Il prossimo 9
luglio si apre presso il Tribunale di Pescara il processo per uno dei
più grandi scandali ambientali europei degli ultimi anni, quello del
sito chimico di Bussi con le sue mega-discariche abusive, scoperto dal
Corpo Forestale di Pescara guidato da Guido Conti e dalla Procura di
Pescara nel 2007.
Con l'udienza preliminare si avvia il percorso
per fare luce sulle responsabilità penali per un disastro ambientale
senza pari nel continente, per discariche industriali abusive di
500.000 tonnellate, per l'inquinamento della falda acquifera più
importante dell'Appennino e per la contaminazione con solventi dei
pozzi S. Angelo destinati all'acqua potabile. Questi ultimi hanno
dato acqua a tutta la Val Pescara con 500000 persone che, ignari fino
all'ultimo, hanno bevuto acqua proveniente da pozzi inquinati da
tetracloruro di carbonio, tetracloroetilene e tricloroetilene.
Con
la prima udienza i giudici dovranno valutare se e per quali reati
rinviare a giudizio alcune decine di persone coinvolte, secondo la
Procura, in un vero e proprio disastro ambientale con costi di
centinaia di milioni di euro per la bonifica a cui ora deve far
fronte il Commissario Straordinario nominato dal Governo per il
disinquinamento di quello che è diventato subito uni dei Siti di
Bonifica Nazionali, al pari di Marghera e Priolo.
Ecco i risultati delle analisi sulle acque di falda a Bussi su alcuni degli inquinanti cancerogeni e tossici trovati, così come riportato nella richiesta di rinvio a giudizio:
Cloroformio:
fino a 3.220.000 volte i limiti di legge
Tetracloroetano: fino a
420.000 volte i limiti di legge
Clorometano: fino a 11.067 volte i
limiti di legge
1,1 Dicloroetilene: fino a 24.000 volte i limiti
di legge
1,1,2 tricloroetano: fino a 24.500 volte i limiti di
legge
Cloruro di Vinile: fino a 1.960 volte i limiti di
legge
Mercurio: fino a 1.240 volte i limiti di
legge
Tricloroetilene: fino a 7.867 volte i limiti di legge
Dichiara
Dante Caserta, consigliere nazionale del WWF “Siamo parte lesa nel
processo perchè è proprio grazie all'azione dell'associazione che
due anni fa è emerso l'aspetto forse più inquietante della vicenda,
quello della contaminazione dei pozzi S. Angelo, posti a valle del
sito chimico di Bussi e che oggi sono chiusi definitivamente. Lo
stesso Istituto Superiore di Sanità ha accolto in pieno le nostre
argomentazioni dichiarando quell'acqua “non idonea al consumo
umano”. L'associazione ha fatto scoprire un altro aspetto
gravissimo, che va al di là dei rilievi penali: gli enti pubblici
erano a conoscenza della gravissima situazione di inquinamento di
Bussi e della stessa contaminazione dei pozzi fin dal 2004 e non
hanno avvisato la popolazione né risolto il problema. Da questa
storia, purtroppo, non è scaturita alcuna riforma della pubblica
amministrazione abruzzese. Gli organi preposti alla sorveglianza e al
controllo sembrano spesso inermi nell'affrontare i casi di
inquinamento dell'acqua, dell'aria e del suolo; il coinvolgimento dei
cittadini nella gestione di un Bene Comune come l'acqua è
praticamente nullo così come il livello di trasparenza è rimasto
quello di prima. Noi che abbiamo sollevato la questione dell'impatto
di questo disastro sulla popolazione non sappiamo che fine abbia
fatto l'analisi epidemiologica che abbiamo chiesto insieme con lo
stesso consiglio regionale e diversi comuni. Avevamo chiesto un
coinvolgimento e finora abbiamo partecipato ad una sola riunione
dove, invece dei dati utili a capire, è emersa tutta la fragilità
del sistema di sorveglianza sanitaria. Il processo deve dare
giustizia per quanto è già accaduto; noi speriamo che serva anche
per evitare il ripetersi di episodi del genere”.