Morire di lavoro, succede anche questo nell'Abruzzo della crisi economica

Dati allarmanti soprattutto dalla provincia di Chieti

25 Settembre 2013   08:40  

Non si parla quasi mai di sicurezza sul lavoro, o meglio, il tema torna al centro dell’attenzione quando ci sono infortuni mortali.

Secondo l’osservatorio indipendente di Bologna, l’Abruzzo finora conta 16 morti sul lavoro, la maglia nera spetta alla città di Chieti con 10 incidenti, la maggior parte avvenuti nell’agricoltura per ribaltamento del trattore.

Non si fa altro che parlare di crisi, al prezzo che dovranno pagare gli italiani, ma in molti stanno cercando di stringere i denti e di improvvisarsi nel lavoro dei campi, nelle ristrutturazioni e così in un Paese che ha poca propensione alla prevenzione degli infortuni, arrivano ad oltre 800 i morti sul lavoro.

La sicurezza rappresenta sempre un costo, mai un investimento, nel caso dei mezzi agricoli basterebbe una cabina per salvare una vita, invece si continua perfino a semplificare la normativa. Ci sono stati giorni in cui hanno perso la vita sette, otto persone e tutto nel silenzio più assoluto.

L’Aquila è testimone di diverse tragedie sul lavoro nei cantieri della ricostruzione: il primo maggio dell’anno scorso, un operaio rumeno, Vasil Copil, 51 anni, stava eseguendo lavori in un’abitazione danneggiata dal terremoto a Rocca di Cambio.

Vasile Gradinaru, 43 anni, è morto un mese dopo a Montereale, anche lui stava eseguendo lavori di riparazione di una casa danneggiata dal sisma, è stato investito da una ruspa guidata da un collega.

Qualche mese fa a Poggio Picenze un operaio è stato colpito da un masso che si è staccato da un’abitazione ed ha riportato lesioni al braccio.

Oggi L’Aquila è il cantiere più grande d’Europa e i tecnici della Asl, che si occupano dei controlli sui luoghi di lavoro, sono sott’organico, bisogna considerare che lo scenario in cui si lavora è cambiato rispetto al periodo ante terremoto, lavorare nei centri storici, significa avere spazi ridotti a disposizione per le manovre, nel caso di Montereale, l’uomo non aveva vie di fuga.

Gli enti locali e/o chi si occupa di approvare i progetti per la ricostruzione potrebbero chiedere ai loro tecnici di fare sopralluoghi per capire quali siano i mezzi d’opera idonei per l’esecuzione dei lavori. Inoltre ci sarebbe bisogno di un monitoraggio, con l’aiuto delle forze di polizia, nei cantieri, affinché vengano chiusi quelli che risultano irregolari (con particolare attenzione alle ditte subappaltatrici).

Sono piccoli gesti che possono salvare la vita delle persone.

Non è accettabile morire sul lavoro per ricostruire città, paesi, borghi, che probabilmente sono crollati a causa dall’incuria dell’uomo.

Samanta Di Persio


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