I cinquantanni di sacerdozio del vescovo Giuseppe Molinari in una commossa omelia

30 Giugno 2012   11:44  

E' stato ieri vescovo ausiliare Giovanni D'Ercole ad aprire la messa solenne che ha celebrato a Collemagggio i 50 anni di sacerdozio dell'arcivescovo Giuseppe Molinari. Nel giorno della solennità dei Santi Pietro e Paolo. Monsignor Molinari   ha ripercorso il suo mezzo secolo di missione pastorale nella omelia che pubblichiamo qui di seguito:

Omelia 50° Sacerdozio Solennità dei SS. Pietro e Paolo 

''Un saluto e un grazie a tutti i presenti; in particolare agli amici che, per essere qui, questa sera, hanno affrontato un lungo viaggio…

Abbiamo ascoltato nel Vangelo di Matteo ciò che avvenne nella regione di Cesarea di Filippo. Gesù vuole sapere dai discepoli che cosa la gente pensa di Lui. E subito dopo chiede ai discepoli: “Ma voi, chi dite che io sia?”.

E abbiamo sentito la risposta di Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Carissimi fratelli Vescovi, carissimi Sacerdoti, carissimi figli e figlie della Chiesa dell’Aquila carissimi fratelli tutti, il segreto di questo anniversario di sacerdozio che oggi celebro (e che voi rendete gioioso e solenne con la vostra presenza) è tutto qui: “Cristo, Figlio del Dio vivente”.

Come all’inizio della storia di ogni cristiano c’è Gesù di Nazareth, così all’inizio della mia storia di prete c’è solo Lui: Gesù di Nazareth. C’è questo Dio che si è fatto uomo, che è morto e risorto per noi, che ha voluto la Chiesa. E nella chiesa il Sacerdozio. Il mistero del prete è nella sua povera umanità che continua il mistero dell’umanità di Cristo.

Il prete presta a Gesù le parole, le mani, la voce, i piedi, il respiro…… perché gli uomini possano continuare a sentire Cristo presente, vicino alla storia di ognuno. E capace di portare luce, grazia, perdono, gioia e salvezza a tutti. Questa missione, è vero, è grande. E può generare paura! Ma nel Salmo 33 abbiamo ripetuto insieme: “Ho cercato il Signore: mi ha risposto e mi ha liberato da ogni paura”.

Signore, Tu sei la Bellezza infinita, la Bontà infinita, la Verità infinita, la Santità infinita. Come posso pensare io, poverissima creatura, di poter continuare la tua missione tra gli uomini e le donne di oggi? S. Paolo, nella seconda lettera a Timoteo (che abbiamo appena ascoltata) confessa: “Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo”.

Lo stesso Paolo, nella lettera ai Romani, ha scritto: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? […] Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? […] Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze né altezza né profondità, ne alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù nostro Signore”. (Rm. 8,31.35.37-39).

La certezza dell’amore di Dio per noi come si è rivelato in Gesù Cristo, vince ogni paura. E poi c’è la parola piena di speranza che ci offre S. Giovanni nella sua prima lettera: “Qualunque cosa il nostro cuore ci rimproveri, Dio è più grande del nostro cuore” (I Gv. 3,20). Dio è più grande delle nostre paure, delle nostre debolezze, dei nostri peccati, dei nostri dubbi, delle nostre fragilità …

Dio è più grande e può condurci a quella meta di santità e salvezza dove ci sembra impossibile poter arrivare da soli. E’ molto bella anche la prima lettura dal libro degli Atti degli Apostoli (At. 12,1-11). Erode, che aveva già fatto uccidere Giacomo “vedendo che ciò era gradito ai Giudei, fece arrestare anche Pietro”.

Ma “mentre dunque Pietro era tenuto in carcere, dalla chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui”. Com’è bella questa comunità cristiana che prega per il primo Papa che è in catene. Ed è sempre bella ogni comunità che prega per i suoi Pastori, dal Papa, al Vescovo fino all’ultimo dei sacerdoti. In questi miei cinquant’anni di sacerdozio solo il Signore sa quante volte ho chiesto a tutti il dono di una preghiera. E sono certo che è questa preghiera che mi ha sostenuto nel cammino di questi cinquant’anni.

Perciò carissimi fratelli e sorelle voi, che con la vostra semplice presenza questa sera mi dimostrate tanto affetto (e ciò mi commuove immensamente), continuate a sostenermi con la vostra preghiera.

Ne ho un immenso bisogno, oggi più che mai! Ma mi colpisce anche sempre, la scena di Pietro che viene liberato dall’angelo. All’inizio Pietro non crede a quello che sta accadendo sotto i suoi occhi. Dice il libro degli Atti degli Apostoli: “”Non si rendeva conto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell’angelo: credeva invece di avere una visione”.

Ma quando si rende conto che non è un sogno ma una consolatissima realtà esclama: “Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che il popolo dei giudei si attendeva”. Guardando in modo retrospettivo a questi cinquant’anni di sacerdozio, mi si presentano davanti agli occhi i volti di tanti “angeli” che mi hanno voluto bene, che mi hanno protetto, difeso, liberato, sostenuto, consigliato, confortato, guidato ... Penso, innanzitutto, ai miei genitori, Massimina e Berardino.

Da loro ho ricevuto la vita. Ma anche i primi insegnamenti della fede e tutti quei valori che rendono veramente ricca la vita di un uomo. E penso alle mie sorelle, Mafalda e Gabriella, e a mio fratello, Antonio. Andando avanti nel cammino della vita, sperimento sempre più che sono essi i veri “amici” che non tradiscono mai. E presso i quali posso trovare sostegno spirituale in ogni momento.

Penso, poi, a tutti gli educatori e i sacerdoti, che hanno accompagnato la mia piccola storia e soprattutto la storia della mia vocazione e della mia missione sacerdotale. Penso, ai Vescovi, che il Signore mi ha fatto incontrare, proprio qui, in questa amata Chiesa dell’Aquila: l’allora Mons. Carlo Confalonieri (poi Cardinale) che mi ha dato il Sacramento della Cresima; Mons. Costantino Stella, che mi ha ordinato Sacerdote (proprio cinquant’anni fa nella Chiesa parrocchiale del mio paese); Mons. Carlo Martini e Mons. Mario Peressin, che ho cercato sempre di servire con l’amore e la dedizione di un figlio.

Tra i volti di “angeli” che mi hanno accompagnato con tanto amore, mi tornano alla memoria i volti dei tanti fratelli e sorelle, giovani e ragazzi, che ho incontrato prima nel mio ministero sacerdotale (a S. Pietro in L’Aquila, a S. Massimo in Cattedrale, a S. Biagio, a S. Flaviano e S. Maria di Farfa e, infine, a S. Rita) e poi nel Ministero Episcopale a Rieti e all’Aquila.

Un ricordo particolare custodisco nel cuore dei ragazzi e ragazze del Conservatorio di musica e del Liceo Classico dell’Aquila che ho avuto al gioia di conoscere durante l’entusiasmante esperienza di Insegnate di Religione. Ora mi capita di incontrarli spesso, come i tanti altri giovani conosciuti durante il mio ministero sacerdotale, e mi commuovo incredibilmente vederli ormai con le loro famiglie, i loro figli (spesso anche i loro nipoti!) e con tante importanti responsabilità. Sì, anche i fratelli e sorelle conosciuti nelle varie parrocchie e i ragazzi e i giovani, ora diventati “adulti” sono stati per me meravigliosi compagni di viaggio e, ognuno a modo suo, “angeli” che mi hanno aiutato a trovare il sentiero giusto e a seguirlo.

Li vorrei nominare tutti, anche i fratelli e sorelle conosciuti fuori dalla città e dal territorio dell’Aquila, in ogni angolo d’Italia. Ma mi piace sentire tutti idealmente presenti, con il loro affetto di sempre e con la preghiera che tutti mi hanno sinceramente promessa. Ho accennato anche a tutti i fratelli e sorelle conosciuti non solo all’Aquila ma anche a Rieti, soprattutto nel mio Ministero Episcopale.

Quanti ricordi bellissimi, commoventi, che sono il tesoro più prezioso che custodisco nel cuore! Vorrei sottolineare il particolare ricordo e l’immensa gratitudine per tutti i sacerdoti che ho incontrato in questi cinquant’anni: quelli dell’Aquila e quelli di Rieti.

A tutti ho cercato di dare la mia amicizia e la mia fraterna collaborazione, nella consapevolezza del profondo legame che mi unisce a loro proprio attraverso il Sacramento dell’Ordine Sacro. E in questo contesto voglio ricordare anche i Diaconi di Rieti e dell’Aquila. E dire anche a loro un vivissimo grazie.

Tra i sacerdoti di Rieti e dell’Aquila alcuni hanno voluto, con generosità, competenza ed amore offrirmi (e mi offrono ancora) una particolare collaborazione. Ad essi un grazie particolare! Ad essi unisco un ricordo colmo di gratitudine ai molti laici, fratelli e sorelle di Rieti e dell’Aquila, che nei vari ambiti della vita diocesana, prestano il loro generoso e fedele servizio quotidiano. Il Signore li ricompensi per questo preziosissimo aiuto al mio Ministero Episcopale!

E il Signore doni la luce e la pace eterna ai Vescovi e ai Sacerdoti che in vari modi sono stati angeli per me ed ora hanno già lasciato questa vita. La stessa preghiera rivolgo al Signore per i tanti fratelli e sorelle che non sono più su questa terra ma, ne sono certissimo, anche dal cielo, continuano a pregare per me. Ho cercato di ringraziare tutti e certamente non dimentico di ringraziare, innanzitutto, il Signore.

Vorrei farlo con il cantico di Maria di Nazareth: il Magnificat. E il cantico dei poveri, di coloro che hanno messo in Dio tutta la loro fiducia. In cinquant’anni di sacerdozio la mia fede dovrebbe assomigliare molto a quella dei Santi. Purtroppo non è così. Come Papa Giovanni XXIII (lo confessa egli stesso nel suo diario), una delle mie preghiere giornaliere è questa: “Signore, aiuta la mia poca fede, guarisci la mia incredulità”.

Perché di una verità sono certissimo: la nostra fiducia può essere solo in Dio. Solo in Lui possono sperare i poveri, i piccoli, gli umili, tutti quelli che non sono in grado di vantare tanti appoggi umani. È ciò che afferma e canta anche Maria di Nazareth nel suo Magnificat: “L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva.

D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata […]. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”. Maria sa che a partire dal suo “nulla” Dio ha realizzato un progetto meraviglioso. Anche a me il Signore mi da la gioia di sperimentare che Egli sul mio nulla ha costruito, in questi cinquant’anni, la storia del mio Ministero Sacerdotale e di quello Episcopale: una storia che, malgrado tutte le mie fragilità, è piena delle grandi opere di Dio. Vorrei ringraziare, in questo momento, in modo particolare il Signore per l’esperienza della Visita Pastorale qui all’Aquila.

L’avevo iniziata nel 2001. Il sisma l’ha drammaticamente interrotta. Ho potuto riprenderla nel marzo dell’anno scorso. E oggi si conclude ufficialmente. Ho toccato ancora una volta con mano qual’é la vera Chiesa di Cristo, quella degli umili, dei semplici, dei “poveri” che solo in Dio hanno messo la loro fiducia.

Per questa “sposa bella” rendo lode al Signore e ringrazio i parroci, tutti i sacerdoti e laici della Curia Arcivescovile che hanno curato con amorosa passione anche i dettagli della Visita Pastorale.

Ho ricordato già coloro che mi sono stati vicini, in questi cinquant’anni e ora non sono più accanto a noi su questa terra. Vorrei ricordare, ancora una volta, le 309 vittime del sisma del 6 aprile 2009. Conoscevo molti di questi fratelli e sorelle: sono stati anch’essi parte viva di questi cinquant’anni della mia storia sacerdotale.

Ma mentre prego per loro e per i loro parenti, il pensiero corre alla nostra città e al nostro territorio. Un giorno Gesù, pensando alla sua storia di morte e risurrezione, ha parlato del chicco di grano che muore e produce molto frutto. La morte di Gesù ha prodotto e continua a produrre attraverso i secoli tanti inaspettati frutti di salvezza.

Io vorrei pregare insieme a voi, carissimi fratelli e sorelle, questa sera, perché dall’immane tragedia del 6 aprile 2009 nasca anche per noi e la nostra città e Arcidiocesi, una storia nuova. Una storia di solidarietà, di amore e di speranza che sia promessa feconda per la nostra rinascita più vera.

I miei cinquant’anni di sacerdozio portano ormai, per sempre, le stimmate di questa grande tragedia. Io so che queste stimmate ci rendono tutti misteriosamente partecipi del mistero di Cristo, un mistero di morte e di risurrezione. Che il Signore ci faccia gustare presto a tutti, la gioia del mattino di Pasqua.

Ci faccia toccare con mano che ogni dolore, ogni lacrima, ogni sofferenza sono annuncio e promessa di vita nuova, di una storia nuova. Ci faccia toccare con mano che Egli è sempre in mezzo a noi come l’unico, sommo ed eterno Sacerdote.

E pregate per me, perché possa continuare ad essere umile ma prezioso strumento nelle mani di Cristo Sacerdote. Maria Madre dei Sacerdoti, prega per noi! Maria Salvezza del Popolo Aquilano, prega per noi!''

Giuseppe Molinari Arcivescovo Metropolita dell’Aquila


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