Il cibo tarocco fa perdere 300mila posti di lavoro

19 Ottobre 2012   18:26  

"Spicy thai pesto' statunitense, 'mortadela' del Brasile, 'chapagetti" della Corea, "mascarpone e ruccola" della Svezia, 'parmesao' del Brasile: la lista dei prodotti tipici italiani contraffatti diventa sempre piu' lunga e costa al nostro sistema produttivo 300mila posti di lavoro. L'analisi l'ha fatta la Coldiretti che sollecita una "seria azione di contrasto a livello nazionale ed internazionale". Al Forum internazionale dell'Agricoltura e dell'Alimentazione, a Villa d'Este di Cernobbio e' stata inaugurata la piu' ampia esposizione di falsi prodotti alimentari Made in Italy, con centinaia di esempi raccolti in tutti i continenti.

"Con il fatturato del falso Made in Italy che solo nell'agroalimentare ha superato i 60 miliardi di euro, la lotta alla contraffazione e alla pirateria rappresentano per le Istituzioni un' area di intervento prioritaria per recuperare risorse economiche utili al Paese e generare occupazione", ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini. "Senza i falsi - ha aggiunto - le nostre esportazioni agroalimentari potrebbero addirittura triplicare". Oltre alle perdite economiche ed occupazionali si somma il danno provocato all'immagine dei prodotti nostrani soprattutto nei mercati emergenti dove spesso il falso e' piu' diffuso del vero e condiziona quindi negativamente le aspettative dei consumatori. Se infatti, secondo un sondaggio Coldiretti/Swg, ben il 45 per cento degli italiani non mangerebbe mai un formaggio Parmesan prodotto in Australia, la situazione e' profondamente diversa all'estero, specie nei Paesi emergenti.

Il cosiddetto "Italian sounding" colpisce i prodotti piu' rappresentativi dell'identita' alimentare nazionale, come e' stato evidenziato dall'esposizione della Coldiretti sui casi piu' eclatanti di pirateria alimentare nei diversi continenti dove sono state scovate delle inquietanti aberrazioni, dal "Parma u'salami" del Messico al "barbera bianco" rumeno, dal "provolone" del Wisconsin, alla strana "pizza polla cipolla Basilicata" prodotta in Olanda. Il comune denominatore degli esempi di imitazione e contraffazione di prodotti agroalimentari italiani e' l'opportunita', per un'azienda all'estero, di ottenere sul proprio mercato di riferimento un vantaggio competitivo associando indebitamente ai propri prodotti l'immagine del Made in Italy apprezzata dai consumatori stranieri, senza alcun legame con il sistema produttivo italiano e facendo concorrenza sleale nei confronti dei produttori nazionali impegnati a garantire standard elevati di qualita'. 
   "Bisogna combattere un inganno globale per i consumatori che - conclude la Coldiretti - causa danni economici e di immagine alla produzione italiana sul piano internazionale cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto per la tutela delle denominazioni dai falsi, ma e' anche necessario fare chiarezza a livello nazionale ed europeo dove occorre estendere a tutti i prodotti l'obbligo di indicare in etichetta l'origine dei prodotti alimentari come previsto dalla legge approvata all'unanimita' dal Parlamento italiano all'inizio della legislatura e rimasta fino ad ora inapplicata".


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore