La Solenne Processione del Cristo Morto 2014

Il ricordo ed il saluto di Mons. Vincenzo D'Ercole

18 Aprile 2014   21:26  

Venerdì Santo 2009.  Risale a qualche giorno dal terremoto il mio primo contatto con gli aquilani, abbracciati alle bare delle vittime del sisma, nel piazzale della Scuola della Guardia di Finanza a Coppito. Mai potrò dimenticare quelle immagini che hanno fatto il giro del mondo:la Messa celebrata il Venerdì Santo con uno speciale permesso papale, lo strazio delle lacrime dei familiari e parenti, il silenzio commosso della gente, lo schieramento delle autorità, l’emozione generale. Quella mattina mi dissi che dovevo fare qualcosa per questa città ferita, ma non potevo immaginare che Iddio potesse prendermi così sul serio da ritrovarmi sette mesi dopo, esattamente il 20 dicembre, come vescovo ausiliare accanto a Mons. Giuseppe Molinari al quale va ora il mio primo e grato affettuoso saluto. Venerdì Santo 2014, questa sera, ancora una volta in un Venerdì Santo mi congedo da voi, fratelli e amici aquilani, con l’animo volto in primo luogo proprioa loro, alle 309 vittime del terremoto e a tanti altri che ci hanno lasciato in questi cinque anni. Il loro ricordo non può e non deve spegnersi. E non solo nel cuore dei familiari e parenti che ancora una volta abbraccio, come ho cercato di fare ogni 6 del mese celebrando la Santa Messa per i loro cari defunti. Il ricordo delle vittime del sisma deve restare nel pensiero di tutti, memoria e richiamo al senso della vita e a una fraternità più sentita.

     In questo clima di emozione spirituale, creato dalla suggestiva processione del Cristo morto con le note del Miserere di Selecchy, saluto il Sindaco e tutte le Autorità civili e militari presenti nella nostra città, le forze dell’ordine e gli amministratori di ogni livello con i rappresentanti delle istituzioni, i volontari e i comitati di cittadini, un tempo fervidi e ricchi d’iniziativa. Abbraccio la gente, tutta la gente aquilana cui mi sento ormai legato per sempre. Ieri, nel corso della Messa Crismale del Giovedì Santo, ho preso congedo dall’Arcivescovo e dai miei fratelli sacerdoti. Questa sera è alla comunità civile, a voi, aquilane e aquilani, che rivolgo il mio fraterno saluto, esprimendo a tutti e a ognuno il grazie più sincero per il tempo trascorso qui, con voi.


Video streaming by Ustream

     Mentre vi abbraccio, avverto il bisogno di condividere ad alta vocequalche breve riflessione, che da tempo vado ruminando.Dopo gli anni faticosi dell’immediato post-sisma, che mi ha fatto ammirare la dedizione dell’Arcivescovo Molinari miracolosamente scampato alla morte, con l’arrivo dell’Arcivescovo Giuseppe Petrocchi si è aperta una nuova pagina di storia nei rapporti tra la Chiesa e la società, in un clima – spero - di maggiore reciproca fiducia.Sin dall’arrivo del nuovo Arcivescovo noi due vescovi abbiamo abitato la stessa casa e condiviso fraternamente tutto, diventando esempio di quella fraternità che parla da sé. E sono convinto che la Diocesi e la città hanno bisogno di esempi di fraterna collaborazione. E’ necessario riscoprire la gioia di lavorare insieme, superando visioni personali che spesso creano ambiti di conflitto spesso inutili e sempre nocivi. Vivendo insieme abbiamo testimoniato che pur nella diversità(e siamo molto diversi l’uno dall’altro) è possibile costruirequalcosa di bello e di arricchente. Possa questo diventare uno stimolo e un incoraggiamento a scrivere una nuova pagina di storia aquilana. Credetemi: il segreto della ricostruzionedella città, umana e sociale prima che materiale,passa attraverso il superamento delle contrapposizioni, esige l’intesa fra tutte le parti coinvolte, presuppone la capacità di rendere le differenze complementari in un progetto di città condiviso nel dialogo e nel superamento degli interessi individualistici, particolari, di partito o di gruppo e fazioni. Partendo per Ascoli, nutro nell’animo il sogno di un’Aquila che stupisca l’Italia per la sua conversione all’intesa, alla collaborazione; un‘Aquila che vola con le tutte le sue ali rappresentate dalla diversità dei borghi e dei gruppi sociali che la compongono, in una sinergia d’intenti e di sforzi fra società civile e comunità cristiana. Un’Aquila dove ogni cittadino si senta corresponsabile e protagonista della sua rinascita non solo materiale, ma culturale e spirituale.

     A proposito di collaborazione, non posso non pensare ai giovani e ai ragazzi, sui quali ho cercato di attirare l’attenzione della pubblica opinione in più di qualche occasione. Ma ora non voglio parlare ancora una volta di loro; voglio parlare a loro, alla gioventù aquilana che non è il futuro, ma il presente di questa Città. Vi prego, ragazzi e ragazze aquilani, non assistete passivamente a quanto accade, o peggio non distraetevi perché quel che succede non vi interessa. Esigete di essere protagonisti della ricostruzione; fatevi sentire con forza nelle sedi dove si decide il destino della città, il vostro avvenire, cercate di condizionare le istituzioni con le vostre proposte. Siate propositivi su vasta scala; combattete uniti, quando necessario, per ricostruire l’Aquila come voi la volete, perché la città, ora ancora martoriata dai segni del sisma, è vostra. Voi siete il suo presente per costruirne il futuro. Ripeto, il vostro futuro. So che l’Arcivescovo Petrocchi conta molto su di voi e vi sta incontrando in città e in varie località della diocesi. Non è forse un segno di questa premura paterna anche l’aver scelto ieri di lavare i piedi, nel corso della celebrazione del Giovedì Santo, proprio a 12 di voi? Prendendo in prestito parole a papa Francesco, vi ripeto: Giovani non fatevi rubare la speranza!

     Permettete ora, amici aquilani – e qui parlo veramente al vostro cuore – che rievocando la mia assurda vicenda giudiziaria che ha lasciato in me strascichi indelebili – io accenni con delicato rispetto a un problema che non è solo aquilano, ma molto più vasto. Se è vero che la giustizia deve fare il suo corso, è altrettanto vero che non è giusto vedere una personasbattuta come un mostro in prima pagina appena riceve un avviso di garanzia, che peraltro dovrebbe essere a sua tutela. Spesso quest’essere umano, che potrebbe essere ciascuno di noi, è ucciso moralmente e materialmente. Morto vivo.L’indagato non è un condannato. Solo chi passa per questo calvario può dirvi che cosa si provi. In Italia, e anche purtroppo in questa nostra città non solo io, ma altri hanno vissuto e forse vivonoquesta stessa passione. Vorrei manifestare loro piena solidarietà. E’ triste vedersi condannati prima ancora che il processo inizi, mentre, dopo lunghi anni di vicende processuali,si è spessissimoassolti.  Troppo tardi, però, perché l’assoluzione non sarà più una notizia, e comunque non servirà più a riparare il torto arrecato.Attenzione, non sto qui ad accusare i media, che tra l’altro apprezzo e ringrazio per il lavoro che svolgono spesso con grande fatica dibattendosi tra il diritto di cronaca e la salvaguardia della privacy delle persone. Non è – lo ripeto - un problema solo aquilano.  Desidero soltanto lanciare da questa Basilica dedicata a san Bernardino, difensore della dignità della gente e specialmente dei poveri,un grido ai responsabili dando voce a chi non ha voce.

     Quando invece parlo della stampa, voglio dire a voi, amici dei media locali, che voi potete e dovete giocare un ruolo importante per offrire all’Italia e al mondo,dell’Aquilanon l’immagine d’un luogo dove tutto va in frantumi, come spesso ormai purtroppo succede, ma il volto di una comunità viva, dove esistono difficoltà ma non mancano risorse positive straordinarie. C’è bisogno di speranza e i media possono essere suscitatori di fiducia e moltiplicatori di solidarietà. Grazie, amici della stampa, delle televisioni e internet, per quello che già fate. Grazie ancor più se aiuterete questa città a diventare la casa della verità raccontata con amore, archiviando polemiche talora inutili e sempre controproducenti.

     “In manustuas”, sono le ultime parole di Gesù sulla croce: un gesto di fiducia di chi si abbandona totalmente nelle mani del Padre celeste. Nella nostra vita di credenti, ancor più nei momenti difficili, c’è bisogno di questa fiducia, che va oltre il possibile. C’è bisogno di Dio per capire che senso ha la nostra vita di uomini. “In manustuas”, è il motto che io ho scelto per il mio ministero di vescovo. Davanti a voi tutti, e per voi tutti, mi permetto rinnovare quest’abbandono totale nelle braccia di Dio. Pregate per me, e aiutatemi ad essere sempre fedele alla mia missione, pronto a lasciarmi afferrare senza resistenze dalle mani di tutti. Sì, proprio di tutti.  La Diocesi di Ascoli mi attende, ma voi, aquilani, resterete nel mio cuore. A ciascuno di voi, con un abbraccio commosso, ripeto grazie per il vostro affetto e, con cristiana fede, dalprofondo del cuore auguro a ciascuno degli aquilani una santa Pasqua di resurrezione.  Buona Pasqua!


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore