Franco Boemi, nipote del campione italiano di Biliardo

10 Maggio 2014   10:23  

INTERVISTA A FRANCO BOEMI NIPOTE DEL CAMPIONE ITALIANO DI BILIARDO FRANCESCO CIRILLO E DIRIGENTE DELL’AZIENDA “CIRILLO BILIARDI” : UN NUOVO MODO DI PENSARE E VIVERE IL BILIARDO

Raccontaci un po’ la tua vita

Sono nato e vissuto a Pescara e, come per quasi tutti gli adolescenti era il calcio la mia passione, ci ho giocato fin da piccolo e ,a sedici anni ,sono stato chiamato tra gli allievi della Juventus; ma ho preferito seguire le orme del mio nonno materno che è stato campione italiano di biliardo. Il biliardo mi ha sempre affascinato.

Anche chi non ha alcuna nozione di genetica sa che alcune caratteristiche possono essere attribuite all’ereditarietà. Infatti, succede un po’ come per i gemelli, che arrivano saltando di una generazione, così io Franco Boemi ho ereditato dal nonno materno la passione, l’amore per il biliardo non la solita padronanza della stecca, che ogni buon giocatore può impartire al suo “figlioccio”, ma una vera e propria “cultura” del biliardo, una storia che parla di onestà, di onore, di responsabilità e di rispetto.

Quindi il nonno , oltre che l’insegnamento del biliardo le ha dato lezione di vita?

La lezione del nonno Francesco Cirillo non si è levata da nessun pulpito, se non da quello della quotidiana umiltà con cui affrontava sale straripanti di pubblico stupendosi, quasi, della sua notorietà e mantenendo inalterato il suo carattere mite e modesto, come tutti i “grandi”. Questo è stato il suo primo insegnamento: rimanere sempre se stessi soprattutto quando si è attorno al tavolo verde per eccellenza; il secondo : il rispetto per il biliardo.

Vedo nel suo studio una foto degli anni ‘ 30 che ritrae il nonno che viene premiato come campione d’Italia Sì è del 1935 anno in cui il nonno vinse a Bari il Campionato italiano fu l’unico a battere il grande campione detentore del titolo Ciro Urbino. Avvenne in un incontro reso memorabile da uno spettacolare tiro di “chiusura”, da 16 punti, messo a segno in condizioni disperate. Nessuna meraviglia , perchè il nonno era un autentico virtuoso della stecca, sempre in grado di tirar fuori dal cappello a cilindro il colpo magico che fa girare la partita.

Erano tempi d’entusiasmo del charleston, di un’Italia dilaniata dagli orrori della Prima guerra mondiale che presagiva ne sarebbe arrivata presto un’altra.

Si aveva bisogno di evasione ma soprattutto di personaggi buoni , onesti ed invincibili , mentre si affacciavano d’oltreoceano i primi eroi di cartone a dimostrare la volontà comune di credere in un futuro migliore. In Abruzzo Francesco Cirillo apparve come un eroe buono in carne e ossa , un talento del biliardo in senso assoluto . Non c’è persona che, ancora oggi, non ricordi le sue imprese, i suoi tiri eccezionali, i suoi “vortici” imprevisti e impossibili. Ricevette onori da Bolzano a Siracusa e fu creatore della scuola abruzzese di biliardo da cui uscirono due formidabili allievi : Ernesto di Tizio e Salvatore Centorami, detentori rispettivamente di 8 e 5 titoli italiani. A quei tempi oltre che un campione, era quindi un “mito” E lo era , ma tutti si stupivano quando si accorgevano d’avere di fronte un uomo semplice, onesto e moderato. Il suo desiderio era quello di giocare bene a biliardo, ma non per il gusto della notorietà, della fama o dei soldi, solo per il piacere che può dare il saper competere con la stecca in mano ; i suoi allievi hanno imparato da lui vedendolo giocare e tentando di imitarlo. Ma mi piace ricordare che amava il gioco della “bazzica”, e quando il nonno Francesco andò ad Ancona (la patria di quella specialità), mentre stava giocando ,un suo conoscente lo salutò chiamandolo per nome ; in quel momento i suoi avversari , nel più assoluto silenzio , poggiarono le stecche sul tavolo in segno di rispetto e di resa. Si racconta anche che durante una gara un giocatore, stanco di piazzare il suo pallino nelle posizioni più strategiche del rettangolo verde e vederselo comunque toccare da Cirillo, esclamò spazientito: “Ma dove debbo metterlo questo pallino per non fartelo toccare?” E Francesco sereno di rimando: “Prova a metterlo in tasca”.

La “Cirillo Biliardi” l’azienda che lei guida da anni è un’istituzione e non solo in Abruzzo

Si da noi si opera con una vera e propria “cultura” del biliardo , non in una bottega artigianale impolverata ma in un edificio luminoso, pulito, ben arredato di cui sono molto orgoglioso. E’ in queste cose che si vede il rispetto per il biliardo ; non ho voluto “strafare”, né cercare di intimorire il cliente con uno sfarzo gratuito; ho solo voluto rendere efficiente e vivibile un luogo di lavoro che possiamo ancora chiamare “artigianale” ma che non può più essere eseguito correttamente in una bottega. 

Senso estetico?

“No, o almeno, non solo; oggi i lavori su biliardo non si possono eseguire più come 50 anni fa, sui tavoli di allora era sufficiente accostarsi artigianalmente con i mezzi a disposizione, ora non basta più, i tavoli sono molto sofisticati per tecnica e per costituzione. Per carità, il senso dell’artigianato deve essere mantenuto e rispettato, ma la tecnologia oggi permette di avvalersi di attrezzature e metodi atti a ridurre al minimo l’errore e a velocizzare i tempi difendendo la qualità del lavoro che, comunque, rimane manuale.

Inoltre è tempo che il biliardo esca dal luogo comune che lo vuole impolverato e fumoso, oggi sta acquistando la sua vera posizione, quella che per gente come me, ha sempre avuto: elegante e nobile. Ecco perché ho voluto che la mia azienda, nel suo piccolo, desse un contributo per far sì che l’eleganza del biliardo fosse una sensazione “a primo acchito” per dirla in termini “biliardistici.”

A sentirla parlare con così tanto fervore mi meraviglio che non si sia dedicato solo al gioco e alle gare?

Avrei voluto… ma la vita va come… vuole. Purtroppo o fortunatamente, non saprei, ho il senso della responsabilità. L’esistenza ti pone davanti a delle scelte e devo dire, senza rimpianto, che la partita più bella è quella che vivo ogni giorno qui a fianco a mia moglie ed alla mia famiglia che adoro. Ho un lavoro che mi tiene molto impegnato proprio perché mi piace farlo in modo serio ed onesto; ecco perché non gioco molto spesso a biliardo.

Comunque continuo a competere in gare anche nazionali in alcune delle quali mi sono ben classificato in passato e continuo tuttora ad ottenere coppe e riconoscimenti . E’ solo il tempo che manca, non la fantasia o la volontà. Il mio desiderio ,secondo l’insegnamento del nonno, è quello di saper e di poter giocare bene a biliardo, ma “non per il gusto della notorietà, della fama o dei soldi, solo per il piacere che può dare saper competere con la stecca in mano” e l’ho fatto.

Vedo dalle foto alle pareti e dai manifesti e dalle tantissime coppe in bacheca che si è cimentato anche in gare con campioni nazionali.

Sono stato in finale con campioni come Diomajuta, Cifalà, Sessa e Rosanna. Comunque “Mio nonno mi ha insegnato che bisogna dimostrare qualcosa solo a se stessi.

Le auguro buon lavoro ma anche “buon gioco” con la speranza che in futuro si cimenti ancora con successo

 

Intervista di Elisabetta Mancinelli

 

mancinellielisabetta@gmail.com

 


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Franco Boemi
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