Gino Castaldo: "Il rock è morto"...o è semplicemente risorto nell'epoca del mercato digitale?

In risposta al critico musicale

08 Gennaio 2012   12:26  

Stamattina su 'Repubblica.it' mi è capitato di leggere un articolo di Gino Castaldo dal titolo emblematico: "Il grande silenzio del rock "Questa volta è finita davvero". L'articolo riflette sul fatto che "I giovani trovano luoghi e ragioni per nuove proteste, che si chiamino Indignados o Occupy Wall Street, ma curiosamente, forse per la prima volta nella storia moderna, non esiste una colonna sonora che racconti di queste nuove esperienze.".


Uno spunto interessante, che trova conferme nell'attenta osservazione della top 100 di Billboard Usa, che vede il trionfo di esponenti del pop commerciale e 'disimpegnato' come "Adele, Drake, i Lmfao, Rihanna, Katy Perry e via così tra pop e rap". Nessuna traccia del rock di una volta, insomma, come se "stesse diventando una riserva, da proteggere e magari conservare con cura, come un retaggio del passato. Ogni tanto arriva un acuto un segno forte (Springsteen, Radiohead, Arcade Fire tanto per fare esempi), ma i nomi in grado di contrastare la marea montante del disimpegno musicale sono sempre meno e più isolati. Sembrerebbero circostanze molto distanti tra di loro, la protesta e le classifiche, e invece sono strettamente connesse.", continua Castaldo, che trova spiragli di 'speranza' solo in "band da culto  come i Fleet Foxes o i Mumford and sons, che hanno un notevole seguito, e qualche volta riescono a inserirsi nel grande circuito, e lo stesso vale per nuovi cantautori rock come Bon Iver, molto amati, ma anche il loro successo conferma un trend fortemente conservativo. Anche loro non fanno che ripetere stili e modalità del vecchio rock, appena rinfrescate ad uso e consumo delle nuove generazioni."


Tutto già visto, insomma perchè "mancano idee e progetti, il rock sembra incapace di rinnovarsi, e il vuoto si espande e si scioglie nella dispersione di cuffiette, download e condivisioni social. Il verbo rock, in quanto tale, non sembra più in grado di rappresentare il nuovo, cede il posto alle punte avanzate della tecno, ai lustrini fiammeggianti delle nuove iconiche dive pop. E quel poco che c'è viene puntualmente boicottato. In Italia ad esempio c'è un certo risveglio rock, ci sono gruppi forti e molto arrabbiati come il Teatro degli Orrori e i Ministri, ma fanno una gran fatica a emergere dalla trama asfissiante del mercato, con le sue rigide regole di imposizione mercantile.".


Ma è davvero così? Il mercato discografico è davvero asfissiante o semplicemente più libero? I giovani sono disimpegnati o hanno più scelta? Il rock è morto o risorto nell'epoca di I-Tunes? E' vero, non c'è più una colonna sonora delle proteste.Ma chi l'ha detto che questo sia un male? Chi l'ha detto che ci debba essere una sola musica a sottolineare i critici momenti sociali di oggi?


Non è vero che il rock è morto, anzi. Il rock è vivissimo e offre possibilità non soltanto ai soliti noti ma anche, per usare una citazione recente ed efficacissima,  ai "nuovi noti". Quelle piccole realtà  che trovano un loro pubblico grazie alla rete, al mercato digitale e ai social network.


Mai come oggi chi ha i mezzi può farsi conoscere da una vasta fetta di pubblico grazie al nuovo, sorprendente modo di comunicare. Non creiamo caste di vecchie band e cantautori, che hanno segnato epoche indelebili nella storia della musica ma che, com'è naturale che sia, hanno fatto il loro tempo. Liberalizziamo anche le sette note, insomma, ed usciamo dall'idea per cui il rock era solo quello dell'illustre passato.


Non sto rinnegando gli anni '60/'70 per carità (la rete permette di far scoprire i capolavori dell'epoca anche alle nuove generazioni) ma mi piace pensare che un certo modo di concepire il mondo della musica stia passando il testimone senza alcuna frattura tra vecchio e nuovo. Mi piace pensare, insomma, che nell'ipod degli indignados ci sia "Blowin in the wind" e immediamente dopo un buon pezzo rock di qualche nuovo gruppo nato in un garage che non èentrato nella Billboard ma che, finalmente, può sperare di essere ascoltato da milioni persone. Magari senza passare per una casa discografica.


Francesco G. Balzano


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