Lettera di un'aquilana agli assunti del Concorsone che già vogliono andare via

10 Dicembre 2013   16:54  

La bellssima lettera di una dipendente pubblica aquilana agli assunti del Concorsone, a tempo indetermianto che vogliono andare via da L'aquila, alla faccia della mission per cui sono stati assunti, ovvero la ricostruzione post-sismica. 

''Ho capito che avrei voluto vivere a L'Aquila dai tempi del Liceo e, pazientemente, ho aspettato l'Università per trasferirmi in quella che ho sempre pensato fosse una bella e sonnolenta città, ricca di storia e a mia misura.

La città dove era nato mio padre. Era il 1994 quando arrivai.

Qui ho studiato, amato, comprato una casetta, trovato il lavoro e pure tanti amici. Era innaturale per me abbandonare L'Aquila solo perché, oggettivamente, dopo il 2009 era diventato difficile viverci.

Io sono aquilana tanto quanto non mi sono mai sentita pescarese. Sono tornata al mio lavoro, come tantissimi miei colleghi, ad una settimana dal terremoto. Ho vissuto in una vecchia roulotte fino all'assegnazione della C.A.S.E., ho lavorato due anni in una caserma, gomito a gomito con la frustrazione, lo sbandamento, lo sconforto, la rabbia. Sentimenti che, tutti i giorni, vedevo negli occhi dei miei concittadini, ma che erano uguali ai miei e a quelli dei miei colleghi.

In quella enorme palestra che era la Direzione di Comando e Controllo in quei mesi c'era un'intera città.

Divise blu, divise rosse, divise mimetiche, istituzioni, cittadini, anche animali (anche loro persi, come noi).

E poi scosse, continue, raggelanti. Abbiamo tentato di dare risposte alla gente anche quando non eravamo pronti. Non ero pronta a guardare e toccare il dolore inestinguibile di un lutto. L'ho fatto.

Abbiamo passato la vigilia di Natale a lavorare per le assegnazioni dei primi MAP. Ho cenato con i residenti della Caserma e la Protezione Civile, mentre mio padre mi aspettava fuori per riportarmi a Pescara e passare almeno la mezzanotte a casa.

La maggior parte dei dipendenti del Comune dell'Aquila ha subito ed elaborato il proprio terremoto, ma anche quello degli altri.

Ha vissuto gli infiniti traslochi anche sul lavoro, ha trasportato faldoni e ingoiato polvere, recuperato e pulito i vecchi mobili delle sedi originarie, diviso i computer e le scrivanie (quando c'erano), lavorato senza orari per assolvere al compito che nessuno si aspetta: fronteggiare i danni di un terremoto.

Tutto questo l'abbiamo fatto senza mai lamentarci o pensare 'non mi compete' o 'non è scritto nel contratto', e non solo perché fosse inevitabile. Avevo ed ho un contratto a tempo determinato ed è giusto, perché il mio è un incarico politico.

Incarico che spero di aver onorato, con una presenza costante e a volte volontaria, ovunque servisse, dalla firma contratti e consegna delle chiavi dei M.A.P. alle notti in sala operativa della Prefettura durante la grande nevicata. Scrivo spesso del mio lavoro con ironia anche per aiutarmi a sublimare la fatica e il senso di frustrazione di chi lavora in emergenza.

Poi è arrivata l'occasione del concorso Formez. L'ultimo per i prossimi dieci anni, si diceva.

Servivano nuove unità lavorative per fronteggiare la ricostruzione di un territorio così vasto, era giusto esperire una procedura concorsuale. Ho sempre pensato che chi ha vinto quel concorso sia stato bravo.

Di certo più di me che non l'ho passato. Non ho pensato per un solo istante che chi lo avesse vinto senza essere aquilano ci avesse 'fregato il posto'. Fino ad oggi. Oggi sono arrabbiata, delusa. Mi sento tradita.

Il concorso Formez è stato bandito per reperire risorse umane da destinare alle aree colpite dal terremoto. Chi ha partecipato e superato quelle selezioni sapeva dove e perché veniva a lavorare. Sono zone terremotate quelle che hanno bisogno di loro, la nostra è una città in ginocchio che chiede soprattutto senso di responsabilità.

Leggere, come ho letto, che è in via di preparazione una nota a firma dei 'dipendenti Ripam del Comune dell'Aquila' che chiede al Governo di cambiare la prescrizione dei cinque anni a decorrere dalla data di assunzione per tutti i nulla osta/autorizzazioni relativi a mobilità - distacco - comando verso le Pubbliche Amministrazioni diverse dal Comune dell'Aquila e dai Comuni del Cratere è un atto di sciacallaggio tanto quanto quello di chi pensa che il terremoto sia stato l'occasione della vita.

Ho letto, con doloroso stupore, anche il passaggio che riguarda la lamentela di mancato riconoscimento di progressioni verticali in un Ente dove alcuni dipendenti storici non godono una progressione orizzontale da dodici anni.

Colleghi, chiedete questo, ma siete stati assunti da soli sette mesi.

Avete appena completato il periodo dei regolamentari sei mesi di 'prova' e vorreste già ritornare nelle vostre città d'origine: ma siete pubblici ufficiali chiamati ad un incarico delicatissimo.

Non deludete chi sta investendo su di voi.

La vostra vita è qui solo per almeno altri cinque anni.

Non è una condanna in via definitiva ed è stata una vostra libera scelta.

Oggi mi rendo conto che sono una donna più forte di quattro anni fa, ma anche, purtroppo, più disincantata. Rivorrei indietro anche io la mia città, cari colleghi, almeno per le feste di Natale. Ma non c'è più. E dovremmo ricostruirla insieme. Pensateci.''

 


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