La Uil: ''Chiodi non esulti per i dati Istat, in Abruzzo ci sono più di 58mila disoccupati''

02 Settembre 2013   11:13  

Il presidente di Regione Gianni Chiodi aveva commentato positivamente i dati Istat sull'occupazione in quanto, aveva sottolineato, in Abruzzo, in controtendenza nazionale, la disoccupazione nel secondo trimestre di quest'anno scende di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso (10,7 contro 10,9).

Una lettura che non convince affatto la Uil, in quanto la riduzione dei disoccupati di 4mila unità non  dipende dal fatto che  costoro abbiano trovato un posto di lavoro. Inoltre il dato sull'oppuzaione è gnfiato dai cassintegrati.

A seguire un comunicato stampa replica quanto segue: 

''A seguire sette buone ragioni per cui è sbagliato minimizzare la portata dei dati Istat sull’occupazione

1. Andare per alcuni aspetti meglio della media nazionale non significa essere in salute, visto che il dato nazionale è che abbiamo superato i 3 milioni di disoccupati e abbiamo perso più di ½ milione di posti di lavoro in 1 anno.

2. Essere per molti versi la prima regione del Mezzogiorno non consola, visto che il Mezzogiorno non sta convergendo verso il Centro-Nord, ma accentuando la divergenza: siamo in testa a un gruppo che precipita.

3. Il fortino dei 500.000 occupati, assediato nei 4 e più anni di crisi, ha subito una prima grave frana, perdendo 22.000 occupati (da 507.000 a 485.000). È persino più grave dei 25.000 posti di lavoro persi nel 2009, perché il dato occupazionale del 2008 rappresentava un picco anomalo di occupati, mentre oggi si incide la carne viva dell’occupazione strutturale abruzzese.

4. I circa 500.000 occupati abruzzesi, oggi 485.000, erano già stati indeboliti qualitativamente, prima di subire la perdita quantitativa: il rapporto tra assunzioni precarie e stabili è diventato di 80 a 20 (era 60-40 prima della crisi). Più precari, e più facili da licenziare.

5. La piccola discesa nel numero dei disoccupati (da 62.000 a 58.000) non deve far dimenticare che con la crisi, i disoccupati sono aumentati da oltre 30.000 a oltre 60.000, per cui il lieve aggiustamento al ribasso non cancella una crescita impetuosa del numero delle persone in cerca di lavoro.

6. Bisogna inoltre capire che questi 4.000 disoccupati in meno non sono più nei ranghi dei disoccupati non perché abbiamo trovato lavoro, ma perché hanno smesso di cercarlo: si veda la discesa del tasso di attività e del tasso di occupazione.

7. Come abbiamo tante volte invitato a fare, i dati su occupati e disoccupati vanno letti anche tenendo presenti altri aspetti, come la cassa integrazione, indicativi della reale portata del disagio occupazionale. La mancata copertura della cassa in deroga e i ritardi pesanti nella sua erogazione l’hanno svuotata, non certo in direzione del lavoro.

Abbellire i dati non serve a migliorali.

È necessaria consapevolezza della situazione reale, e capacità di intervento.

Il governo nazionale non sta affrontando il problema numero 1: l’eccesso di tassazione sul lavoro e sui lavoratori.

Ha inoltre sbagliato ad azzoppare la cassa in deroga, senza mettere in campo alcuno strumento alternativo. Il governo regionale, con il venire meno dello strumento assistenziale della cassa in deroga, si conferma privo di politiche attive del lavoro (incontro di domanda e offerta di lavoro).

Visto il valore, confermato, del settore industriale nella nostra regione, anche dal punto di vista occupazionale, è urgente varare una politica industriale regionale, a partire da vertenze come Honda, Micron, Kimberly, ATR;

spendere meglio i fondi europei e nazionali (il 6, finalmente è stata convocata una riunione con le parti sociali sul pacchetto regionale degli investimenti pubblici);

rendere strutturale la politica di riduzione/modulazione dell’Irpef regionale.''

 


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