Il taglio delle Province e la rivolta dei fieri popoli italici d'Abruzzo

di Filippo Tronca

20 Settembre 2012   11:51  

Anche in Abruzzo impazza in questi giorni il toto-accorpamento, e il pugnace dibattito sul riordino delle province, da molti considerate, almeno così come sono e per quello che fanno, enti poco utili che a mala pena riescono a pagare i propri stipendi e spesa corrente.

Il governo Monti ha soppresso solo le province più piccole e meno popolate. In Abruzzo a saltare sono state quelle di Teramo e Pescara, si sono salvate quelle di Chieti e L’Aquila.

I consigli delle autonomie locali, i CAL, composti dai sindaci e dagli stessi presidenti di provincia, dovranno tracciare i confini delle nuove macroprovince.

Impresa facile come baciarsi un gomito.

Le proposte sul tavolo si moltiplicano e si aggrovigliano.

Un sintetico excursus:  tali e quali restano le Province dell’Aquila e di Chieti, con la creazione di una terza Provincia Pescara-Teramo. Ma anche: due Province, una L’Aquila-Teramo, l’altra Pescara-Chieti. O forse è meglio l'Abruzzo mare e monti: L'Aquila da una parte, Teramo-Chieti-Pescara dall'altra. Anzi, un'unica Provincia regionale, con Pescara capoluogo. E poi le tante possibili variabili: tre province, L'Aquila, Chieti e Teramo, che ingloba l'area vestina di Pescara, più Pescara città metropolitana che ingloba Francavilla. L'Aquila che ingloba Rieti, la Val di Sangro che passa a Chieti, Sumona con Pescara, Teramo un pò qui un pò là. Una, nessuna, centomila province non importa, purchè, per semplificare un pò, si istituiscano gli ambiti e sub- ambiti di L’Aquila, Avezzano, Carsoli, Sulmona, Castel di Sangro, Teramo, Val Vibrata, Chieti-Pescara e Lanciano.

L'accordo resta però lontano.

I presidenti di Provincia del resto sono stati chiamati a recitare l'ingrato ruolo dei capponi che devono decidere se essere sacrificati o meno a Natale.

Le province saranno una, due, massimo tre, ma le quattro città capoluogo sono pronte alla guerra pur di restare tali. E i conti non riportano.

Le vette della metafisica sono state toccate quando il Cal ha affrontato il seguente quesito: ‘poichè ''ex nihilo nihil fit'', è possibile accorpare le province di Teramo e Pescara soppresse e non più nel novero degli enti esistenti?

Dalla filosofia all'archeologia: gli amministratori e intelettuali locali, spesso dipendenti della Provincia, sono giunti persino a riesumare gli antichi popoli italici, a riesumare il caro e incontaminato Abruzzo raccontato da Plinio Il Vecchio, e i nostri rozzi e fieri antenati, che vestivano pelli di orso, armati di scutum, hasta e frombole, devoti a Cerere, a Osiride, alla Dea Madre Anaceta, arroccati sui monti, intorno al fuoco nel loro ridente pagus, signori degli altopiani e delle foreste, e che si dilettavano, ai quei bei tempi che non c'erano i Parchi e il Wwf, ad ammazzare lupi, aquile e cervi. 

A seguire un gustoso florilegio:

''E’ inutile ricordare che fummo noi teramani, di stirpe pretuzia a dare il nome Arputium all’intera Regione in epoca Augustea!''

''E' giunto il momento che i sabini tornino con noi abruzzesi!''; ''Il fiero popolo dei Marsi deve riconquistare la sua autonomia!''

‘La gente frentana sottomessa ai vestini con Pescara capoluogo, giammai!''.

Decine di comuni teramani già si preparano pur di non unirsi a L'Aquila a riabbracciare, coronando un sogno antico di secoli, i fratelli Piceni signori delle terre oltre il fume Tronto.

I peligni sulmontini preparano la secessione che guarda all'oriente. Nel basso vastese e nell'alto Molise si lavora alla storica riunificazione delle antiche e fiere genti sannite. Qualche italico abruzzesi delle terre dell'ovest meditano di tornare con il Lazio, e riabbracciare gli antichi padroni romani, insieme a cui però come rocciosi soldati conquistarono il mondo. 

Si discetta animosamente se l'area di Penne, notoriamente abitata da popoli di stirpe vestina, possa essere o meno oggetto di accorpamento con altri regni limitrofi, di diverso ceppo indo-europeo, e dunque notoriamente con usi e costumi molto diversi e non assimilabili.

Fuori il palazzo aquilano dove il CAL si riunisce, una città deserta e distrutta dal terremoto.

Una regione con 73mila disoccupati, migliaia di cassintegrati in scadenza, il Pil che cala del 2,1%; e la produzione industriale del 3,5%. E dove sempre più giovani precari alla fame, indifferenti alle loro radici sannite, frentane o marrucine, abbandonano le minuscole patrie abruzzesi, in cerca di un futuro dignitoso all’estero.

Filippo Tronca

 

 


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore