Non c’è più lavoro, la disperazione di due generazioni

Quando si cerca un impiego si sfogliano le pagine degli annunci, a L’Aquila su Periscopio veniva dedicata sempre poco più di una colonna e le figure richieste erano: badanti, aiuto cuoco e/o cameriere, inserimento dati, ma la settimana scorsa c’erano solo tre offerte di lavoro.

E poi ci sono le richieste di lavoro, quattro colonne, che spesso mostrano l’angoscia e il bisogno dei cittadini. Laureati che si accontentano di fare lavori non attinenti al percorso di studi o con mansioni inferiori: “Cuoca diplomata disponibile come aiuto cucina”, “Ingegnere ambientale triennale, cerco lavoro, part time, anche se non riguardi propriamente la mia laurea”.

Over quaranta alla disperata ricerca: “Cuoco con esperienza 35 anni in ristoranti, alberghi e stagionali cerca lavoro”. Sono tantissime le richieste delle rumene per l’assistenza di anziani e le pulizie. Alcuni esplicitano che non vogliono nemmeno un contratto, altri sono disposti ad esser sfruttati gratuitamente: “Ragazzo intenzionato ad imparare la professione di pizzaiolo, lavora gratis” in barba a qualsiasi contratto di apprendistato che gli garantirebbe ciò che desidera.

Una donna di cinquant’anni si rende disponibile anche per un giorno. Molti uomini si offrono come manovali, falegnami, piastrellisti a dimostrazione che la ricostruzione non ha portato lavoro, anzi, non aver “protetto” le imprese locali ha creato disoccupazione: molti artigiani hanno dovuto chiudere.

Qualcun altro si offre per svuotare cantine, stalle, pagliai, case E gratuitamente, forse cercherà di arrotondare con quanto sgomberato.

C’è anche chi cerca di accattivarsi le simpatie dei lettori: “Sono il factotum della città: taglio l’erba, poto le siepi, pulisco giardini, svuoto cantine, imbianco gli interni, svolgo commissioni di fiducia, eseguo traslochi e spostamenti col cassonato, in Italia o all’estero”.

Non è la disperazione di una città, ma di un Paese.

Samanta Di Persio