omicidio di Marta Russo. Nei capannelli davanti alla scuola, a due passi dal Vaticano, la rinuncia alla cattedra dell'ex assistente della Sapienza è l'argomento del giorno tra i professori che entrano alla spicciolata per le riunioni di rito prima dell'inizio dell'anno scolastico. Ma in pochi accettano di parlare.

'Nessuna dichiarazione' è il refrain della maggior parte di loro mentre si infilano, testa bassa e velocemente, nel portone d'ingresso dell'istituto. Qualcuno però si ferma e va controcorrente, per lo più per dire che ''aveva diritto a una riabilitazione, a poter lavorare'', a un ''legittimo riscatto'' ma la situazione era troppo difficile.

''Ragazzi allarmati e pressioni genitori, in ogni caso ci sarebbe stata una sconfitta'' - ''E' una storia che lascia l'amaro in bocca'', dice un insegnante di psicologia, la stessa materia che avrebbe dovuto insegnare Scattone. ''Ci ho scambiato due parole quando è venuto qui ma sinceramente non l'avrei neanche riconosciuto fisicamente - Mi hanno chiamato ragazzi a casa, allarmati perché non potessi essere più io il loro insegnante di psicologia bensì 'quello lì', dipinto a tinte fosche. Mi risultano pressioni di alcuni genitori, ma sono voci di alunni, anche naturali visto che nelle scuole scattano pressioni per questioni di molto minor impatto figuriamoci quello che può succedere per un fatto così''. Insomma, aggiunge, ''una situazione difficile in ogni caso. Penso che comunque fossero andate le cose, ci sarebbe stata una sconfitta. Adesso c'è un solo sconfitto ma qualcuno doveva essere sconfitto''.

Anche altri confermano ''le voci di corridoio'' sulle ''pressioni dei genitori'' contrari alla presenza di Scattone nella scuola.

''Insegnante non è lavoro adatto a lui'' - Poche le voci che apertamente plaudono alla rinuncia di Scattone. ''Ha fatto bene - dice un insegnante - non è un lavoro adatto a lui. Non gli deve essere legato un lavoro ma deve essere di un altro tipo che non lo porti a stare a contatto con i ragazzi. Ci sono altri lavori''. Sulla stessa linea un altro collega. ''Non me la sento di giudicare nessuno. Ha pagato la sua colpa ed è giusto che venga inserito nel mondo del lavoro ma ho qualche perplessità sull'insegnamento, ci sono tanti settori in cui non c'è un coinvolgimento diretto con ragazzi''.

''Fenomeno mediatico ha costretto una persona a rinunciare a diritto a lavoro''- Poi c'è chi punta il dito contro i media e il lavoro dei giornalisti ''a volte dannoso''. ''Non voglio dire niente su questa storia per non alimentare un fenomeno mediatico che ha costretto una persona a rinunciare al proprio diritto al lavoro, visto che ha pagato il suo debito in base a quello che hanno stabilito i giudici. Se nessuno avesse detto niente di questo personaggio, ormai dimenticato da dieci anni, ci sarebbero state meno polemiche''. ''Una pressione mediatica'', gli fa eco un altro prof., che ha inciso sulla ''legittimità di esercitare il proprio diritto, perché lui era un regolare vincitore di concorso''.

Doveva cercare di prendere tempo, secondo un altro insegnante. ''Ha fatto male a rinunciare, ci sono delle sentenze, non spetta a noi giudicare. Avrebbe dovuto accettare la cattedra e poi, nel caso non fosse riuscito a gestire il clima, chiedere casomai un distaccamento. È un lavoro a cui aveva diritto''.


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