Nozze Gay, i Sindaci che le Hanno Trascritte Bocciati dal Consiglio di Stato. Sfuma un Sogno

28 Ottobre 2015   05:59  

ROMA - Il matrimonio è tale solo tra persone di sesso diverso, altrimenti si tratta di un atto «inesistente». Lo stabilisce il Consiglio di Stato che ha ribaltato la decisione del Tar annullando il registro del Comune di Roma per la trascrizione delle nozze gay celebrate all'estero.

La sentenza indica «la diversità di sesso dei nubendi quale prima condizione di validità e di efficacia del matrimonio», «in coerenza con la concezione del matrimonio afferente alla millenaria tradizione giuridica e culturale dell'istituto, oltre che all'ordine naturale costantemente inteso e tradotto nel diritto positivo come legittimante la sola unione coniugale tra un uomo e una donna».

Quindi, secondo i giudici del Consiglio di Stato, l'atto matrimoniale all'estero tra due persone dello stesso sesso «risulta sprovvisto di un elemento essenziale (nella specie la diversità di sesso dei nubendi) ai fini della sua idoneità a produrre effetti giuridici nel nostro ordinamento». L'atto appare, più che nullo, «inesistente», visto che manca «di un elemento essenziale della sua stessa giuridica esistenza».

E dunque «il matrimonio omosessuale deve intendersi incapace, nel vigente sistema di regole, di costituire tra le parti lo status giuridico proprio delle persone coniugate proprio in quanto privo dell'indefettibile condizione della diversità di sesso dei nubendi, che il nostro ordinamento configura quale connotazione ontologica essenziale dell'atto di matrimonio».

La sentenza interviene poi anche su un altro aspetto e cioè sulla legittimità della decisione del prefetto di Roma (all'epoca Giuseppe Pecoraro, ndr) di annullare le trascrizioni delle unioni omosessuali all'estero disposte dal sindaco Ignazio Marino. Il Tar aveva negato al prefetto questo potere, «reputando la relativa potestà riservata in via esclusiva al giudice ordinario».

Il Consiglio di Stato ribalta la decisione sottolineando il «potere di annullamento gerarchico d'ufficio da parte del prefetto degli atti illegittimi adottati dal sindaco, nella qualità di ufficiale di governo, senza il quale, peraltro, il loro scopo evidente, agevolmente identificabile nell'attribuzione al prefetto di tutti i poteri idonei ad assicurare la corretta gestione della funzione in questione, resterebbe vanificato». Infatti, argomentano i giudici, «se si negasse al prefetto la potestà in questione, la sua posizione di sovraordinazione rispetto al sindaco (allorchè agisce come ufficiale di governo), in quanto chiaramente funzionale a garantire l'osservanza delle direttive impartite dal ministro dell'interno ai sindaci e, in definitiva, ad impedire disfunzioni o irregolarità nell'amministrazione dei registri di stato civile, rimarrebbe inammissibilmente sprovvista di contenuti adeguati al raggiungimento di quel fine».

La sentenza infine osserva che «il dibattito politico e culturale in corso in Italia sulle forme e sulle modalità del riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali sconsiglia all'interprete qualsiasi forzatura (sempre indebita, ma in questo contesto ancor meno opportuna) nella lettura della normativa di riferimento che, allo stato, esclude, con formulazioni chiare e univoche, qualsivoglia omologazione tra le unioni eterosessuali e quelle omosessuali».

IL GIUDICE SI DIFENDE: "HO APPLICATO LA LEGGE" Non ci sta a passare per il giudice anti-gay e pasdaran della famiglia tradizionale. Ma, soprattutto, tiene a sottolineare che le sue convinzioni personali «non hanno avuto alcuna influenza» sulla sentenza che ha contribuito a scrivere. Carlo Deodato, estensore del provvedimento del Consiglio di Stato che ha bocciato le trascrizioni dei matrimoni omosessuali celebrati all'estero, invita a «leggere la sentenza» e rivendica di aver «soltanto applicato la legge».

Deodato - 48 anni, già capo del Dipartimento affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi, ai tempi di Enrico Letta premier, in precedenza anche capo di Gabinetto del ministero della Pubblica amministrazione - è finito nel mirino delle associazioni gay, che hanno scovato una serie di 'indizi compromettenti' sul suo profilo twitter. Innanzitutto, nell'account il giudice si definisce «giurista, cattolico, sposato e padre di due figli. Uomo libero e osservatore indipendente di politica, giurisdizione, costumi, societa'». Quel 'cattolico' ha fatto subito scattare l'allarme tra i circoli pro-nozze omosessuali. Sotto accusa sono poi finiti i retweet di alcuni messaggi delle 'sentinelle in piedi' e contro il gender a scuola.

Il magistrato, al telefono con l'ANSA, sulle prime non intende replicare, spiegando che «un giudice parla con le sentenze». Poi, però, conscio del polverone mediatico sollevato, ci tiene a difendere con tutte le forze il suo operato e la sua imparzialità. Giudice cattolico e anti-gay?. «Ho solo applicato la legge in modo a-ideologico e rigoroso, lasciando fuori le convinzioni personali che non hanno avuto alcuna influenza», ribatte con decisione.

Peraltro, aggiunge «la sentenza è collegiale (oltre a quella dell'estensore, porta la firma del presidente e di altri tre consiglieri, ndr.), invece vedo che attaccano solo me. Noi - sottolinea - abbiamo ritenuto che tecnicamente la trascrizione delle nozze gay celebrate all'estero fosse illegittima e che il prefetto di Roma avesse il dovere di annullarle. Tutto il resto sono illazioni che non mi interessano. Io faccio il giudice dal 1992 in scienza e coscienza. La decisione presa è quella più coerente con l'ordinamento giuridico italiano. La sentenza è da giudicare sul piano tecnico e giuridico ed invito chi mi critica a leggerla».

Infine, il profilo twitter: l'ultimo cinguettio è del 15 maggio scorso: «Senza elite non si governa», il link ad un articolo da lui scritto sul Foglio in cui critica la «classe politica governante (composta, per la prima volta, da pochissime persone)», che ha «manifestato chiaramente l'intendimento di trascurare la tradizionale collaborazione dell'élite amministrativa e di preferire un'assunzione diretta ed esclusiva delle responsabilità decisionali». Poi solo qualche isolato retweet, l'ultimo lo scorso 10 giugno. «Non uso mai twitter, avevo aperto il profilo tempo fa e - sostiene - mi ero anche dimenticato di averlo. Non lo consulto mai».


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