Omicidio Fadani, condanna in Appello per Levakovic e Spinelli

12 Giugno 2012   09:58  

Danilo Levakovic e Sante Spinelli sono colpevoli. Secondo la Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila il delitto di Emanuele Fadani, anche se materialmente commesso da Elvis Levakovic, trova la responsabilità morale anche dei due zingari che erano con lui la notte tra il 10 e l'11 novembre 2009 ad Alba Adriatica. I tre rom sono stati condannati per concorso in omicidio prerintenzionale, perché - si legge nelle motivazioni della sentenza - avevano un movente comune, ovvero rivalersi per essersi visti rifiutare una dose di cocaina. Ma soprattutto perché Emanuele fu colpito ancora una volta, quando era a terra agonizzante.

I tre, però, non volevano uccidere: la punizione esemplare era il loro obiettivo. In quasi 40 pagine i giudici della corte popolare, presieduta da Fabrizia Francabandera e dal consigliere relatore Luigi Catelli, indicano perché Danilo Levakovic e Sante Spinelli, assolti in primo grado, devono scontare anche loro dieci anni di reclusione.

Fadani, piccolo imprenditore 39enne di Alba, fu ucciso con un pugno al volto dopo una discussione con i tre per una dose di cocaina rifiutata quando si trovava in compagnia del suo amico Graziano Guercioni, colpito e ferito con un pugno prima di lui.

La reiterata richiesta di sostanza stupefacente - scrivono i giudici - prima all'interno del locale, poi all'esterno è stato il motivo scatenante dell'azione aggressiva successiva. Gli zingari hanno mostrato sintonia d'azione e di interessi delinquenziali. La caratteristica che mette insieme il concorso morale dei tre, oltre al colpo sferrato da uno solo di loro è l'agire congiunto. Per i giudici del secondo grado, il pugno sferrato a Guercioni da Danilo poco prima ha influito sul piano dell'oggettiva agevolazione della condotta materiale. Equivale, cioé, ad aver tirato quel pugno fatale. A differenza della sentenza di primo grado viene quindi riconosciuto sia il sostegno al presunto pestaggio della vittima a terra, sia l'esistenza di un altro colpo inferto su Fadani a terra.

I giudici lo collocano tra il pugno mortale e la morte di Fadani, quando questi era steso, agonizzante sull'asfalto della via. Aveva provocato una ferita escoriata alla regione frontale sinistra, che il consulente tecnico dell'accusa non ha ritenuto da correlarsi né alla caduta a terra della vittima e nemmeno a manipolazioni intervenute durante i soccorsi prestatigli.

"La natura contusiva della ferita lascia pochi dubbi - dicono i giudici della Corte d'assise d'appello - sul fatto che la stessa é stata causata da un ulteriore colpo inferto alla vittima: pur non essendovi indicazioni ricostruttive in ordine alla paternità dello stesso, è assai verosimile che esso sia stato inflitto proprio nel momento in cui la vittima si trovava a terra circondata dagli imputati".


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