"La Cura del Perdono" di Daniel Lumera arriva anche in Abruzzo.

17 Novembre 2016   09:15  

Venerdì 18 novembre alle 18.00 Daniel Lumera sarà il graditissimo ospite di "A Tu Per Tu con L'Autore", lo spazio dedicato agli approfondimenti letterari delle Librerie Coop del centro commerciale Centro d'Abruzzo di San Giovanni Teatino a Chieti.

L'autore dialogherà con i lettori e risponderà alle loro domande.

La Cura del Perdono

Daniel Lumera è l'ambasciatore di una nuova via per la felicità: il perdono.
Imparare a perdonare se stessi e gli altri, è la via per trovare il benessere psicofisico.

Con la sua "International School of Forgiveness" parla nelle università, nelle scuole, nelle carceri, nelle-aziende, e insegna un percorso di consapevolezza che propone un'idea di perdono diversa da quella a cui siamo abituati, capace di donarci forza e serenità.

Daniel Lumera coniuga la sua attività di ricerca accademica e sociale con un profondo e intenso percorso di ricerca personale. È considerato un riferimento internazionale nello studio e nella pratica della meditazione, che ha studiato e approfondito con Anthony Elenjimittan, discepolo diretto di Gandhi, attraverso il quale matura la visione di un'educazione fondata sulla consapevolezza, sull'interculturalità, sulla cooperazione e sulla pace.

I suoi programmi di meditazione sono stati inseriti nelle attività didattiche di diverse Università (tra cui l'Università di Girona, di Siena e di Sassari) oltre che in Master internazionali, postgrado e corsi di specializzazione dedicati alle scienze del benessere e della qualità della vita. Tra il 2011 e il 2014 applica i suoi programmi nell'alta formazione professionale del personale medico e sociosanitario introducendo oltre 3.500 persone alle tematiche e alla pratica della meditazione e dei percorsi di consapevolezza.
Attualmente guida un gruppo di ricerca internazionale che studia i talenti e le abilità che si sviluppano attraverso la meditazione.

Pratica meditazione dall'età di 18 anni seguendo un apprendistato basato sui valori monacali di perseveranza, costanza e pazienza. Per 7 anni vive nello stato di Brahmacharya: dedizione completa alla pratica, controllo del pensiero, della parola, dell'azione, dei sensi e castità. La sua attività di ricerca non si limita alle filosofie indovediche ma si estende al recupero dei valori delle culture ancestrali attraverso il ruolo di responsabile dell'area cultura e sviluppo in UNESCO Club per la Protezione del Patrimonio Immateriale: approfondisce principalmente la cultura
afro-brasiliana e quella latinoamericana (tolteca). Nel 2012 organizza "Unity in Diversity International: Dialogue on the universal values of the World Ancestral Cultures of the planet" riunendo i rappresentanti di 20 culture ancestrali in Spagna (Barcellona) per studiare l'applicazione dei valori ancestrali nel processo di trasformazione sociale.

Nel 2009 sviluppa una particolare linea di ricerca (I 4 Talenti) che trasmette i valori e l'esperienza della meditazione e dell'educazione alla consapevolezza nell'alta formazione professionale del personale medico e sanitario. La applica negli ospedali (occupandosi di tematiche legate a "Elaborazione di lutto, dolore e sofferenza" e "Gestione dello stress e delle relazioni tra medico e paziente" formando migliaia di professionisti), nelle Università, nelle imprese, nelle scuole e nelle carceri.
Questo lavoro di ricerca gli ha permesso di contestualizzare i benefici della meditazione nelle scienze della qualità della vita e del benessere personale, relazionale e professionale, dando vita al modello Life Design.

Nel 2013 è l'unico ricercatore italiano selezionato per pubblicare nel Report Mondiale sull'Educazione Superiore della Global University Network for Innovation dell'UNESCO.

Attualmente è il direttore della Fondazione MyLifeDesign e presidente della International School of Forgiveness (I.S.F.), una scuola di formazione interamente dedicata alla divulgazione di una nuova idea ed esperienza di perdono, inteso in senso laico e universale, per la trasformazione degli individui, delle relazioni, della società e per la risoluzione dei conflitti tra stati, popoli, etnie e religioni. È considerato uno dei massimi esperti del tema perdono, che studia e approfondisce dal 2005 attraverso un approccio multidisciplinare.

ESTRATTO

La potenza del pensiero muta il destino. L'uomo semina un pensiero e raccoglie un'azione; semina un'azione e raccoglie un'abitudine; semina un'abitudine e raccoglie un carattere; semina un carattere e raccoglie un destino. L'uomo costruisce il suo avvenire con il proprio pensare e agire. Egli può cambiarlo, perché ne è il vero padrone.

Se avete attraversato territori rocciosi aspri e impervi, avrete certamente notato che, anche nel suolo più duro e improbabile, i semi germogliano e portano la vita. Così è il perdono: i suoi meccanismi sono invisibili e imperscrutabili per chi non sa spingersi oltre le apparenze. I semi sono l'origine, la prima parte di questo libro.

Piantare semi significa predisporsi a coltivare la fiducia nel miracolo della vita. Innaffiarli equivale a nutrire la speranza nella vita fino a farla diventare una certezza.

Promesse e nuvole

«Vuoi che ti perdoni?»
«Sì.»
«Allora prometti.»
«Vuoi che prometta che non lo farò più?»
«No, voglio che tu mi faccia tre solenni promesse.»
«Così mi spaventi. Devo dire sì a scatola chiusa, senza sapere di cosa si tratta?»
«Sì. Questa è la condizione affinché la nostra relazione vada avanti. Accetti?»
«Sì.»
«Prometti di assumerti la totale responsabilità della tua vita?»
«Prometto.»
«Prometti di essere disponibile al cambiamento che verrà, di qualsiasi cambiamento si tratti?»
«Prometto.»
«Prometti di avere il coraggio di osare, scegliendo di vivere la vita che tu senti giusta per te e non quella che gli altri sentono giusta per te?»
«Prometto.»
«Se verrai meno a queste tre promesse, tradirai un patto non con me ma con te stesso.»

Vanno e vengono molte persone nella vita di ognuno di noi, e per qualcuna di loro non potremo fare assolutamente niente. Con alcune l'incontro sarà breve, mentre con altre trascorreremo il resto dell'esistenza. In ogni caso, dovremo ricordare sempre che il nostro destino non ha bisogno della loro approvazione per essere compiuto.

Sono come nuvole: possiamo guardarle passare, assumere infinite forme, allontanarsi e poi svanire all'orizzonte. In questo scorrere ciò che resta di ogni incontro è un dono, che a volte cambia le loro vite e la nostra.

Perdonare è, nel suo significato essenziale, il puro atto del donare. Per donare. Senza ulteriori fini, senza nessuna logica di opportunità o convenienza o altro desiderio che non sia la liberazione che il donare in questo modo genera.

Quando chiedo a qualcuno perché vuole perdonare o essere perdonato, le risposte sono più o meno sempre le stesse: per smettere di soffrire, per levarsi un peso dal cuore, per recuperare una relazione, per liberarsi dal senso di colpa, per essere più buono e giusto, per guarire. Rarissimi i casi in cui la risposta semplicemente è: perdonare.

Perdonare non presuppone l'esistenza di una colpa, non è necessariamente legato alla sofferenza, non equivale a dimenticare o a rimuovere, non è un atto di superiorità intellettuale e non può essere incluso nella lista delle buone azioni dettate dalla morale religiosa o dal senso civico. Errore, vittima, colpevole, giudizio, riparazione, pentimento: chi associa il perdono a questi concetti e lo riconduce a degli stereotipi non ne coglie il vero significato.

Perdonare non rimanda necessariamente a qualcosa di condannabile. Spogliamolo di tutte queste implicazioni in modo da coglierne il valore essenziale, efficace e rivoluzionario, che conduce all'esperienza dell'unità: essere una cosa sola con la vita.

Se una persona vuole sinceramente comprendere cosa sia il perdono, innanzitutto deve dimenticare ciò che sa, pensa, suppone o gli è stato detto e insegnato al riguardo. Deve partire da zero. La mente deve essere sgombra da pregiudizi, dogmi religiosi o dottrine filosofiche: come un foglio bianco sul quale scrivere la più bella storia della propria vita.

Quando ho intrapreso il mio personale percorso nel mondo del perdono, ne ho trovato traccia in culture primitive: tra gli indios brasiliani, nelle Hawaii, sulle Ande, nella filosofia indovedica, nel giudaismo e nel cristianesimo. Ho sperimentato il perdono attraverso pratiche di quattromila anni fa e riscoperto ciò che si è perduto. L'arte del donare è antica quanto il mondo e si è modellata in mille forme, conservandone intimamente il valore originale ed essenziale, come un fiume sotterraneo che scava il suo passaggio nella roccia, ma alla fine emerge e sfocia inesorabilmente in mare.

Comprendere il perdono significa comprendere la vita poiché la vita è un dono e viene data per dono.

È possibile credere che questa concezione del perdono conosca un'ampia diffusione in tempi brevi? Oppure per ora è destinata a pochi cuori? È una sfida che vale la pena affrontare.

Il perdono mi ha insegnato che siamo condannati alla felicità. Dobbiamo solo smettere di resisterle. Non è difficile cogliere e sperimentare gli effetti del perdono sulla salute, il benessere, la qualità della vita, le relazioni e l'evoluzione individuale e collettiva.

La capacità di saper donare inizia dal coraggio di fare tre promesse:

Prometto di assumermi la totale responsabilità della mia vita

La parola «responsabilità» richiama solitamente una sensazione di gravità, di serietà e di ponderosità.

Quando ho chiesto a Matteo, un bambino di sette anni, cosa suscitasse in lui questa parola mi ha risposto: «È qualcosa che ci fa preoccupare. Lo so perché il papà dice che è la persona più responsabile della famiglia, ed è sempre preoccupato».

In inglese il termine è responsibility. Se ci soffermiamo sul suo significato, scopriamo che è una sintesi di ability to respond, cioè la capacità di dare una risposta. Innanzitutto a se stessi. E per dare una risposta a noi stessi dobbiamo far emergere dal nostro profondo le domande e i bisogni interiori più autentici. Perciò prometto di essere responsabile.

Prometto di essere disponibile al cambiamento

In qualsiasi forma si presenti, prometto di accoglierlo. Ogni volta che ci si aggrappa alle esperienze, dolorose o piacevoli, si finisce per soffrire. Così come un grande amore rischia di diventare possesso, un grande dolore senza liberazione causerà ancora più sofferenza.

Essere disponibili al cambiamento significa non avvinghiarsi alle cose, alle persone e alle situazioni, e accogliere positivamente le trasformazioni che nella vita bisogna affrontare.

Prometto di avere il coraggio di osare, scegliendo di vivere la vita che io sento giusta per me e non quella che gli altri sentono giusta per me

Perdonare è imparare ad ascoltare la voce de! nostro spirito e avere il coraggio di seguirla indipendentemente da ciò che le persone pensano, credono o vogliono per noi. Senza paura di deludere, di essere giudicati o di fallire.

Osare significa riconoscere i propri talenti ed essere capaci di esprimerli e realizzarli.


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