Lavoratori uccisi sul lavoro il 9 aprile: "Politica, sindacati e associazioni responsabili"

11 Aprile 2013   09:08  

Pubblichiamo l'amara riflessione della scrittrice aquilana Samanta Di Persio.

''Il 9 aprile cinque lavoratori hanno perso la vita: a Bologna un uomo di 51 anni e’ morto schiacciato dal suo mezzo, un carro attrezzi, durante le operazioni di rimozione di un’auto in sosta vietata.

Dai primi accertamenti sembra che il veicolo, fermo su una rampa molto ripida, si sia spostato all’indietro travolgendo l’autista sceso per un controllo.

A Como non ce l’ha fatta Romeo D’Ettore, 57 anni, lunedì, mentre scaricava un autotreno, un rotolo di rete metallica lo ha travolto e ieri è deceduto.

A Palermo un operaio di 41 anni, Giovanni Mannino, stava lavorando nel cantiere per la realizzazione della linea tranviaria in via Leonardo da Vinci è morto dopo essere stato travolto da un camion che faceva retromarcia. Valtina, Alto Adige, un boscaiolo è stato travolto e ucciso da un albero.

A Canosa Sannita un pensionato di 71 anni stava guidando una pala meccanica tipo caterpillar per sistemare il suo terreno, per cause ancora da accertare, si è ribaltato in un dirupo rimanendo schiacciato sotto il mezzo.

Dall’inizio dell’anno sono morti più di 100 lavoratori, nel 2012, secondo l’Osservatorio indipendente di Bologna, sono morti 1180 lavoratori e contemporaneamente sono stati persi più di un milione di posti di lavoro.

Nonostante la chiusura delle aziende, il numero di uomini e donne, che perdono la vita sul lavoro, è altissimo. Gli incidenti mortali che avvengono in agricoltura, per il ribaltamento del mezzo, potrebbero essere evitati ad esempio intervenendo sul rafforzamento della cabina.

Le statistiche dimostrano che nelle aziende dove è presente il sindacato e, almeno un rappresentante per la sicurezza dei lavoratori, gli incidenti sono minimi o non si verificano affatto.

La crisi non può essere l’alibi per tagliare la sicurezza, anzi, in questi momenti difficili si deve tenere alta l’attenzione perché i diritti alla vita e alla salute nei luoghi di lavoro, vengono prima di ogni altra cosa. La classe politica, i sindacati e le associazioni di categoria hanno precise responsabilità sulla scomparsa del diritto al lavoro. Una volta si lavorava per vivere, ora per salvare la propria pelle.

Riporto uno stralcio della testimonianza tratta dal libro Morti Bianche, Milena Ben ha perso suo figlio sul lavoro il 18 maggio del 1995: “La disperazione è indescrivibile, non si può perdere un figlio per il lavoro. Non si metabolizza mai la perdita di un figlio, forse può diventare meno pesante, ma non sempre (purtroppo).

Dicono che con il tempo si potrebbe anche accettare, del resto non rimane nulla da fare. Se potessimo far resuscitare i morti, in tanti ci proveremmo. La morte tragica di un figlio, con il passare del tempo fa solo sentire che hai perso per sempre la persona più cara che avevi, ti fa sentire impotente, sola in mezzo a tanta gente.''

 


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