Operazione della Forestale in Abruzzo sul traffico dei rifiuti, agli arresti 4 persone

20 Ottobre 2016   09:31  

Quaranta uomini del Corpo forestale dello Stato dei Comandi provinciali di Chieti e Pescara, coordinati dalla Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia - di L'Aquila, stanno eseguendo una vasta operazione, per compiere quattro arresti, il sequestro di un impianto di depurazione e di ingenti somme di denaro.

I reati per i quali si procede, nell'ambito dell'operazione denominata "Panta Rei", sono traffico illecito di rifiuti, inquinamento ambientale, truffa ai danni dello Stato ed abuso d'ufficio.

Stando alle indagini della forestale lo smaltimento illecito ha provocato un notevole inquinamento del suolo, con sostanze altamente nocive, nella zona di Salvaiezzi di Chieti Scalo.

L'impianto di depurazione sorge a ridosso del fiume Pescara, a poca distanza dell'area inquinata.

I particolari forniti nella conferenza stampa  nel Tribunale di L'Aquila alla presenza del sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia (Dna) Antonio Laudati, del procuratore capo facente funzioni di L'Aquila Stefano Gallo, dei sostituti procuratori presso la Dda di L'Aquila, Antonietta Picardi e David Mancini, del comandante regionale del Cfs Abruzzo, Ciro Lungo e dei Comandanti provinciali della forestale di Chieti e Pescara, Livia Mattei e Giancarlo D'Amato. 

Questa mattina gli uomini del Corpo Forestale dello Stato hanno sottoposto agli arresti domiciliari 4 persone e sequestrato l’impianto di depurazione consortile a Chieti Scalo in esecuzione dell’ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di L’Aquila su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo. Gli arrestati sono responsabili e tecnici del consorzio nonché il titolare di un laboratorio di analisi chimiche.

A seguito del sequestro, la gestione del Consorzio di Bonifica Centro è stata affidata ad un amministratore giudiziario.

L’attività d’indagine, svolta congiuntamente dai Comandi Provinciali del CFS di Chieti e Pescara, coordinata dai Sostituti Procuratori presso la DDA di L’Aquila, Antonietta Picardi e David Mancini, è iniziata nel febbraio 2015 e sin dalle preliminari attività di accertamento ha messo in luce gravi irregolarità nel trattamento e depurazione dei reflui e di rifiuti liquidi.

La prosecuzione delle indagini, che ha visto gli agenti del Corpo impegnati in attività d’intercettazione telefoniche ed ambientali integrate da indagini documentali, ha permesso di cristallizzare una serie di condotte illecite nelle modalità di gestione e funzionamento dell’impianto di depurazione del capoluogo teatino.

Alcune perquisizioni effettuate nel dicembre 2015 presso l’impianto e gli uffici del Consorzio hanno fornito la conferma dei primi indizi e consentito di quantificare con certezza la dimensione di alcuni degli illeciti investigati: è stato ad esempio accertato che ben 1090 tonnellate di rifiuti liquidi provenienti dalla Toscana, contenenti elevate concentrazioni di arsenico, sono stati accettati in impianto in assenza delle necessarie analisi che ne attestassero la composizione, così come sono stati conferiti percolati di discariche con alti valori di ammoniaca (5 volte il limite dello scarico autorizzato) fornendo sistematicamente all’ARTA dati palesemente manipolati.

In ulteriori casi si è accertato che gli indagati si siano resi responsabili del mancato o non corretto trattamento di acque reflue, falsificando documenti ed analisi o avvalendosi di un laboratorio compiacente per l’alterazione dei risultati analitici.

Le indagini hanno rivelato anche la gestione illecita di un ingente quantitativo di fanghi di depurazione che venivano illegalmente miscelati falsificandone, anche in questo caso, la relativa documentazione, per lo smaltimento dei quali il Consorzio di Bonifica ha percepito indebite sovvenzioni economiche da parte del Comune di Chieti per 300.000 euro.

Inoltre, sono state accertate gravi problematiche strutturali e manutentive degli impianti, più volte rilevata anche dall’ARTA, conclamata nell’esistenza di falle nelle vasche di trattamento attraverso le quali sono confluiti nel sottosuolo reflui e fanghi inquinati.

Il Consorzio - organismo di diritto pubblico – ha inoltre affidato appalti a privati per servizi di trasporto e smaltimento dei fanghi in assenza delle prescritte procedure di evidenza pubblica, avvalendosi della società Depuracque, gestore autorizzato di un confinante impianto di trattamento di rifiuti pericolosi che scarica nell’impianto del Consorzio.

Nel corso del tempo vi è stato un continuo sversamento di reflui non trattati nel fiume Pescara che, unitamente alla gestione irregolare degli ingenti carichi di percolato da discariche, hanno prodotto, secondo quanto emerso nel corso dell’indagine, l’aggravarsi dell’inquinamento della falda sottostante e del fiume stesso.

 


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