I No triv: ''Contro Ombrina e contro le politiche energetiche del governo Letta''

18 Giugno 2013   15:18  

Riceviamo e pubblichiamo dal coordinamento No Triv abruzzese.

''A poco più due mesi dalla manifestazione di Pescara in cui 40.000 persone sfilarono per dire NO ad Ombrina e alla trasformazione dell’Abruzzo in distretto minerario, le associazioni e i comitati “green” si ritrovano oggi a ribadire le ragioni di quel NO, fermo e convinto, e di un SI’ a scelte alternative e più ragionevoli rispetto a quelle tracciate nella SEN (Strategia Energetica Nazionale) e ad un diverso modi intendere l’economia in Italia e nella nostra Regione.

È stato inviato in questi giorni un appello rivolto a tutti Parlamentari della Repubblica dal Coordinamento NO TRIV e sostenuto dai promotori dell’odierna conferenza stampa, un appello che indica una non semplice “via parlamentare” per superare i tanti limiti della SEN e di alcuni decreti con cui il Governo Monti è intervenuto pesantemente sulle materie dell’energia e dell’ambiente, su tutti il Decreto Sviluppo e il Decreto Liberalizzazioni.

L’Appello, firmato da numerose associazioni, organizzazioni imprenditoriali, personalità del mondo scientifico della cultura e della politica e da numerosi cittadini, indica alcune priorità:

La ricerca dell’efficienza energetica come condizione necessaria per consentire al Paese di uscire dalla crisi e come obiettivo primario della SEN da qui al 2050.

La decarbonizzazione del sistema Paese in linea con quelli che sono gli obiettivi della Roadmap tracciati dall’UE al 2050.

La profonda e radicale rivisitazione della SEN varata dal Governo Monti e recepita nel DEF 2013 approvato dalla maggioranza delle “larghe intese”, con particolare riferimento alla trasformazione in distretti minerari di cinque vaste aree del Paese (tra queste l’Abruzzo) ed al rilancio delle attività di ricerca ed estrazione degli idrocarburi.

L’immediata abrogazione dell’art. 35 del Decreto Sviluppo, cui si deve la “resurrezione” di Ombrina e di numerosi altri progetti petroliferi (ad esempio, nel Golfo di Taranto).

L’abrogazione dell’art. 16 del cd. Decreto Liberalizzazioni.;

Il taglio dei generosi incentivi di cui godono le fonti fossili che producono effetti distorsivi e speculativi sul mercato dell’energia a danno di famiglie ed imprese.

Il NO preventivo allo shale gas

Il sostegno ed il rilancio delle fonti rinnovabili e pulite per la produzione di energia termica ed elettrica, privilegiando gli autoconsumi e la microcogenerazione diffusa.

In breve, l'Appello segna i punti qualificanti di una scelta per un sistema di relazioni economiche e sociali diverso da quello che oggi ci viene proposto e imposto a suon di decreti in nome della “crescita”, del rilancio dei consumi e dell’occupazione. Si cerca di curare la crisi con le identiche politiche che hanno causato la crisi stessa e non si tengono in alcun conto scelte diverse che potrebbero, invece, offrire nuove prospettive al Paese e alla regione.

L’agricoltura e il turismo green ad esempio, in un contesto generale di crisi, presentano indici già oggi significativamente positivi che non possono e non devono essere ignorati.

Nell’Appello si ribadiscono due punti fondamentali per il futuro di noi tutti:

perseguire l’obiettivo della crescita “a prescindere”, anche in presenza di sprechi ed inefficienze, ci condanna a un continuo impoverimento e peggiora le condizioni di vita di ampi settori del Paese, accentuando le diseguaglianze e mettendo a repentaglio i più elementari diritti garantiti dalla Costituzione;

la questione energetica va guardata come parte di un tutto. Non è concepibile che ci sia chi ha la pretesa di consumare e sprecare, e, al contempo, di imporre rigore; di premere sul freno e contemporaneamente sull’acceleratore; di dichiararsi paladino della sostenibilità ambientale e al contempo di negoziare diritti inalienabili come quello alla salute (Taranto docet).

NOI NON CI STIAMO: I DIRITTI ED I BENI COMUNI NON SONO MERCI E IL MITO DELLA CRESCITA INFINITA È INGANNEVOLE, ILLUSORIO E PERICOLOSO.

Con la SEN, che il Governo Letta intende addirittura peggiorare aprendo allo “shale gas”, si persevera nell’errore di sempre: si declamano le lodi della lotta agli sprechi energetici; si urla alla ricerca dell’efficienza energetica; si sprecano chilometri di inchiostro in favore di mille piani innovativi mai partoriti (su tutti quello dei trasporti);

MA ALLA FINE SI OPTA, IN CONCRETO, PER LA VIA PIÙ SPICCIA: recuperare petrolio e gas a manetta, laddove e possibile, pur di aumentare la produzione nazionale di idrocarburi; auspicare una infrastrutturazione pervasiva e invasiva di aree sensibili del territorio (vedi anche in Abruzzo il caso della centrale di compressione di Sulmona, che è parte del più ampio progetto TAP), paventando e promettendo la diminuzione del costo delle bollette di luce e gas per le famiglie e le imprese. Una promessa peraltro puntualmente disattesa.

Come se il petrolio estratto in Lucania o il gas estratto a Crotone potessero essere immessi direttamente sul mercato a costi contenuti!

Come se non fosse già abbastanza noto che malgrado l’eccesso di offerta di energia elettrica rispetto alla domanda, il costo di resta comunque elevato a causa di tutta una serie di distorsioni che premia la lobby delle fossili ma castiga la competitività delle imprese, costrette a pagare l’energia di più rispetto alla media europea; rende le famiglie incapaci di arrivare a fine mese; impedisce l’attività di quel sistema fatto da piccole e medie imprese, nell’artigianato e nell’industria, che oggi per forza di cose dissente con certe incaute dichiarazione del Presidente di Confindustria Chieti che da tempo parla ormai il linguaggio di Medoilgas, e dei colossi Eni ed Enel e non quello delle PMI e degli artigiani abruzzesi.

Di ideologico in tutto questo c’è ben poco.

A parlare sono i numeri: mettere risorse, sotto forma di sgravi fiscali e di sburocratizzazione, nelle azioni di efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati e nell’industria, crea reddito crescita e occupazione, molto più di quanto si possa fare con qualsiasi faraonico piano di rilancio delle attività petrolifere e delle grandi infrastrutture in genere. Citiamo Il Sole24ore del 13 febbraio 2012: investendo un milione di euro in progetti di efficienza energetica si creano in media 13 posti di lavoro. Con le energie rinnovabili se ne creano 3/4… Per ogni 10 miliardi di euro investiti invece efficientamento energetico si possono avere 130.000 nuovi posti di lavoro, mentre investendo la stessa cifra in grandi opere lavorerebbero al massimo 7.300 persone!

DIETRO AL NOSTRO “NO” ALLA SEN CI SONO DUNQUE MOLTI SÌ. Alla politica, e ai parlamentari abruzzesi in particolare, chiediamo di guardare al futuro con occhi nuovi e propositivi, isolando chi invece continua a parlare di crescita in una chiave vecchia, antieconomica e profondamente egoista.

 


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