GINO BERARDI: L'artista che raffigura con un cromatismo personale le passioni dell'anima

"Memoria… segni e sogni", cinquant'anni della sua pittura

31 Agosto 2016   12:20  

Giovedì 1° settembre 2016, alle ore 17,30 presso la Sala Convegni della Fondazione Pescara Abruzzo, in Corso Umberto 183 si svolgerà la presentazione della mostra antologica: "Memoria… segni e sogni" è il titolo che Gino Berardi ha scelto per sintetizzare i cinquant’anni della sua pittura.

"La mia giovinezza. Le voci le liti due vicoli e quattro scale.

Piccole finestre con fili di ferro nella piccola piazzetta la rivendita di sali e tabacchi, in una contrada con poche famiglie. Qui sono nato ero un bambino non conoscevo il mondo.

Si attingeva l’acqua a Fonte luna si stava a lume di carburo a sera. D’inverno sempre la neve era l’unico splendore della giovinezza. Non sapevo neanche sognare.

Gino Berardi"

Biografia

Gino Berardi, nasce a Valle Grazietti, una piccola frazione di Pietranico (Pescara).

Si trasferisce adolescente all’Aquila dove frequenta gli studi medi e superiori.

La matita, i pastelli e successivamente l’olio e l’acrilico saranno i suoi compagni inseparabili per tutta la vita. In seguito ha soggiornato dieci anni all’estero completando la propria formazione, conoscendo e frequentando il mondo artistico e culturale europeo ed extra europeo.

Ha esposto in numerose mostre personali in diverse città d’Italia e all’Estero : ultime in ordine di tempo alle Barbados, Londra, Parigi, Rochester New York, Londra, Mosca.

Nel 2014 è stato invitato al premio Sulmona (presidente di giuria Vittorio Sgarbi) . Sempre nel 2014 ha ricevuto il premio della critica alla Prima biennale “Sergio Graziosi “ a Montecosaro (Mc).

Berardi ha svolto il lavoro di docente di scuola superiore e l’attività di giornalista pubblicista , ideato e condotto programmi televisivi, anche attualmente collabora con riviste e giornali.

Fondatore del centro culturale ‘’Spazio Arte’’ ha ottenuto premi e riconoscimenti nazionali ed internazionali, tra cui il premio ‘’Picasso 1981’’, la nomina a Commendatore della Repubblica italiana e membro dell’Accademia Tiberina, a Roma.

Numerosi critici di fama nazionale e di internazionale hanno recensito le sue opere tra gli ultimi Paolo Levi e Massimo Pasqualone. Le sue opere sono esposte in tantissime collezioni private sia in Italia che all’Estero oltre che in strutture pubbliche quali musei e nella Città del Vaticano.

TV, Giornali, Cataloghi d'arte e riviste nazionali ed internazionali, si sono interessati della pittura di Berardi con ampi articoli e citazioni.

Gino Berardi, nei cinquanta anni di carriera artistica, ha consolidato il suo fare pittorico conducendo la sua ricerca ad una evoluzione di pensiero materico. La sua vicenda artistica si storicizza partendo dall’imprimere sulla tela le impressioni paesaggistiche.

Oggi, questo fare pittorico è riconducibile all’impressionismo: sia per la scelta della gamma cromatica, sia per la pennellata leggera e per la rappresentazione sola ed esclusiva della realtà sensibile.

Ma, Gino Berardi, quando si trovava con i suoi pennelli e le sue tele, nel rappresentare le marine, le colline o le vette abruzzesi, non sapeva di utilizzare delle modalità e tecniche impressioniste: la forza della creazione artistica era del tutto inconscia.

Il racconto dell’impressione di particolari paesaggi, in determinati momenti stagionali, portano il segno della bellezza, della grandezza di Madre Natura. Sono paesaggi visti con gli occhi interiori del Maestro Gino Berardi.

La specificità di questo linguaggio pittorico, sta nell’uso e nella modulazione della luce e del colore, nonché gli elementi costitutivi della visione realistica. La pratica del disegno è ridotta al minimo, per poter cogliere tutti gli aspetti di fresca leggerezza e immediatezza degli effetti luminosistici.

La realtà impressionista di Gino Berardi ha analogie con la fotografia: sigilla sulla tela un preciso attimo, regalando a quell’istante la condizione di eternità. Con questi presupposti artistici, la ricerca del Maestro Gino Berardi ha come approdo l’informale materico. Una personale dimensione e trattazione del colore, reso nella sua componente non solo gestuale, ma anche tangibile.

La scelta dell’informale non è stata meditata: pur mantenendo l’importanza dell’elemento colore, questo viene utilizzato con modalità e fini differenti. L’apice di questa parabola artistica sta nella concretizzazione materica del segno, che non è solamente gestualità informale e liberazione delle proprie energie interiori.

La dicotomia, trattata da Gino Berardi, richiama un antico postulato della filosofia platonica: l’interazione tra materia e forma. Il primo termine fa riferimento al magma primordiale della creazione, il secondo, invece, elabora la materia per la generazione di manifestazioni superiori. Cosi, nelle ultime opere dell’artista, emergono, prepotenti dalla tela, tracce materiali che conferiscono tridimensionalità e plasticismo.

Gino Berardi si è sempre mosso sul versante di un’arte il cui punto di forza è il colore. Per lungo tempo esponente di una pittura figlia diretta dell’impressionismo francese, negli ultimi anni ha operato una sorta di rivoluzione, portando alle estreme conseguenze la sua vocazione impressionista e abbandonandosi al colore con una pennellata sempre più fitta e apparentemente dimentica del disegno.

Si è detto che il punto di riferimento per questa sua ultima produzione è l’espressionismo astratto americano; ma più che ricordare l’irruenza di un Pollock sembra richiamare il poetico informale di Mark Tobey.

Come nelle opere di Tobey, in quelle di Berardi, linee di luci e di colori sembrano dar vita a una scrittura segreta e misteriosa: pennellate veloci e sfondi astratti, il tutto sospeso fra illusione e realtà.

   

Quello che si percepisce è il cammino fatto seguendo una linea onirica alla ricerca della bellezza che per Berardi risiede nella capacità di comporre intrecci e scritture dell’animo che comunichino, come la musica, universalmente.

La perdita d’importanza della forma fa acquisire al colore matericità che Berardi sapientemente “trafigge” e alleggerisce, intrecciando, accavallando e districando, come nastri colorati, nuances e sfumature; ma poi, a ben vedere, nei suoi “acéordi pittorici” non scompare del tutto la figura.

Infatti l’artista, liberatosi dalla soggezione alla riproduzione figurativa del suo primo periodo, non vuole neppure incorrere nel vincolo di una totale aniconicità.

La figura che più spesso si rintraccia nel magma pulsante della sua pittura è quella del gallo.

Simbolicamente polisemico, il gallo è legato in primis all’idea della luce e della rinascita e, come avvento di nuovo ciclo cosmico, è associato anche alla leggenda del frassino Yggdrasil.

Il gallo è anche il principio maschile, incarna la virilità e l’aggressività del combattente: le famose lotte dei galli, presenti in molte civiltà, fin dal più antico passato, erano vissute come allegorie delle lotte cosmogoniche. Ma il gallo o i galli di Berardi sono per lo più figure celate a cui il fruitore dell’opera giunge seguendo, come fosse un filo d’Arianna, la trama del colore che ad un tratto si apre in un rosso rubino a forma di cresta o di coda o che fa balenare, tra brandelli di sogni, un riconoscibile e sempre gioioso arruffarsi e scarmigliarsi di penne.

Sono galli vigili e vittoriosi quelli dei quadri di Berardi, sentinelle di una poetica vita vissuta e raccontata dal pittore, con emozione, sulla tela.

Marialuisa De Santis Con questi presupposti artistici, la ricerca del Maestro Gino Berardi ha come approdo l’informale materico. Una personale dimensione e trattazione del colore, reso nella sua componente non solo gestuale, ma anche tangibile.

La scelta dell’informale non è stata meditata: pur mantenendo l’importanza dell’elemento colore, questo viene utilizzato con modalità e fini differenti. L’apice di questa parabola artistica sta nella concretizzazione materica del segno, che non è solamente gestualità informale e liberazione delle proprie energie interiori.

La dicotomia, trattata da Gino Berardi, richiama un antico postulato della filosofia platonica: l’interazione tra materia e forma. Il primo termine fa riferimento al magma primordiale della creazione, il secondo, invece, elabora la materia per la generazione di manifestazioni superiori. Cosi, nelle ultime opere dell’artista, emergono, prepotenti dalla tela, tracce materiali che conferiscono tridimensionalità e plasticismo.

La sperimentazione del Maestro Gino Berardi elabora, ora, tutti gli aspetti e le possibilità dell’informale, lasciando la strada aperta ad altre modalità di creazione artistica. Valeria Fatato

Articolo recensivo a cura di Elisabetta Mancinelli
email mancinellielisabetta@gmail.com


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