Le verità nascoste: riflessioni sul Forum OCSE e sulla ricostruzione dell'Aquila

05 Marzo 2013   09:58  

Una riflessione di Marco Morante, dottore di ricerca in architettura ed urbanistica e co-fondatore nel 2009 di Collettivo99, sul forum Ocse che si svolto a L'Aquila il primo marzo.

Le verità nascoste

Il rapporto presentato dall’OCSE venerdì 1 marzo 2013 è il coronamento di un percorso lungo su L’Aquila intersecatosi con altri importanti percorsi (su tutti quello del Ministero per la Coesione Territoriale di Fabrizio Barca), iniziato quasi nell’immediato dopo-sisma, formalizzatosi in uno studio commissionato dai sindacati CGIL-CISL-UIL e concretizzato in una raccolta di raccomandazioni rivolte al futuro: L’azione delle politiche a seguito di disastri naturali – aiutare le regioni a sviluppare resilienza.

Una rapporto ed un convegno di presentazione con luci ed ombre.

Da membro di uno dei comitati cittadini (il Collettivo99, quello della riconversione oltre la ricostruzione) coinvolti fin dall’estate 2009 ai tavoli OCSE-Ministero del Tesoro proprio per interessamento del futuro Ministro Barca, sarei fortemente tentato di vedere nel concretizzarsi di questa sorta di manuale di resilienza solo luci, pur con la solita gastrite da “noi l’avevamo detto, se solo ci avessero ascoltato” con cui forse non riuscirò mai a far pace.

Luci che venerdì mi sono parse forti ed inequivocabili dopo la chiusura dei lavori da parte dell’ancora Ministro Barca, per la sua capacità di incoraggiare al futuro, nonostante tutto; per la validità del suo metodo che ho imparato ad apprezzare in questi anni; per tutto quello che ha fatto sì che si producesse a supporto di una consapevole rinascita dell’Aquila (seppur, anche lui, talvolta inascoltato) come a mio giudizio il rapporto Calafati sta a dimostrare per tutti.

Il documento OCSE è un gran bel lavoro, sì, che riorganizza ed aggiorna il know-how in caso di disastri come quello dell’Aquila, utile però solo a chi vorrà davvero avvalersene.

Perché la perversa ricostruzione aquilana non è dovuta ad assenza di argomenti (ce n’erano, circolavano anche in forma di proposte e proprio noi di Collettivo99 – con altri – abbiamo fatto in modo che arrivassero a chi doveva decidere) ma di mancata volontà ad attrezzarsi degli strumenti giusti, a partire da un masterplan condiviso.

Il fatto che sia il Sindaco Cialente che il Presidente Chiodi, nei rispettivi interventi, abbiano fatto riferimento all’assenza di un pensiero di lungo termine per L’Aquila senza però predisporsi a fare nulla in tal senso è la prova tangibile di una indolenza politica quantomeno sospetta.

Il fatto, inoltre, che a Christchurch (Nuova Zelanda) abbiano redatto un masterplan condiviso già in dicembre 2011, a soli 10 mesi dalla prima scossa distruttiva, con contenuti almeno pari alla somma di quelli proposti dai comitati cittadini aquilani e di quelli raccomandati nel documento OCSE in questione sta a dirla tutta sulla indolenza di un intero sistema Paese che a L’Aquila ha trovato terreno fertile per scivolare verso il suo peggio, anziché appigliarsi ad un possibile riscatto.

In buona sostanza a L’Aquila manca la piattaforma verso cui portare a coerenza tutte le decisioni.

Il Ministro Barca ha evidentemente ragione nel dire che occorre procedere con scelte pubbliche: “sì/no, sì/no, sì/no e poi le cose succedono”. Ma verso dove?

Da tecnico coinvolto giornalmente nei processi della ricostruzione aquilana, inoltre, le rassicurazioni sull’avvio al 21 marzo prossimo della ricostruzione, quella vera e continua, non riescono davvero a convincermi nonostante la credibilità e la positività che riconosco a questo Ministro.

Sono due i fattori principali che minano questo ennesimo proclama di avvio della ricostruzione: inaffidabilità del finanziamento diretto; incertezza su tempi, modi e priorità nell’esame delle pratiche.

E se consideriamo che il discorso di chiusura del Ministro è stato incentrato sul rapporto certezze Stato-fiducia Cittadinanza e sul grande lavoro svolto ed in atto proprio per tutelare questo rapporto, è facile comprendere la centralità di quanto vado a precisare

In merito all’inaffidabilità del finanziamento diretto, questioni riguardanti la valutazione del debito nazionale notate dagli organi europei di controllo hanno indotto proprio il Ministro Barca ad abolire la forma di finanziamento agevolato delle pratiche private di ricostruzione: l’unica forma che fino ad ora si era dimostrata capace di dare certezze ai proprietari terremotati, ma soprattutto a tecnici ed imprese, su cui si coagula il grosso del problema.

Il finanziamento diretto è stato fino ad ora fonte di ritardi notevoli che si protraggono a tutt’oggi, anche a distanza di 3 anni dall’esecuzione dei lavori. Ciò, per quelle imprese che proprio per questo motivo non siano già fallite, può produrre due diverse incognite, più o meno probabili al variare del contesto locale di riferimento:

- lavori non retribuiti in tempi ragionevoli;

- inesistenza di un sistema di pagamento delle pratiche trasparente, prioritario per ordine di arrivo ed a copertura effettiva di cassa.

Queste incognite scoraggiano e penalizzano maggiormente le piccole e medie imprese locali, proprio quelle delle famiglie terremotate; si fa fatica a trovare imprese interessate all’esecuzione di determinate tipologie di lavori; ove non si riscontrino di questi problemi, si ha comunque di fronte l’incognita dei SAL non saldati con il rischio di interruzione dei lavori; i Presidenti dei Consorzi sono portati a porre quale requisito di scelta delle imprese la disponibilità a lavorare illimitatamente in caso di ritardi di pagamento dei SAL, con conseguente propensione al lavoro nero ed al mancato rispetto della perfetta regola d’arte di esecuzione dei lavori dalle imprese che vengono a trovarsi in assenza di liquidità; ecc.

Problemi di tutti i giorni, generati da procedimenti fallaci della pubblica amministrazione, con imprenditori e relative famiglie che anticipano e rischiano oltremodo per lo Stato insolvente.

In merito all’incertezza sull’esame delle pratiche, la pur meritoria selezione di 300 figure appositamente destinate a tempo indeterminato e la redazione di una diversa modalità di calcolo dei costi di ricostruzione degli immobili privati (scheda parametrica), quali ennesimi cambiamenti in corsa, stanno di fatto generando ulteriori ritardi ed incertezze.

Ed in questo – come ravvisava lo stesso Ministro Barca nella sua relazione – gioca un ruolo fortemente deleterio l’errata o mancata comunicazione.

Se i rumors che giungono sulle risorse disponibili dagli uffici comunali fanno temere per un 2013 pressoché di blocco, non è diversa la sensazione che si riceve da questo momento di vuoto istruttorio: non si ha più il riferimento dei tecnici precedenti e non vi è alcuna interfaccia con quelle che saranno le nuove strutture, nei Comuni come all’ex-Genio Civile, proprio mentre si avvicina la buona stagione nella quale è indispensabile concentrare gli sforzi lavorativi in cantieri di montagna come i nostri.

Non che la situazione precedente fosse idilliaca, con pratiche in giacenza ben oltre i limiti normati e, anche qui, l’impossibilità di verificarne lo stato di esame per ordine di arrivo.

Il Ministro Barca parlava, sul finire della sua relazione, della felice constatazione che qualcosa sia evidentemente cambiato nell’anno che ci separa dal primo convegno OCSE del marzo 2012, nel quale forti erano state le manifestazioni di dissenso.

Io sono stato e continuo ad essere tra quelli maggiormente portati a dargli credito, ripeto, condividendone il metodo di lavoro che poi è l’unica cosa che possa rimanere mentre le persone cambiano, ma temo che questa volta non ci sia stato dissenso soprattutto perché morto per sfinimento e rassegnazione.

Personalmente ho lasciato che il buon lavoro OCSE e le conclusioni ottimistiche mi tranquillizzassero, ma qui siamo neanche all’inizio e ci sono delle verità che non possiamo nasconderci.

I metodi di lavoro, per quanto buoni, nulla possono senza la loro applicazione pervasiva e durevole da parte di tutti gli attori coinvolti (alcuni, se non molti, colpevolmente indolenti e principalmente occupati a contrastare o ingraziarsi il potente di turno).

L’unica soluzione plausibile, tanto più alla luce dei risultati delle ultime elezioni, è fare in modo che la Cittadinanza stessa funga da garante dell’attuazione del processo di ricostruzione dotandola degli strumenti di controllo: terremotato per terremotato, cantiere per cantiere, euro per euro. Il Ministro dell’OpenCoesione sa come si fa

(dal blog convercity.wordpress.com) 

 


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