Il Dossier dei Radicali sul post-terremoto aquilano

06 Luglio 2010   13:08  

Pubblichiamo integralmente il Dossier realizzato dai Radicali Italiani presentato in occasione del Comitato nazionale del partito che si è svolto a L'Aquila dal 2 al 4 luglio.


L'Aquila: paradigma dell'assenza di democrazia e diritto

All'Aquila si intrecciano temi come il dissesto idrogeologico e le mancate opere di prevenzione, la questione della legalità che diviene questione di vita o di morte, l'estensione della gestione emergenziale e il suo ruolo nel modificare l'assetto istituzionale, il funzionamento della giustizia, la presenza di forme organizzate di rivolta nonviolenta prive di sbocchi istituzionali e politici, l'assenza dell'opposizione.

Perché il regime delle censura e della disinformazione sta facendo sprofondare L'Aquila nel dimenticatoio

L'ha scritto il sindaco Cialente in una lettera aperta a tutti i mezzi di informazione: "ad oltre 14 mesi dalla tragedia che ha colpito la Città dell'Aquila, la più grave degli ultimi cento anni in Italia, l'attenzione del Paese, attraversato da tanti gravi problemi, sta scemando, nonostante la straordinaria prova di solidarietà che abbiamo ricevuto da tutti gli italiani."

Pochi giorni dopo si teneva la più grande manifestazione popolare dopo il sisma a cui hanno partecipato tutti i sindaci dei comuni colpiti dal terremoto, compresi quelli di centrodestra,e 10.000 persone secondo la Questura, 20.000 secondi i manifestanti, per chiedere la sospensione delle tasse, come avvenuto per i terremoti della Marche e dell'Umbria, il sostegno all'economia e la certezza di fondi, norme e tempi per la ricostruzione della città. Di questa manifestazione, a cui come Radicali Italiani avevamo aderito, non hanno detto nulla TG1, TG2, Tg4, Tg5. Sui grandi giornali solo trafiletti.

Perché solo una minoranza degli sfollati ha usufruito di un alloggio costruito con i fondi per l'emergenza

Su 48.545 persone rimaste senza casa, solo 16.685 sono state alloggiate nelle abitazioni appositamente create dal governo tra il celebre progetto C.A.S.E. e i Moduli abitativi provvisori (casette in legno), mentre 31.860 si trovano in una situazione precaria, tra alberghi (3.949), sistemazione autonoma con contributo statale di circa 300 euro al mese (25.437), affitti calmierati (1.750) o alloggio nelle caserme (724).

Secondo l'Espresso, inoltre, esistono circa 10.000 terremotati invisibili, quelli dei comuni fuori dal cosiddetto "cratere" del sisma, dimenticati persino dalle statistiche della Protezione civile.

Perché per far rinascere la città non basta ricostruire, occorre riconvertire

L'Aquila, trovandosi costretta a ricostruire parte della sua presenza urbanistica, può divenire un laboratorio della riconversione a cui tutte le città del mondo saranno costrette entro pochi decenni, oppure restare ferma per decenni e perdere per sempre quest'opportunità.

Il 25% delle abitazioni del cratere dovranno essere ricostruite o ristrutturate. Ad oggi nulla è previsto dal punto di vista della conversione ecologica.

Gruppi come il Collettivo99, che riunisce urbanisti, ingegneri, economisti, giovani tecnici aquilani, hanno presentato progetti puntuali per questa riconversione basati su risparmio energetico, uso di fonti rinnovabili, basso impatto ambientale, mobilità basata su trasporti pubblici, integrazione città-campagna.

Perché L'Aquila sta per essere stravolta per sempre, in nome dell'emergenza

La costruzione di 20 quartieri residenziali creati dal nulla (impropriamente definite "new town") dove oggi sorgono 4.449 appartamenti del progetto C.A.S.E., costruzioni permanenti dove sono state trasferite circa 15.000 persone, molte delle quali popolavano l'antico centro storico, rischia di rappresentare il nuovo impianto urbanistico della città, pianificato in 3 settimane, realizzato in pochi mesi, destinato a restare per decenni.

A questo si unisce il fatto che l'antica città continua ad essere deserta, l'accesso al Centro storico impedito per ragioni di sicurezza, i lavori impossibilitati dalla presenza di 4 milioni di tonnellate di macerie.

Le nuove case, provviste di bottiglie di spumante nel frigorifero e biglietto di auguri a firma Silvio Berlusconi, sono servite per le inaugurazioni in grande stile di fronte alle telecamere. Quando i riflettori si spegneranno, e una volta spesi gran parte dei fondi destinati alla ricostruzione, che ne sarà della città?

Perché all'Aquila capiscono che dove c'è strage di legalità c'è strage di vite

Il 5 marzo si è svolta a L'Aquila la "Fiaccolata per i morti di illegalità". Organizzata da Antonietta Centofanti, zia di uno dei ragazzi morti sotto le macerie della Casa dello studente e portavoce del Comitato vittime della Casa dello studente, ha visto la partecipazione di una delegazione da Giampilieri, il paese siciliano travolto da una frana a ottobre del 2009, e una da San Giuliano di Puglia, dove nel 2002 27 bambini morirono nel crollo della loro scuola.

Perché occorre un'anagrafe pubblica degli appalti

Per realizzare tutte le opere sono state espletate dalla Protezione civile con procedure di emergenza 446 procedure di gara e sottoscritti 540 contratti con 219 imprese appaltatrici e 1.559 subappaltatrici, per un importo di un miliardo e 107 milioni. La Commissione di garanzia per la verifica dei conti istituita con l'ordinanza del 9 aprile 2009 non si è mai riunita.

Fin dall'inizio il Comitato 3e32 aveva chiesto con un appello la trasparenza totale sull'uso dei fondi.

Perché all'Aquila ci sono esempi di rivolta nonviolenta di massa

La rimozione delle macerie è iniziata solo a seguito della cosiddetta protesta delle carriole, che ha posto il problema violando la zona rossa, rimuovendo con manifestazioni di massa, potenzialmente di disobbedienza civile, le macerie, organizzando addirittura il recupero dei materiali riciclabili.

Perché anche all'Aquila la Curia ottiene i suoi profitti a spese dello Stato

Mentre per realizzare gli appartamenti del progetto C.A.S.E. si è proceduto all'espropriazione di terreni privati attraverso la procedura dell'occupazione d'urgenza, per la costruzione di opere pubbliche su terreni appartenenti alla Curia lo Stato ha provveduto a finanziare i lavori necessari, ma la proprietà dei beni così realizzati sarà della Curia. E' il caso tra gli altri della nuova Casa dello studente, i cui alloggi non saranno più gestiti dall'Azienda per il diritto agli studi, ma dalla Curia, pur essendo stata costruita con soldi pubblici.

Perché L'Aquila è l'ennesimo banco di prova dell'emergenzialismo come nuovo assetto istituzionale permanente

In questi anni la Protezione Civile ha dismesso il suo ruolo originario. Ha tralasciato la previsione e prevenzione degli eventi calamitosi, lo dimostrano le numerose alluvioni e frane anche recenti (Messina, Pisa, Liguria, Ischia). Ha gestito appalti per centinaia di milioni di euro per i grandi eventi (G8 da La Maddalena a L'Aquila, Mondiali di nuoto di Roma, giochi del Mediterraneo di Pescara). Ha permesso a sindaci e presidenti di regione di gestire il territorio con poteri commissariali, sottratti al controllo degli organi elettivi. Ha affrontato con strumenti militari l'emergenza rifiuti in Campania. Ha imposto a L'Aquila una gestione centralizzata e militarizzata dell'emergenza.

In Italia esiste un corpus legislativo parallelo, mai approvato dal Parlamento. Sono 679 le ordinanze di Protezione civile varate dal 2001 al 2009, a firma di Guido Bertolaso: una ogni cinque giorni. Ognuna permette a un commissario straordinario di agire «in deroga alle norme vigenti». Non solo per calamità naturali, ma anche per "grandi eventi", per costruire strade e parcheggi, per edificare quartieri, piscine, inceneritori, discariche. A L'Aquila in questo modo sono stati spesi 1 miliardo e 107 milioni di euro per la ricostruzione.

Il dossier

1. Solo una piccola parte degli sfollati è stata sistemata grazie agli interventi tanto sbandierati dal Governo

Secondo dati del Presidente della Regione Abruzzo, diffusi nella sua qualità di Commissario delegato per la Ricostruzione, su 48.545 persone rimaste senza casa a seguito del terremoto solo nel Comune e nella Provincia dell'Aquila, solo 16.685 sono state alloggiate nelle abitazioni appositamente create dal governo tra il celebre progetto C.A.S.E. e i Moduli abitativi provvisori (casette in legno), mentre 31.860 si trovano in una situazione precaria, tra alberghi (3.949), sistemazione autonoma con contributo statale di circa 200 euro al mese (25.437), affitti calmierati (1.750) o alloggio nelle caserme (724).

2. «Ricostruire non basta, la città va riconvertita»

E' lo slogan del Collettivo 99, una delle tante realtà di cittadinanza attiva che si sono create all'indomani del terremoto. Si tratta di giovani architetti e ingegneri aquilani che stanno tentando di proporre progetti di ricostruzione basati sulla sostenibilità ambientale e sociale, e di trovare una interlocuzione con le istituzioni sulla base di una progettazione partecipata.

«L'obiettivo non può essere la ricostruzione della città dov'era e com'era prima del terremoto. Se L'Aquila, fra dieci-venti anni, ritornasse a essere come era il 5 aprile dell'anno scorso, sarebbe come una sconfitta». Marco Morante ha un obiettivo ambizioso. Aquilano, 35 anni, Morante è architetto di professione. Fa parte del Collettivo 99 - un team di giovani sociologi, urbanisti, antropologi, economisti, nato alla fine dell'aprile 2009 - che ha l'ambizioso progetto di trarre occasione dalla tragedia del terremoto di un anno fa per fare dell'Aquila una sorta di laboratorio del futuro prossimo venturo, trasformandola in una città autosufficiente dal punto di vista energetico ed economico e all'avanguardia in Italia in quella via verde al progresso. (Il Centro, 6 aprile 2010)

Il terremoto, è la tesi di C99, ha solo accelerato una crisi che tutte le città del pianeta si troveranno a fronteggiare nel giro di 10 anni, «il passaggio ragionato e ragionevole dal sistema petrolifero a quello delle energie alternative, dal sistema della produzione globalizzata degli alimenti al ritorno ad uno sfruttamento locale delle risorse alimentari, da una mobilità delle macchine ad una alternativa che si avvalga il più possibile di mezzi pubblici a basso impatto ambientale, da una società esclusivamente urbana ad una mista città-campagna».

Nella visione di questo gruppo «L'Aquila diventerebbe un laboratorio - il più avanzato al mondo - in questo esempio di riconversione (...). Se, invece, ci ritrovassimo, fra vent'anni, con la città com'era e dov'era prima del 6 aprile, saremmo fuori da ogni tipo di competizione sia a livello globale che nazionale».

Fanno notare ad esempio che «La cosiddetta ricostruzione pesante interesserà circa il 25% delle abitazioni del cratere, e riguarderà interventi consistenti sulle strutture e sugli involucri degli stessi edifici. Nell'ordinanza che regola tali interventi di ricostruzione (n.3790 9 luglio 2009) sono ammessi a contributo interventi che migliorino la resistenza sismica degli edifici, tuttavia non vengono mai menzionati gli interventi volti al miglioramento delle loro prestazioni energetiche».

(Due proposte di C99, http://www.collettivo99.org/site/?p=2226)

3. Stravolgere una città

I 4.449 appartamenti del progetto C.A.S.E. (Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili) rappresentano costruzioni permanenti, destinate a restare. Sono state costruite su terreni agricoli, ospitano quasi 15.000 persone, in 20 diversi agglomerati.

«I nuovi alloggi in costruzione - scrive l'urbanista Vezio De Lucia - non bastano (ospiteranno circa 15 mila abitanti, un terzo degli sfollati che stanno negli alberghi sulla costa, in altre sistemazioni precarie, alcuni ancora in tenda) e costano più del doppio delle tradizionali casette provvisorie. Ma qui interessa soprattutto porre in evidenza che l'operazione new town determina lo stravolgimento dell'assetto tradizionale dell'Aquila. Già prima del terremoto la città contava più di 30 frazioni, ma la costellazione urbana era tenuta insieme dalla forza centripeta di un centro storico di grande qualità estetica e funzionale, che agiva come formidabile contrappeso alla dispersione. Nel centro erano concentrate tutte le funzioni pregiate, le istituzioni, circa 800 attività commerciali, lì risiedevano almeno 6 mila studenti. Il terremoto proprio nel centro storico ha prodotto i danni più gravi, determinando il suo totale svuotamento.(...) Tutta l'energia organizzativa e finanziaria è stata concentrata nella realizzazione delle micro new town (una ventina), disseminate in ogni direzione.

(...) La stragrande maggioranza dei cittadini vivrà in una sterminata periferia, senza forma e senza memoria. La città non sarà più la stessa, sarà irresistibile la spinta all'esodo». (Vezio De Lucia, "Falsità mediatiche. L'Aquila non riparte", Valori, 14 novembre 2009)

Un appello firmato da una serie di architetti e urbanisti riuniti del Comitatus Aquilanus mette in guardia su quello che sta accadendo:

«Interventi ispirati esclusivamente ad una logica emergenziale potrebbero invece determinare, specie se fondati sull'obiettivo di assicurare in pochi mesi migliaia di nuovi alloggi durevoli, un assetto urbanistico di pura espansione edilizia, accentuando errori e difetti dell'urbanistica aquilana del dopoguerra».

A questo si accompagna la morte del centro storico, la cui ricostruzione ancora non è iniziata. E rischia di restare bloccata per anni a causa delle macerie non rimosse.

«L'Aquila è una città fantasma», scrive Michele Brambilla su La Stampa, «e il domani chissà quando arriverà. Il centro - che sono 170 ettari, e che di fatto è tutta L'Aquila: il resto sono 63 frazioni sparse qua e là - è morto. Non c'è una sola casa abitata. (...) Quattro milioni di tonnellate di macerie attendono di essere portate via. (...) Anche i negozi e gli uffici sono tutti chiusi. I commercianti hanno affisso agli ingressi maliconici cartelli. (...) Dei tanti ristoranti, nessuno è aperto». (La Stampa, 21 marzo 2010)

Il centro storico è blindato e militarizzato. E, come racconta una professoressa universitaria e attivista del movimento delle carriole sul suo blog:

«Attualmente nessuno sa cosa ne sarà del nostro centro, neanche chi vi abitava ha la possibilità di accedere al progetto, né tanto meno di cominciare i lavori di ristrutturazione delle proprie case. (...)

E sembra addirittura normale che il nostro attuale Commissario (presidente della regione Chiodi) dica in TV che è un segreto (tra l'altro alla presenza del Vice-Commissario che è il Sindaco della città), come se fosse normale che, mutatis mutandis, Firenze avesse un progetto di ricostruzione post-sisma segreto e che conoscono solo pochi, ma non gli abitanti né tanto meno il mondo intero!!!

Si aggiunga a tutto ciò che i proprietari di seconde case all'interno del centro storico, a meno che i suddetti immobili non siano vincolati, non avranno il contributo che copre il 100% dei danni. Se pensate che nei centri storici dei borghi molte delle case sono seconde case, magari di persone che lavorano in altre città e tornano per le feste, e con sacrifici le hanno ristrutturate e rimesse in sesto, potrete capire che prospettive si abbiano riguardo la ricostruzione». ("La mia città (prima puntata)", dal blog Trentotto secondi, 25 aprile 2010, http://giusipitari.blogspot.com/2010/04/la-mia-citta-prima-puntata.html)

Scrive Jolanda Bufalini su l'Unità:

«Un anno è andato perso per il centro storico dell'Aquila. e anche per gli altri piccoli centri, dalla storia millenaria che fanno da corolla al nucleo principale, da Paganica a Tempera, a Camarda, Pile e tanti altri. Solo dalprimo febbraio si è costituita l'unità di missione che dovrebbe guidare la ricostruzione. Costituita però, solo formalmente, perché dovrebbe essere composta di trenta persone e ce ne sono solo otto, compreso l'autista. È ospite degli uffici della Regione Abruzzo a Roma in un paio di stanze e, già gli otto reclutati, ci stanno stretti. Gaetano Fontana, che guida l'unità di missione, ha presentato le linee guida per la ricostruzione, non ancora ufficializzate. Ma obiettano dal collettivo 99, formato da architetti, ingegneri, sociologi antropologi, "non c'è un'idea se non quella di riparare ciò che è andato distrutto, mentre abbiamo bisogno di progetti che facciano tornare a vivere la città"». ("Paradosso l'Aquila: «Puntellati anche edifici che saranno demoliti»", l'Unità, 22 marzo 2010)

Se l'operato del governo desta preoccupazione, occorre vigilare anche su quanto verrà realizzato a livello locale in termini di ricostruzione. Come scrive Marco Eramo:

«Basta guardare le delibere del Consiglio Comunale de L'Aquila del 25 maggio scorso:
  • la n. 58 che di fatto liberalizza l'edificazione di manufatti a fini residenziali (pur con determinate caratteristiche e dimensioni) sulle aree agricole ed anche sulle cosiddette aree a standard (le aree vincolate dal PRG per la realizzazione delle attrezzature pubbliche);

  • la n. 57 che autorizza il trasferimento di attività (commerciali, artigianali, pubblici esercizi etc.) nelle aree pertinenziali di stabilimenti produttivi (che sono aree pubbliche comprese nei vecchi piani per insediamenti produttivi) in aree private con altre destinazioni, come pure in aree agricole». (Marco Eramo, "Campagna 100%: qualche dubbio", Fai notizia, 15 giugno 2009)

4. Dove c'è strage di legalità c'è strage di vite. Ovvero del dissesto idrogeologico.

Il 5 marzo si è svolta a L'Aquila la "Fiaccolata per i morti di illegalità". Organizzata da Antonietta Centofanti, zia di uno dei ragazzi morti sotto le macerie della Casa dello studente, Davide Centofanti, e portavoce del Comitato vittime della Casa dello studente, ha visto la partecipazione di comitati il cui slogan e la cui analisi oserei definire radicali. Esistono "morti di illegalità", e loro li hanno conosciuti, erano i loro cari, e hanno conosciuto anche la cause, l'illegalità, il dissesto idrogeologico.

Alla manifestazioni si sono unite una delegazione da Giampilieri, il paese siciliano travolto da una frana a ottobre del 2009, e una da San Giuliano di Puglia, dove nel 2002 27 bambini morirono nel crollo della loro scuola. (Il Centro, 6 marzo 2010)

Si parla in maniera sempre più insistente di ipotesi di trasferimento in altra sede giudiziaria dei processi riguardanti le cause del terremoto, e si tratta di voci che non riguardano solo il crollo della Casa dello studente ma anche altri processi sempre sui crolli che qualcuno vuole spostare.

«l'unico effetto reale che questi ipotetici trasferimenti dei processi potranno portare è solo quello di un allungamento del procedimenti e un ritardo della conoscenza della verità per sospetti di inquinamento dei giudizi che mi sembrano campati in aria. Se poi dovesse passare quell'istituto giuridico sciagurato che è il processo breve allora avremo anche l'incubo della prescrizione». (Il Centro, 6 aprile 2010)

5. Anagrafe pubblica degli appalti

«Per realizzare tutte le opere sono state espletate 446 procedure di gara e sottoscritti 540 contratti con 219 imprese appaltatrici e 1.559 subappaltatrici, per un importo di un miliardo e 107 milioni. Sono 343 i milioni relativi ai subappalti, ai noli e alle forniture autorizzate. «Nessun rilievo dalla Corte dei conti», ha precisato la Protezione civile». (Il Centro, 10 marzo 2010)

Già a pochi mesi dal sisma, i comitati di cittadini organizzarono un sit-in davanti Montecitorio a cui aderirono anche i radicali. Tra le proposte avanzate questa:

100% TRASPARENZA
Il flusso del denaro sia sempre visibile, tracciabile, chiaro. La provenienza dei finanziamenti, la loro destinazione, i costi della gestione dell'emergenza e della ricostruzione, l'impiego delle donazioni e le spese della Protezione civile siano messi a disposizione dei cittadini, in forma comprensibile, in dettaglio e in tempo reale.
Le decisioni assunte e le loro ragioni siano comunicate con tempestività e trasparenza. I piani e i programmi di intervento, i loro autori, le informazioni e i dati sui quali essi si fondano, siano messi a disposizione dei cittadini per tempo e con chiarezza. Ciascuna istituzione renda noto senza reticenze il ruolo che ha svolto e sta svolgendo, assumendosene la doverosa responsabilità.

Non risulta che nulla di questo sia stato fatto.

Nel frattempo due notizie non proprio rassicuranti:

«La Direzione Distrettuale Antimafia sta passando al setaccio gli appalti, i subappalti e gli affidamenti relativi al Progetto C.A.S.E., l'iniziativa gestita dalla protezione Civile Nazionale che ha portato alla realizzazione di circa 4.500 alloggi antisismici nei quali sono stati ospitati finora circa 15 mila terremotati. Secondo quanto si è appreso da fonti della procura della Repubblica dell'Aquila, dove si è insediato un magistrato della Dia incaricato della attività di prevenzione e repressione delle eventuali infiltrazioni mafiose, il pericolo maggiore deriverebbe da tentativi di 'ndrangheta, mafia e camorra». (6aprile2009.it, 28 aprile 2010)

Per aiutare Guido Bertolaso, agevolandone l'attività con il controllo dei contratti che il dipartimento della Protezione civile avrebbe sottoscritto in tutta fretta per far fronte alla più grave delle emergenze, Silvio Berlusconi rese pubblica l'ordinanza del 9 aprile 2009 in cui, all'articolo 8 comma 3, si istituiva un super comitato per la verifica dei conti. I conti del terremoto dell'Aquila. Una commissione di garanzia snella (solo tre membri) presieduta da un magistrato della Corte dei Conti.

Fu nominato il presidente, il magistrato Salvatore Nottola. Questo è quello che dichiara il 15 febbraio scorso:

«"Nessuno mi richiamò e allora, alla fine di luglio, ritelefonai io. Mi spiegarono ancora che la commissione di garanzia non era un'urgenza. Ne ho preso atto, e ho continuato ad attendere".

Il giudice attende ancora di presiedere la prima riunione. La commissione non si è mai nemmeno costituita». (Antonello Caporale, "L'Aquila, i controllori spariti", Repubblica.it, 15 febbraio 2010)

6. Le carriole e la disobbedienza civile

E' il 10 febbraio 2010 e sulla stampa appaiono le intercettazioni, registrate nell'ambito di un'inchiesta sugli appalti della Protezione civile per il G8 della Maddalena, di due imprenditori, Francesco De Vito Piscicelli e Pierfrancesco Gagliardi:

Gagliardi risponde: «...oh ma alla Ferratella occupati di sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito...non è che c'è un terremoto al giorno».
Piscicelli: «..no...lo so (ride)».
Gagliardi: «...così per dire per carità...poveracci».
Piscicelli: «..va buò ciao».
Gagliardi: «...o no?».
Piscicelli: «...eh certo...io ridevo stamattina alle 3 e mezzo dentro il letto».
Gagliardi: «...io pure...va buò...ciao».

Il 14 febbraio al grido di "Io non ridevo" e "Riprendiamoci la nostra città", vengono forzati i posti di blocco che impediscono l'accesso al Centro storico della città. 300 manifestanti entrano nel centro, ed è l'inizio di una serie di manifestazioni nonviolente che assumeranno ben presto il simbolo delle carriole.

L'11 febbraio su L'Espresso si poteva leggere:

«Secondo l'assessore alle politiche ambientali dell'Aquila Alfredo Moroni, quello delle macerie "è il problema dei problemi". Nonostante un'intesa raggiunta con il comune nei mesi scorsi per risolvere lui la questione, Bertolaso ha passato le consegne lasciando per le vie del centro storico ancora chiuso circa 4 milioni di tonnellate di materiale frutto di crolli e demolizioni. E ora questa enorme massa impedisce la circolazione dei mezzi necessari ad avviare anche la minima riparazione degli immobili danneggiati, come a piazza S. Maria Paganica oppure nella storica via Cascina. La questione non è trascurabile: "Se non liberiamo le strade", spiega Moroni, "non è possibile nemmeno avviare la ricostruzione". Per questo Cialente aveva scritto a Bertolaso sollecitandolo ad allestire i siti necessari allo smaltimento dei rifiuti. Il sindaco aveva addirittura invocato l'impiego del Genio militare. (...) con questo ritmo ci vorranno infatti tre anni per aprire le vie del centro storico ai mezzi necessari alla ricostruzione». (L'Espresso, 11 febbraio 2010, http://espresso.repubblica.it/dettaglio/laquila-aspetta-il-miracolo/2120844)

La rimozione delle macerie è iniziata solo a seguito della cosiddetta protesta delle carriole, che ha posto il problema violando la zona rossa, rimuovendo con manifestazioni di massa, potenzialmente di disobbedienza civile, le macerie, organizzando addirittura il recupero dei materiali riciclabili. Le manifestazioni, che si tengono ogni domenica, vanno avanti ormai da mesi.

In una lettera aperta a Berlusconi, Bertolaso, Prestigiacomo, Chiodi e il Sindaco Cialente i movimento delle carriole scrivono:

«Ce lo dicono i nostri tecnici, ce ne accorgiamo noi mentre lavoriamo: buttiamo poco materiale, gran parte è immediatamente riutilizzabile, un'altra parte è diviso tra plastica, carta e ferro. Lo possono fare i nostri giovani, organizzati in cooperative. State certi che ci impiegheranno meno dei 24 mesi da voi previsti (e le vostre previsioni ...). E lo faranno per bene, con rispetto per quelle pietre. (...)

Pensate che guaio se, carriola dopo carriola, L'Aquila diventasse un esempio di risveglio civile per i cittadini di tutto il Paese!

Aspettando finalmente vostre, andiamo avanti. Siamo quasi a 40 tonnellate».

Quella delle carriole è un'iniziativa al confine della disobbedienza civile, e infatti, con motivazioni ridicole, alcuni sono stati fermati. Il 28 marzo, giorno delle elezioni, le carriole sono state sequestrate in quanto la manifestazione violava le norme che regolano il silenzio elettorale. Cento manifestanti - riusciti ad eludere lo sbarramento e a utilizzare secchi, picconi e alcune carriole per smaltire le macerie di piazza Nove Martiri - alla fine sono stati anch'essi identificati. La replica dei comitati non si è fatta attendere: «Definire la nostra azione di volontariato per lo smaltimento delle macerie una manifestazione politica è illogico e sbagliato - spiega Mattia Lolli, del comitato 3e32- non abbiamo mai sventolato bandiere ma solo lavorato assieme per il bene della nostra città. E nonostante le denunce continueremoa farlo, la vera risposta alla nostra tragedia è la partecipazione».

I 7 deputati radicali hanno depositato un'interrogazione lo scorso 1° aprile dove hanno chiesto di sapere:

«- quali sono le ragioni per le quali le macerie del terremoto de L'Aquila non vengono rimosse;
  • quali sono i motivi per i quali non si permette agli abitanti del centro storico di conoscere lo stato delle attività messe in campo relativamente alle loro abitazioni crollate;

  • per quale motivo viene impedito ai cittadini del centro storico de L'Aquila di manifestare liberamente per denunciare il fatto che da mesi le macerie del terremoto non vengono portate via;

  • per quale motivo la Digos è intervenuta per identificare i manifestanti e ha vietato una Assemblea degli stessi;

-per quale motivo sono state sequestrate le carriole e quale pericolo potevano avere in mano ai manifestanti, tutti cittadini del centro storico de L'Aquila, che hanno vissuto la doppia tragedia della perdita di loro cari oltre che delle loro abitazioni;

  • non ritiene il Governo che il trattamento verso quei cittadini dovrebbe avere un approccio molto più delicato e di attenzione alle loro richieste proprio per la situazione di grave disagio in cui si trovano».

Il terremoto ha suscitato diverse iniziative di cittadinanza attiva. Una particolarmente interessante è quella dei "block notes", cittadini che girano con un taccuino in mano su cui annotare «situazioni di degrado e le tante piccole e grandi cose che proprio non vanno», presa in prestito dalla Francia dove l'iniziativa è stata già sperimentata da un gruppo di donne residenti nella Capitale.

«Dettagli urbani fotografati nei vecchi e nuovi quartieri, che» affermano i promotori dell'iniziativa «rendono ancora più difficile il vivere quotidiano nella città devastata dal sisma».

E segnaleremo in procura i tanti abusi edilizi che stiamo ogni giorno annotando. Casette che spuntano come funghi. Un caos che non aiuta la rinascita della città». (Il Centro, 21 marzo 2010, http://ilcentro.gelocal.it/dettaglio/la-missione-del-popolo-dei-taccuini/1892455)

7. Prendi al pubblico e dai alla Curia

«Il primo dei tre episodi, va in scena il 24 Settembre 2009: alla presenza delle Autorità Locali (Sindaco, Presidente della Provincia dell'Aquila, Prefetto), del Presidente del Senato Renato Schifani, del Sottosegretario Guido Bertolaso, e dell'Arcivescovo Molinari si inaugura il primo villaggio temporaneo per sfollati aquilani con costruzioni in legno. E' il villaggio allestito per i dipendenti della Sanofi-Aventis, a Scoppito. Centododici abitazioni in legno (tra 42 e 62 metri quadri), sei milioni di Euro il suo costo complessivo. Circa 500, le persone che le occupano.

Le case sorgono su terreno della Curia. A distanza di cinque anni, gli accordi prevedono che diventeranno di proprietà della Curia stessa e del Comune di Scoppito, in parti uguali. Da quella data, sarà facoltà dei proprietari esigere un canone per il loro utilizzo. E nel frattempo, un terreno di proprietà privata è stato urbanizzato ed edificato, senza che questo comportasse alcun esproprio.

Episodio seguente, in ordine cronologico, è la costruzione della nuova Casa dello Studente; Inaugurata il 6 Novembre 2009 alla Presenza del Presidente del Consiglio e di Roberto Formigoni; 120 posti letto, anche questa in struttura antisismica. Anche questa, edificata su terreno di proprietà della Curia aquilana. Il terreno è privato, ma la spesa è pubblica: 7 milioni e mezzo di Euro, la cifra stanziata dalla Regione Lombardia per la sua costruzione. Il governatore lombardo era allora (ed è tutt'oggi) Roberto Formigoni, uomo prossimo a Comunione e Liberazione. Secondo il contratto stipulato, nonostante la spesa pubblica cospicua, il terreno (agricolo) resta di proprietà della Curia, che acquisisce la gestione della nuova struttura. E' la Curia stessa a stabilire criteri d'assegnazione degli alloggi, non più la pubblica Azienda per il diritto agli studi (ADSU) e sempre stando agli accordi, allo scadere del 30° anno, ne acquisirà la proprietà.

Terzo, e non meno scandaloso episodio, è quello di Piazza D'Armi. Area verde che nei piani dell'attuale amministrazione comunale, sarebbe dovuta diventare un parco pubblico, con piste ciclabili, specchi d'acqua, e strutture per lo sport. Polmone verde, all'ingresso della città. Su Piazza d'Armi, da tempo immemore si concentrano diversi interessi speculativi. (...)

Il 28 Gennaio 2010, a 4 giorni dalla cessione dei poteri di Commissario per l'Emergenza al Governatore dell'Abruzzo, Guido Bertolaso afferma:

"sono stato più volte accusato di prendere decisioni con scarso senso democratico, e per una volta lo farò davvero. Nelle 72 ore che mi restano, farò in modo che la chiesa di Piazza d'Armi si farà".

E fu detto fatto. Iniziò immediatamente, solo 24 ore più tardi, la gettata di cemento che preludeva alla costruzione della Chiesa-Conventino-Mensa di Piazza d'Armi, anch'essa annoverata tra le strutture provvisoriamente sorte a L'Aquila grazie a fiumi di denaro definitivamente spesi, e che mai più torneranno. Sorge dunque, su terreno di proprietà pubblica, ma è di proprietà privata. (...)

Non è criticabile, l'aver consentito che si costruissero case per gli sfollati (benché solo 500), né che si desse un tetto agli studenti (benché solo 120), ma lo è piuttosto il ricavarne profitto per mezzo di futuri canoni d'affitto, acquisizione di strutture pagate dalla collettività. E lo è ancor di più, il non subire lo stesso danno che cittadini comuni hanno subito immolandosi alla "pubblica utilità". Quella che ha fatto sì che migliaia di metri quadri di terreni fossero espropriati a piccoli proprietari per l'edificazione del Progetto C.A.S.E. perdendone per sempre la proprietà, senza la garanzia di un equo indennizzo». ("Non tutto crolla", 30 aprile 2010, dal blog "Stazione MIR", http://stazionemir.wordpress.com/2010/04/30/non-tutto-crolla/)

«L'Aquila muore se continua ad essere lasciata sola...». Il grido d'allarme (lanciato ieri dalle colonne di Repubblica) del vescovo ausiliare dell'arcidiocesi dell'Aquila, Giovanni D'Ercole, irrompe nel dibattito sulla ricostruzione post-sisma, proprio nella quinta domenica di protesta del popolo della carriole, e a due settimane dall'anniversario della tragedia del 6 aprile. «Le macerie sono ancora a terra - aveva detto il presule nell'intervista - la gente costretta a vivere lontana dalle loro case è giustamente esasperata: non si può far più finta di niente». (...)

A smorzare la polemica è intervenuta la Curia dell'Aquila: «Dispiace - si legge in una nota - che un'intervista rilasciata per mettere in luce l'impegno dei cittadini aquilani, desiderosi di ricostruire la propria città, sia stata presentata come un atto di protesta. Le difficoltà ci sono ma per un pastore quale è monsignor D'Ercole è chiaro come sia prioritario non arrabbiarsi ma promuovere il dialogo e far sì che tutte le forze (cittadini e istituzioni) siano coinvolte per il bene di tutti». (Giuseppe Caporale, "L'Aquila, scontro dopo le accuse del vescovo", la Repubblica, 22 marzo 2010)

8. L'emergenzialismo come metodo di governo

«In Italia esiste un corpus legislativo parallelo. Mai approvato dal Parlamento. Il cui obiettivo è quello di rendere inapplicabili le leggi, per liberare da ogni vincolo l'azione dell'esecutivo. Sono 679 le ordinanze di Protezione civile varate dal 2001 al 2009, a firma di Guido Bertolaso: una ogni cinque giorni. Ognuna permette a un commissario straordinario di agire «in deroga alle norme vigenti». Non solo per calamità naturali, ma anche per "grandi eventi", per costruire strade e parcheggi, per edificare quartieri, piscine, inceneritori, discariche. Queste leggi d'emergenza, finora rimaste ai limiti della legalità e con frequenti "azioni di disturbo" da parte della magistratura, presto potranno entrare a far parte delle leggi ordinarie». Manuele Bonaccorsi, Left, 31 gennaio 2010 (autore di Potere assoluto. La protezione civile al tempo di Bertolaso. Edizioni Alegre, 2009)
«Shock economy è un libro di Naomi Klein uscito nel 2007, che fornisce strumenti molto convincenti per leggere quanto sta accadendo a l'Aquila. La tesi del libro è che esista un "capitalismo dei disastri" che utilizza le teorie sviluppate negli anni '70 sull'elettroshock come strumento per fare tabula rasa delle personalità "disturbate" e costruire su questa tabula rasa personalità "adattate". In analogia con l'elettroshock, il "capitalismo dei disastri" utilizza le situazioni di shock create con le torture o le guerre, come ad esempio in Cile o in Iraq, o determinate da disastri naturali come lo tsunami in Sri Lanka o l'uragano a New Orleans - o il terremoto a l'Aquila - e la tabula rasa (sia materiale che relativa alla incapacità di reazione della popolazione) che producono per realizzare zone franche in cui instaurare un affarismo di pura rapina. La caratteristica di queste zone franche, o "zone rosse", sono la militarizzazione del territorio giustificato dall'emergenza, la gestione attraverso servizi privati remunerati con appalti pubblici, l'azzeramento fin dove possibile dei servizi, delle sicurezze e delle infrastruttture pubbliche, la totale sottrazione delle decisioni e anche della possibilità di agire dalle mani della popolazione locale, che è essa stessa sottoposta a un controllo militare giustificato con l'emergenza, trattata come vittima da "difendere" quando non come criminale (gli "sciacalli" di New Orleans) o come nemico (Iraq)». (Nozioni Comuni, 17 giugno 2009, http://nozionicomuni.blogspot.com/2009/06/laquila-e-la-shock-economy.html)
«Il decreto legge del 30 dicembre 2009 stabilisce la costituzione della Protezione Civile Servizi S.p.A. Si afferma che ciò viene fatto per "garantire un risparmio di tempi e risorse negli interventi del Dipartimento". In verità, si costituisce una società di diritto privato ma a capitale interamente pubblico, che può agire da general contractor, detenere immobili, produrre utili, dirigere lavori: si privatizza, così, la gestione delle emergenze e quella dei grandi eventi. Introducendo gravi elementi di discrezionalità nella gestione di ricchi appalti. Sottraendo al Parlamento, alla rete del volontariato, alle organizzazioni dei lavoratori, agli enti locali il controllo sulle azioni della Protezione Civile. Il soccorso diventa un business direttamente gestito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. (...)

In questi anni la Protezione Civile ha dismesso il suo ruolo originario. Ha tralasciato la previsione e prevenzione degli eventi calamitosi, lo dimostrano le numerose alluvioni e frane di quest'anno (Messina, Pisa, Liguria, Ischia). Ha gestito appalti per centinaia di milioni di euro per i grandi eventi (G8 da La Maddalena a L'Aquila, Mondiali di nuoto di Roma, giochi del Mediterraneo di Pescara). Ha permesso a sindaci e presidenti di regione di gestire il territorio con poteri commissariali, sottratti al controllo degli organi elettivi. Ha affrontato con strumenti militari, e in spregio a tutte le norme riguardanti ambiente e salute, l'emergenza rifiuti in Campania, contribuendo all'avvelenamento del territorio. Ha imposto a L'Aquila una gestione centralizzata e militarizzata dell'emergenza, lasciando, ancora oggi, 9mila sfollati negli alberghi sulla costa e imponendo il Piano C.A.S.E., che produrrà gravi danni all'assetto urbanistico e al tessuto sociale della città. (...) Contemporaneamente, con ordinanza di Protezione Civile, si decide di gestire l'emergenza carceri prevedendo la costruzione di ulteriori 27 strutture detentive sul "modello L'Aquila". (No alla Protezione Civile SpA - L'appello)

APPENDICE: Alcuni dati

Le persone rimaste senza casa sono secondo i dati più aggiornati di fonte governativa 48.545

A tre settimane dal terremoto (6 aprile 2009) il Consiglio dei ministri riunito all'Aquila ha varato il Progetto C.a.s.e. (Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili)

I lavori degli edifici antisismici sono iniziati l'8 giugno 2009 e il 19 febbraio 2010 sono stati consegnati al Comune dell'Aquila gli ultimi alloggi. Sono stati 185 i complessi antisismici realizzati, per un totale di 4.449 appartamenti che ospitano circa 14.595 persone. Il costo del progetto è stato di 792 milioni.

Nei comuni limitrofi sono stati realizzati i Moduli abitativi provvisori (Map): 3.535 che ospitano circa 2.090 persone. Il costo dei Map è stato di 230,6 milioni

Tra persone che percepiscono un contributo (circa 200 euro al mese) di autonoma sistemazione in abitazioni private (25.437), godono del fondo per l'affitto (403), o usufruiscono dell'affitto concordato (1.347), risiedono negli alberghi a spese dello stato (3.949), o si trovano in strutture di permanenza temporanea come le caserme (724) sono 31.860 gli sfollati rimasti fuori dal programma di costruzione di alloggi. Sono per lo più single (tra loro molti gli anziani) e nuclei familiari composti da due persone

Le case realizzate sono state infatti meno delle settemila richieste arrivate dalle famiglie che vivevano in case gravemente danneggiate o collocate in zona rossa. Questa discrepanza, secondo Giustino Masciocco, assessore alle Politiche abitative del comune de L'Aquila, "vanno fatte risalire alle stime sbagliate della Protezione civile sul fabbisogno delle abitazioni da costruire per coloro che avevano visto la propria distrutta dal sisma e nei ritardi con i quali si stanno riparando le case poco danneggiate". Sollevata da un servizio de L'Espresso, questo errore sembra fosse stato fatto presente a Bertolaso dal sindaco de L'Aquila Cialente, che rimase però inascoltato.

Terremotati invisibili sono quelli dei comuni fuori dal cosiddetto "cratere" del sisma dimenticati persino dalle statistiche della Protezione civile. Scrive L'Espresso: «Quanti siano esattamente nessuno lo sa. E già questo la dice lunga sulla delicatezza della questione. Una stima fatta dal consigliere regionale Giuseppe Di Pangrazio, fa ammontare a quasi 10 mila il loro numero. Si tratta di persone di paesi che ricadono dentro le province dell'Aquila, Teramo e Pescara. Solo a Sulmona ce ne sono quasi mille e vivono in albergo o ospiti in abitazioni di amici e parenti. Da questi sfollati "invisibili" si levano proteste per il diverso trattamento rispetto all'Aquila».

Sono stati 73.521 i sopralluoghi effettuati da 5mila tecnici su edifici pubblici e privati

Le strutture totalmente inagibili (E) o inagibili per rischio esterno (F) sono il 32,1% di quelle private, il 21,2% di quelle pubbliche e ben il 53,7% di quelle che rientrano nel patrimonio culturale

Il 32% degli edifici privati controllati ha riportato danni strutturali per cui non risulta più agibile

Il 15,9% delle abitazioni è stata classificata con lettera B o C (parzialmente o temporaneamente inagibili). Queste sono le abitazioni che potranno essere di nuovo abitabili, ma richiedono lavori di ristrutturazione, che dovrebbero essere finanziate al 100% per quanto riguarda le prime case, ma che fino a pochi giorni fa erano bloccati per ritardi burocratici. Il 25 aprile il quotidiano il Centro riporta che «sono circa 7.200, su un totale di 8.895, le pratiche che hanno ottenuto il contributo definitivo per la riparazione degli immobili classificati B e C. Circa 4.000 i cantieri aperti»

Tutti i 17.567 studenti delle scuole del cratere hanno ripreso l'attività nelle 32 scuole realizzate (Musp, moduli uso scolastico provvisorio). Il costo delle nuove scuole è stato di 81 milioni di euro, ai quali si aggiungono i 30,6 milioni spesi per gli interventi su quelle già esistenti e danneggiate (59 in totale).

Anche l'Università ha riattivato i corsi in strutture temporanee, con il numero di iscritti passato dai 23.200 di prima del sisma ai 21.600 dell'anno accademico 2009-2010

La solidarietà ha consentito di accumulare oltre 67 milioni, in parte già spesi

15 mila i lavoratori che usufruiscono della cassa integrazione in deroga

 


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