Giochi olimpici invernali Corea del Sud, sull'evento l'ombra nera di Kim

01 Dicembre 2017   11:38  

Nessuno ha ancora dato forfait. Eppure, dopo il lancio dell'ultimo missile da parte della Corea del Nord, cresce il timore tra le nazioni che a febbraio partiranno per Pyeongchang, in Corea del Sud, dove dal 9 al 25 febbraio 2018 si terranno i Giochi olimpici invernali. "Stanotte non ho dormito perché c'è un signore che in Corea del Nord si diverte a sparare i missili sopra al Giappone - ha detto qualche giorno fa il presidente del Coni, Giovanni Malagò ai microfoni di 'Circo Massimo' su Radio Capital -. Tra settanta giorni dobbiamo andare a 60 km dalla Corea con tutte le dinamiche che comporta".

Quella che si disputerà a Pyeongchang è la seconda Olimpiade ospitata dalla Corea del Sud dopo l'edizione estiva del 1988 che allora andò in scena nella capitale, Seul. A febbraio le gare saranno ospitate in due sedi: un comprensorio sciistico montano e nella città costiera di Gangneung. Nel primo verrano svolte le prove sciistiche e su pista, mentre la seconda sarà dedicata alle gare di pattinaggio e ai tornei di hockey e curling. A destare maggiore preoccupazione, con i venti di guerra tornati a soffiare prepotentemente verso Occidente, è il fatto che le sedi si trovino a una manciata di chilometri dal 38esimo Parallelo, la zona demilitarizzata che separa il Sud di Moon Jae-in dal minaccioso Nord di Kim Jong-un. 80 chilometri per l'esatezza, a portata di cannoni e missili.

E mentre cresce l'attesa per gli oltre duemila atleti che si preparano alla partenza, c'è anche chi, come la Francia, ha già fatto sapere che nel caso in cui la situazione in Corea del Nord diventasse troppo pericolosa è pronta a rinunciare ai Giochi. "Non metteremmo mai a rischio la nostra squadra - ha detto qualche mese la ministra francese dello Sport, Laura Flessel -. Nel caso in cui non avessimo le garanzie di sicurezza, la nostra squadra resterà a casa". E lo stesso ha in mente di fare l'Austria. Dal canto suo, il Comitato che organizza i Giochi ha sottolineato in più occasioni che non c'è da preoccuparsi, anche se i dati delle vendite dei biglietti sembra dire altro. Il mese scorso il Financial Times ha parlato di "montagne di biglietti invenduti".

Gli organizzatori dicono che i giochi serviranno a stimolare il turismo, mentre lo Hyundai Research Institute prevede che due settimane di giochi faranno entrare nelle casse sudcoreane circa 60 miliardi di dollari nell'arco di 10 anni. A meno di tre mesi della cerimonia di apertura, però, la febbre olimpica non ha ancora colpito. Si stima che solo un terzo degli 1,1 milioni di biglietti disponibili siano stati venduti. E' indubbio, quindi, che per esorcizzare lo spettro delle minacce del Rispettato Maresciallo ci voglia ben altro.

Nessuno può prevedere cosa farà il dittatore coreano. Rispetterà la tregua olimpica proclamata dall'Assemblea generale dell'Onu oppure ha già in mente un piano per minacciare gli atleti, mandando in fumo i giochi olimpici? Al momento, azzardare ipotesi è difficile. Nel caso in cui il pericolo dovesse farsi concreto, però, come da prassi l'Italia ha già pronto un piano di evacuazione per mettere al sicuro tutti i connazionali.

E mentre il conto alla rovescia per Pyeongchang entra nel vivo, a meno di 80 giorni dal via dei XXIII Giochi Olimpici Invernali, il presidente del Comitato Lee Hee-beom ha detto che la Corea del Sud è pronta "ad accogliere il mondo". "La neve sta cominciando a cadere e noi stiamo facendo tutto ciò che è possibile per far crescere la passione e l'attesa in tutto il Paese invitando tutti ad essere parte di questi Giochi stravaganti - ha concluso -. Sarà la più bella vetrina di sport e cultura che la Corea abbia mai visto e vi invitiamo a comprare i biglietti e a raggiungerci a Pyeongchang".



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