I Taccuini di Gabriele D'Annunzio

09 Settembre 2015   13:56  

L'esistenza di appunti scritti in diverse occasioni da Gabriele D'Annunzio era già nota agli inizi del Novecento, in quanto il poeta stesso ne parlò più volte.

Si tratta di veri e propri quadernetti che il Vate usava portarsi nelle tasche ovunque andasse per poter annotare, in ogni momento, qualsiasi pensiero gli passasse per la mente, molto importanti per la genesi delle sue opere , rivestono un ruolo fondamentale  nel poeta abruzzese più che in altri autori.

Scopo principale del poeta nel fissare queste annotazioni era quello di "fermare sulla carta" i pensieri e le immagini, i luoghi che riteneva degni di essere ricordati e che potevano costituire materiale prezioso per una successiva elaborazione letteraria.

Anche se frammentari, questi testi offrono un ritratto spirituale del poeta e approfondimenti critici del suo lavoro letterario.

Una delle caratteristiche principali dei Taccuini è la notevole presenza di descrizioni: un mezzo per indagare la realtà.

Dei luoghi amava riferire con minuzia tutti i particolari, ciò non gli impediva tuttavia la loro trasfigurazione da spazi reali a luoghi mitizzati.

Questi appunti hanno diverse chiavi di lettura: una fedele cronaca delle vicende della vita dell'uomo con registrazioni di viaggi, notizie private e familiari, impegni mondani, promemoria, spese quotidiane relative al ménage domestico, ma anche un diario dell'anima: emozioni, amori, entusiasmi, inquietudini, delusioni.

La stessa vita creativa di D'Annunzio è ricostruibile attraverso i documenti di ispirazione poetica, le tracce delle trame che saranno alla base dei suoi romanzi, i nomi registrati dei protagonisti, i discorsi di natura politica.

L’opera presenta un carattere unitario: costituito da frammenti di sensazioni, da annotazioni immediate chiamate "faville di pensiero", il tutto registrato da D’Annunzio con una sconcertante puntualità dal 1881 al 1925.

Due sono i tipi dei taccuini quelli scritti di getto , anche se non nel momento stesso dell’avvenimento,al tavolino sul filo della memoria e quelli invece, rielaborati, frutto di un ripensamento I Taccuini rintracciati sono circa centodiciotto: centootto rinvenuti negli Archivi del Vittoriale degli Italiani nel cassetto dello scrittoio del poeta, sette in Archivi privati; a questi si aggiungono tre già pubblicati.

Alcuni di questi quadernetti andarono dispersi mentre altri furono donati dal poeta a persone amiche.

Nell'anno del centocinquantesimo anniversario della nascita di Gabriele D'Annunzio è stato pubblicato un taccuino inedito, fino ad oggi conservato nella Biblioteca Cantonale di Coira in Svizzera che aveva ricevuto in dono da un amico del poeta.

Il quadernetto d'appunti a righe, come spesso ha fatto in altri taccuini, venne scritto dal poeta all'età di 16 anni quando era convittore nel liceo Cicognini di Prato, che frequentò dal 1876 al 1881.

Si tratta di una raccolta di proverbi e modi di dire toscani. Il testo segue un disegno preciso, spiegato in «Le faville del maglio. Il compagno dagli occhi senza cigli»:

Il desiderio del poeta di studiare la lingua italiana per affrancarsi dal dialetto abruzzese:

«La providenza di mio padre che mi vietava la barbara terra d'Abruzzi finché non fossi intoscanito incorruttibilmente».

Tante sono le sensazioni che il poeta annota durante i viaggi che compie a Parigi, Londra in Grecia, in Germania, in Svizzera e soprattutto in Italia. Un momento particolarmente suggestivo è quando descrive ciò che prova passeggiando tra i trulli di Alberobello cittadina inimitabile per la caratteristica presenza dei  trulli, (dal greco trullo : “cupola”) durante un viaggio in Puglia che avvenne negli ultimi giorni di settembre del 1917 al tempo del volo per il bombardamento delle Bocche di Cattaro del 4 ottobre.

Egli entrò nel trullo col numero civico 7, situato nella piazza a lui intitolata e così descrive lo stupore per lo straordinario paesaggio della Murgia, avvolto dalle strane costruzioni coniche :” all’improvviso nella valle d’Itria ecco spuntare case di fiaba… attendamenti di pietra nel terreno ondulato,.. innumerevoli coni bruni contrassegnati dall’emblema fenicio..” Vorrei stendermi per terra  in un "trullo" dalla volta d'oro e lì sognar”.

Un Taccuino molto intenso in quanto pregno di amore i luoghi delle sue origini, venne scritto del 1905 in occasione di un ritorno nella sua terra che così recita: “ M’è caro che il primo saluto in questa terra d’Abruzzi che con tanta abondanza d’amore accoglie il suo figliolo fedele tornante da un travagliato esilio alla bontà del grembo natale , m’è caro che il primo saluto , e forse il più profondo, mi venga dai miei prossimi, da coloro che nacquero sul mio bel fiume, che respirano i venti di quel mare ove si temprò la mia adolescenza ansiosa.

Ancora una volta , con una gioia che mi par nuova, per voi m’è dato riconoscere i legami sacri che congiungono la mia anima all’anima della mia gente…Quanto per me fu lieto l’arrivo nella città dove mi sembra esser rinato e consacrato da un battesimo ideale tanto per me è doloroso questo commiato ..Moltiplicate le forze all’opera prossima per la quale io chiedo il vostro augurio.

O miei concittadini, affinchè sia degna della vostra aspettativa fidente.

Voi mi avete dato un meraviglioso viatico per il cammino che mi resta da compiere. Ovunque in ogni luogo e in ogni tempo, da presso e da lontano, tutto il mio cuore con tutta la mia fede sarà con voi e per voi. A rivederci!”

Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli
email: mancinellielisabetta@gmail.com


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