Il lavoro ti stressa? Occhio: tuo figlio potrebbe diventare cinico

Lo sostiene l’Accademia di Finlandia

21 Gennaio 2010   16:21  

Bei tempi quando dopo una lunga giornata di lavoro si tornava a casa stanchi, distrutti, stressati, pronti a denigrare il capoufficio, i colleghi, il clima, lo Stato o la vita in generale per il semplice gusto di farlo, o più realisticamente per sfogarsi un po’ di fronte al pubblico inerme della famiglia.

Dopo aver scalciato via le scarpe anguste - magari fradice di pioggia- e aver imprecato per benino prima di trovare le agognate pantofole, si sbalanzavano giacca e cravatta il più lontano possibile, saltando con l’eleganza di un felino -o la goffagine di un rinoceronte- sul divano ormai logoro del salotto.

Pregando i presenti di tacere si consegnavano i propri pensieri alla culla anestetica della tv, e artigliando il telecomando ci si lasciava affondare nell’utero cosmico dell’etere, ogni tanto sospirando…maledicendo, digrignando i denti fino a farli scricchiolare, emettendo suoni danteschi e alitando lingue di fuoco su chiunque osasse distoglierci dalla frequenza del lamento e del rimpianto.

Se il quadretto vi sembra familiare e avete messo su famiglia devo avvisarvi: chi vi sta intorno potrebbe prendere alla lettera il vostro disgusto esistenziale e costruire un’immagine del futuro non proprio rosea. Ebbene si.  Sarà meglio esternare altrove le vostre amarezze, pena il possibile disincanto dei figli nei confronti della scuola e del futuro lavorativo che li attende.

LO STUDIO DELL’ACCADEMIA DI FINLANDIA

A sostenerlo uno studio scientifico condotto dall’Accademia di Finlandia. Pubblicata sullo European Journal of Developmental Psychology, la ricerca si basa sulle risposte di 500 giovani intervistati sul proprio andamento scolastico.

Confrontando i pareri da questi forniti in qualità di studenti, con le opinioni delle rispettive famiglie d’origine sulla propria vita lavorativa, si è concluso che genitori e figli sono spesso “nella stessa barca” per quanto riguarda la percezione di temi come futuro, lavoro e carriera.

I dati emersi nel corso dell’indagine hanno infatti confermato l’ipotesi di una forte correlazione tra stress  subito dal genitore al lavoro e sentimenti negativi mostrati dalla prole circa il proprio destino lavorativo. Un disincanto e un cinismo che sembrerebbero danneggiare l’attuale andamento scolastico di tanti giovani, conducendoli ad abbassare i livelli di impegno e motivazione esistenziale, da essi considerati inutili.

Genitori delusi produrrebbero pertanto figli disillusi. Secondo lo studio finlandese è chiaro come chi subisce il logorio di un lavoro stressante e insoddisfacente trasmetta stanchezza, senso di inadeguatezza e depressione alla prole che lo attende a casa.

E se la componente ereditaria circa un eventuale trasmissione della tendenza a scoraggiarsi non si può completamente escludere, è pur vero che l’essere umano è il prodotto del suo ambiente e pertanto altamente influenzabile quando a mostrare sofferenza e distacco cinico è il modello genitoriale. La ricerca ha anche dimostrato come sia il genitore dello stesso sesso a presentare un più alto potere d’influenza sui figli.  

 

IN FINLANDIA LA RECESSIONE...

C’è di più. La problematica registrata dai ricercatori finlandesi sarebbe stata ulteriormente aggravata dall’ultimo periodo di profonda recessione che ha coinvolto il globo. È in base a tale osservazione se le Istituzioni locali si dicono allarmate per il futuro delle nuove generazioni.

 

IN ITALIA  IL BAMBOCCIONE...

In italia le cose stanno diversamente. Non è la recessione, né l’ormai annoso problema della precarietà a sconvolgere le attese dello Stato nei  confronti delle  giovani leve: è il bamboccione. Si proprio lui. Quell’essere sornione, vagamente ritardato, mammone e sessuofobico che si aggira per le case degli italiani, stanziando su poltrone e sofà fino ai trentanni di età: è in lui che risiede la rovina di questo Paese.

Si perché il bamboccione non si accontenta di un lavoro qualsiasi. Presenta in effetti la cattiva abitudine di aspirare ad un lavoro in qualche modo decente e che rispecchi almeno in parte il percorso di studi intrapreso, sudato e pagato. Una pretesa a dir poco folle.

Non solo. Invece di andare a dormire sotto i ponti come ogni vero duro farebbe, il bamboccione nostrano preferisce rimanere a casa con i suoi. Un indicibile gesto da femminuccia. La bambocciona poi ... meglio non parlarne. Invece di imparare per bene l'arte della cucina pretende addirittura di parificarsi all’uomo nei diritti e nei doveri. Ma dico dove siamo? Nel 2010 forse?

Il futuro è arrivato e noi non ci siamo. Non ci siamo per niente.

 

 

 

Giovanna Di Carlo

 

 

 

 


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