Pasqua di passione e di sangue

di Nicola Facciolin

26 Marzo 2010   14:27  

Abstract - Pasque di passione e di sangue per la Chiesa Cattolica perseguitata dai media e dal Male nella Storia: la festa della liberazione e della resurrezione, è vicina. "La Passione - Dai Vangeli al film di Mel Gibson", il libro di Andrea Tornielli. La Sindone: il sudario all'esame della Cia e della Nasa. L'Uomo della Sindone svelato con la tecnica 3D di Avatar. Dopo Pasqua, per l'Ostensione del Sacro Telo a Torino, una nuova tecnica consente di contemplare l'Impronta come mai prima: indosseremo gli occhiali 3D. I segreti del film "The Passion" di Mel Gibson. La Lezione del Beato Servo di Dio, Giovanni Paolo II. Tre Libri, due grandi Film e un Mistero ancora da svelare per immergersi pienamente nel cuore della Pasqua. Ma può una leggenda medievale come quella dell'omicidio rituale del piccolo Simonino da Trento, aver scatenato l'antisemitismo e l'antisionismo dell'inferno nazista? "Pasque di sangue. Ebrei d'Europa e omicidi rituali": la sconcertante rivelazione di Ariel Toaff. L'indagine sugli omicidi rituali nel Medioevo: la nuova edizione del libro di Ariel Toaff, storico del giudaismo. Un coraggioso caso editoriale, alla scoperta dei misteri di una setta sanguinaria, tra riti, sacrifici e commercio. La risposta a:"Cattolici, antisemitismo e sangue, il mito dell'omicidio rituale", di Massimo Introvigne. Abbiamo ancora bisogno di Mel Gibson.

E' desiderando la verità a vuoto e senza tentare di immaginarne in anticipo il contenuto che si riceve la luce. E' questo tutto il meccanismo dell'attenzione (Simone Weil). E' una Pasqua AD 2010 di passione e di sangue per la Chiesa cattolica: i cristiani sono sotto assedio, uccisi nel mondo a causa della loro fede. Gli insensati attacchi dei media al Santo Padre Benedetto XVI ("le porte degli inferi non prevarranno", ci ricorda Gesù nel Vangelo) superano in fantasia le mitiche avventure di Jack Sully sulle Montagne Fluttuanti di Pandora e il suo amore sconfinato per Neytiri, nel kolossal in 3D "Avatar" di James Cameron (65 milioni di dollari al botteghino solo in Italia; nel mondo quasi 2,8 miliardi di dollari).

Non solo antisemitismo e l'antisionismo, ora anche anticristianesimo! La gogna mediatica scatenata contro il Romano Pontefice verrà sconfitta. Verità e giustizia prevarranno. E i giornali alla frutta che hanno scritto menzogne, oltre a pagarne di tasca propria, meriteranno certamente il giudizio di Dio, dei Lettori e il fallimento totale.

"Beato te Simone, figlio di Giona, perché né la carne, né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. Ed io ti dico: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del Regno dei Cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli"(Matteo, capitolo 16, versetti 17-19)."Non praevalebunt"(non prevarranno): frasi come questa, diventata uno slogan per molti personaggi famosi, sono quanto mai urgenti in queste ore di passione e di sangue per la Chiesa Cattolica in tutto il mondo. Vanno strillare dai tetti! A non prevalere saranno le tenebre degli inferi se si resta ancorati alla roccia, a Cristo ed alla sua Chiesa. Altrimenti, si è in costante balia delle tenebre e del peccato ed anche se si pensa di contare su persone che sembrano onnipotenti, occorre tenere a mente che siamo Uomini fragili, molto più fragili di un cristallo. E che possiamo inciampare su qualche pietra d'inciampo che non siamo riusciti a vedere. Penso ai cittadini di Potenza. "Chi confida nel Signore è come il monte Sion, non vacilla è stabile per sempre"(Salmo 124).

Detto questo, noi come Cristiani non possiamo rimanere in silenzio dinnanzi a comportamenti orribili commessi contro le persone, in primis contro gli innocenti, contro l'infanzia, in ogni religione (dunque, anche nel Protestantesimo!) e società. Ma li dobbiamo riprovare con forza e senza mezzi termini, approfittando delle opportunità e dei mezzi che Dio ci fornisce grazie alle moderne tecnologie. Le violenze sessuali sui fanciulli o sui bambini (ma anche i rapimenti di giovani per l'efferata estrazione e il commercio degli organi: nessun film lo ha fatto vedere?) dato che costituiscono una forma di disprezzo verso di essi e perciò uno scandalo verso queste creature, sono in abominio a Dio.

Gesù di Nazareth ha detto a proposito di coloro che scandalizzano i bambini:"Ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare. Guai al mondo a causa degli scandali! Perché è necessario che avvengano degli scandali; ma guai all'uomo per cui lo scandalo avviene! Se la tua mano o il tuo piede ti fanno cadere in peccato, tagliali e gettali via da te; meglio è per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. Se il tuo occhio ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te; meglio è per te entrare nella vita con un occhio solo, che aver due occhi ed essere gettato nella geenna del fuoco. Guardatevi dal disprezzare uno di questi piccoli; perché vi dico che gli angeli loro, nei cieli, vedono continuamente la faccia del Padre mio che è nei cieli. Che ve ne pare?

Se un uomo ha cento pecore e una di queste si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti per andare in cerca di quella smarrita? E se gli riesce di ritrovarla, in verità vi dico che egli si rallegra più per questa che per le novantanove che non si erano smarrite. Così il Padre vostro che è nei cieli vuole che neppure uno di questi piccoli perisca"(Matteo 18, 6-14). Non importa dunque se chi scandalizza e disprezza i bambini è un non credente o un credente: la fine che lo aspetta è il giudizio di Dio, a meno che egli non si penta realmente e faccia frutti degni del suo pentimento.

 

Prima che l'exploit fenomenico, sociologico ed antropologico del kolossal cinematografico in 3D Avatar di James Cameron (le cui tematiche sul tradimento devono essere oggetto di un'approfondita riflessione) invadesse l'universo mondo, le Pasque degli anni passati, e crediamo anche l'attuale, furono interessate da altre due turbinose vicende per certi versi "parallele" ma altrettanto coinvolgenti. La proiezione del film "The Passion" di Mel Gibson e la pubblicazione della nuova edizione del libro di Ariel Toaff, "Pasque di sangue. Ebrei d'Europa e omicidi rituali": indagine sugli omicidi rituali nel Medioevo. Può una leggenda medievale come l'omicidio del piccolo Simonino di Trento ad opera di una setta ebraica, aver scatenato quattro secoli dopo l'inferno nazista? E' la domanda a cui cerca di rispondere il prof. Toaff. Sul tema del mito dell'omicidio rituale, interessante è anche il libro di Massimo Introvigne: "Cattolici, antisemitismo e sangue, il mito dell'omicidio rituale" che offre una panoramica sull'immensa letteratura delle accuse di "omicidio rituale" di bambini (e adulti) cristiani rivolte agli ebrei. Con decine di processi ricostruiti minuziosamente, per tentare un'interpretazione complessiva.

 

"Curiosamente - spiega Introvigne - uno dei documenti più spesso citati in questa letteratura, nato in lingua italiana, non è mai stato pubblicato in Italia. Si tratta del voto approvato il 24 dicembre 1759 preparato per il Sant'Uffizio dal cardinale Lorenzo Ganganelli, che diventerà più tardi Papa con il nome di Clemente XIV. Riprendendo una tesi che compare in documenti del magistero pontificio fin dal Medioevo, il voto mette in guardia i cattolici dal prestare fede a false accuse contro gli ebrei, e presenta la questione dell'omicidio rituale come quella che oggi chiameremmo una leggenda urbana, non senza ricordare che le stesse accuse erano state rivolte dai pagani ai primi cristiani. Il testo del futuro Clemente XIV è preceduto da uno studio che fa luce sui rapporti - complessi, ma mai univoci né unilaterali - fra la Chiesa cattolica e il mito dell'«omicidio rituale», che esponenti del mondo cattolico hanno nei secoli sia accreditato sia, come nel caso del voto del cardinale Ganganelli, autorevolmente smentito e combattuto.

Il mito dell'«omicidio rituale» è quindi inquadrato in una sociologia dell'antisemitismo che ne mette in relazione la diffusione con epoche di crisi e di tensione in cui, poste di fronte a nemici esterni, le religioni maggioritarie si mostrano più sensibili alla tentazione dell'intolleranza nei confronti di avversari e concorrenti interni, contro i quali anche le accuse più estreme sono più facilmente credute e rimesse in circolazione". Non solo. Sono passati centodieci anni da quel 25 maggio 1898, giorno in cui l'avvocato torinese Secondo Pia scattò le storiche fotografie della Sindone. Le prime. Da quelle foto ha avuto inizio un periodo nuovo e ricco di fascino, quello della "storia scientifica" del Sacro Volto che da aprile 2010 si potrà vedere in tre dimensioni. Inforcando gli occhialetti 3D possiamo individuare particolari e dettagli non visibili ad occhio nudo ed enfatizzare quelli meno nitidi. Merito del professor Bruno Fabbiani e dei colleghi del Politecnico di Torino. Per vedere la verità non servirà altro che un paio di occhialetti di plastica, molto simili a quelli indossati al cinema? Ma torniamo al mito.

Nel 1475 il piccolo Simone venne trovato morto a Trento. Per il suo omicidio furono giustiziati dal braccio secolare, 15 cittadini ebrei. Fino al 1965 Simone fu venerato dai cristiani come beato. "Pasque di sangue. Ebrei d'Europa e omicidi rituali" (Il Mulino, pp. 448), è la nuova edizione 2008 del famoso e controverso libro del professor Toaff, storico del giudaismo, figlio dell'ex rabbino capo di Roma Elio Toaff. Nell'opera l'Autore affronta uno dei temi più controversi nella storia degli ebrei d'Europa, da sempre cavallo di battaglia dell'antisemitismo: l'accusa, rivolta per secoli agli ebrei, di rapire e uccidere bambini cristiani per utilizzarne il sangue nei riti della Pasqua.
Per quel che riguarda l'Italia, processi per omicidio rituale si ebbero quasi esclusivamente nella parte nord-occidentale, dove vi erano comunità di ebrei tedeschi (Askhenaziti).

Cosa accadde al piccolo Simone? Il libro è tornato nelle librerie e nelle biblioteche stavolta per sempre, per far luce sulla verità di quelle incredibili vicende sepolte dalla polvere dei secoli. Ma anche per rispondere alla domanda di cui sopra: i Nazisti lo sapevano? Il caso più famoso (forse, non l'unico) accadde nel 1475 a Trento, dove numerosi ebrei della comunità locale furono accusati e condannati per la morte del piccolo Simonino, che la Chiesa ha poi venerato come beato fino a pochi decenni fa. Rileggendo senza pregiudizi la documentazione antica di quel processo e di vari altri alla luce della più vasta situazione europea e anche di una puntuale conoscenza dei testi ebraici, l'Autore mette in luce i significati rituali e terapeutici che il sangue aveva nella cultura ebraica, giungendo alla conclusione che, in particolare per l'ebraismo askhenazita, l'accusa del sangue non era sempre un'invenzione. Dopo l'edizione ritirata dalle librerie perché foriera di polemiche e contestazioni nel 2007, Ariel Toaff torna con una tesi sconcertante. Secondo il docente di Storia del Medioevo e del Rinascimento presso l'università israeliana Bar Ilan:"dal 1100 al 1500, alcune frange estreme e ridotte del mondo dell'ebraismo ashkenazita, realizzarono alcuni omicidi rituali. In molte zone del Nord Europa, comprese tra il Reno e il Danubio, oltre che nell'Alto Adige, i bambini cristiani venivano catturati per essere sacrificati. Il loro sangue veniva utilizzato per i riti della Pasqua ebraica".

A questa "seconda edizione di Pasque di sangue sono state apportate lievi modifiche - spiega l'Autore - ed aggiunte. Le prime riguardano essenzialmente quelle espressioni e quelle frasi che, lette frettolosamente o estrapolate dal contesto, hanno dato adito a interpretazioni errate e fuorvianti". Le ipotesi elaborate da Toaff restano invariate? I suoi studi confermano gli orientamenti che tanto fanno discutere. "Le ipotesi di fondo avanzate nella prima edizione - aggiunge Toaff - rimangono le stesse che ripropongo in questa nuova stesura del mio testo". L'Autore ha analizzato le deposizioni rese dagli ebrei interrogati con metodi brutali dal braccio secolare della Santa Inquisizione nel corso del Medioevo. Secondo Toaff, dietro le confessioni estorte con la violenza ai presunti colpevoli degli omicidi, si nasconde almeno qualche verità. In alcuni casi esse dovrebbero essere considerate come delle testimonianze credibili. Accolto al suo primo apparire da vivaci discussioni e aspre polemiche, il libro che l'Autore ha arricchito con un attento lavoro di chiarimento e approfondimento e con una stringente difesa dei metodi e dei risultati della propria ricerca, punta i riflettori sul mondo dell'ebraismo ashkenazita medievale, nel quale credenze popolari imbevute di superstizione e magia e di viscerali sentimenti anticristiani configurano una diffusa "cultura del sangue" contrastante con i precetti biblici e rabbinici. In questa cultura trova posto anche una ritualità religiosa stravolta, eretica, che porge suo malgrado argomenti alla calunnia dell'omicidio rituale: la terribile «accusa del sangue» origine di tante persecuzioni antiebraiche nei secoli. E proprio nelle confessioni estorte nei processi per omicidio rituale (come quello famoso celebrato a Trento per la morte del piccolo Simonino) questa cultura viene in qualche modo alla luce: scavando attorno allo "stereotipo calunnioso" dell'omicidio rituale, Toaff fa così emergere una diversa immagine, per certi versi inedita, di quelle comunità e fornisce un contributo innovativo alla conoscenza dell'ebraismo europeo.

Ma cosa accadde a Trento il 23 marzo 1475, la vigilia di Pesach, la Pasqua ebraica? Nell'abitazione-sinagoga di un israelita di origine tedesca, il prestatore di denaro Samuele da Norimberga, viene rinvenuto il corpo martoriato di un bimbo cristiano: Simonino, di due anni, figlio di un modesto conciatore di pelli. La città è sotto choc. Unica consolazione è che l'indagine procede spedita. Secondo gli inquirenti, hanno partecipato al rapimento e all'uccisione del "putto" gli uomini più in vista della comunità ebraica locale, coinvolgendo poi anche le donne in un macabro rituale di crocifissione e di oltraggio del cadavere. Perfino Mosé "il Vecchio", l'ebreo più rispettato di Trento, si sarebbe fatto beffe del corpo appeso di Simonino, come per deridere una rinnovata passione di Cristo. Incarcerati nel castello del Buonconsiglio e sottoposti a tortura, tra i supplizi più dolorosi, gli ebrei si confessano responsabili dell'orrendo delitto. Le deposizioni degli imputati ai processi di Trento concordavano sul fatto che l'infanticidio di Simone sarebbe avvenuto di venerdì nei locali della sinagoga, posta nell'abitazione di Samuele da Norimberga, e più precisamente nell'anticamera della sala dove si raccoglievano gli uomini in preghiera. Quest'ambiente, separato dalla sinagoga vera e propria da una porta, era destinato, in mancanza di un matroneo, alle orazioni delle donne. La porta comunque rimaneva aperta e, durante la liturgia del Sabato, le donne vi facevano capolino quando i rotoli della Torah venivano sollevati ed esibiti da chi officiava sull'Almemor, prima della lettura del brano settimanale del Pentateuco. Insomma, la "crocifissione" di Simone sarebbe stata effettuata su un banco posto proprio nella cosiddetta "sinagoga delle donne". Il corpo del putto, ormai senza vita, sarebbe stato poi trasferito per le funzioni del Sabato nella sala centrale della sinagoga e deposto sull'Almemor. Allora, rispettando il copione di analoghe punizioni esemplari, i colpevoli vengono condannati a morte e giustiziati sulla pubblica piazza.

Ma perché tutta questa violenza nei secoli? Durante i duemila anni dell'era cristiana, gli ebrei si sono sentiti accusare di infanticidio rituale, fino all'Ottocento quando quelle accuse non finirono con l'apparire alla coscienza moderna niente più che il parto di un antisemitismo ossessivo, virulento, feroce, fino all'Olocausto nel Novecento. Unicamente la tortura - alcuni pensarono - poteva spingere tranquilli capifamiglia israeliti a confessare di avere ucciso bambini dei gentili: facendo seguire all'omicidio non soltanto la crocifissione delle vittime, ma addirittura pratiche di cannibalismo rituale, cioè il consumo del giovane sangue cristiano a scopi magici o terapeutici.

Fantasie o follie vere e proprie? Impossibile credere seriamente che la Pasqua ebraica, che commemora l'Esodo degli ebrei dalla cattività d'Egitto (Pesach si celebra il 30 marzo 2010; la Pasqua cattolica il 4 aprile) celebrando la loro libertà e promettendo la loro redenzione, venisse innaffiata nei secoli con il sangue di un "goi katan", un "piccolo cristiano"! Più che mai, dopo la tragedia della Shoah, è comprensibile che l'accusa del sangue sia divenuta un tabù, secondo gli studiosi. O piuttosto, che sia apparsa come la miglior prova non già della perfidia degli imputati, ma del razzismo dei giudici. Così, oggi, soltanto un gesto di inaudito coraggio intellettuale poteva consentire di riaprire l'intero dossier, sulla base di una domanda altrettanto precisa che delicata: quando si evoca tutto questo - le crocifissioni di infanti alla vigilia di Pesach, l'uso di sangue cristiano quale ingrediente del pane azzimo consumato nella festa - si parla di miti, cioè di antiche credenze e ideologie, oppure si parla di riti, cioè di eventi reali e addirittura prescritti da rabbini eretici?

Il gesto di coraggio compiuto dal prof. Toaff è di aver posto l'inquietante domanda alle fonti dell'epoca. Solo uno storico perfettamente attrezzato per farlo, un esperto della cultura alimentare degli ebrei, tra precetti religiosi e abitudini gastronomiche, poteva ripercorrere una vicenda imbevuta d'immaginario ebraico ma anche di reali fatti storici nella migliore delle ipotesi, espressione di un'inaudita ferocia antisemita mai vista al cinema e in letteratura. Italiano, ma da anni docente di storia medievale in Israele, Ariel Toaff in questo libro di storia, propone una tesi originale e, in qualche modo, sconvolgente. Sostiene Toaff che dal 1100 al 1500 circa, nell'epoca compresa tra la prima crociata e l'autunno del Medioevo, alcune crocifissioni di putti cristiani avvennero davvero, salvo dare luogo alla rappresaglia contro intere comunità ebraiche, al massacro punitivo di uomini, donne, bambini innocenti.

Né a Trento nel 1475 né altrove nell'Europa tardo medievale, tuttavia, alcuni "eretici ebrei" furono vittime sempre e comunque innocenti. E' questa la deduzione altrettanto sconvolgente. In una vasta area geografica di lingua tedesca compresa fra il Reno, il Danubio e l'Adige, una minoranza di ashkenaziti fondamentalisti compì veramente, e più volte, sacrifici umani. Muovendosi con straordinaria perizia sui terreni della storia, della teologia, dell'antropologia, Toaff illustra la centralità del sangue nella celebrazione della Pasqua ebraica: il sangue dell'agnello, che celebrava l'affrancamento dalla schiavitù d'Egitto, ma anche il sangue del prepuzio, proveniente dalla circoncisione dei neonati maschi d'Israele.

Era sangue che un passo biblico diceva versato per la prima volta proprio nell'Esodo, dal figlio di Mosè, e che certa tradizione ortodossa considerava tutt'uno con il sangue di Isacco che Abramo era stato pronto a sacrificare. Perciò, nella cena rituale di Pesach, il pane delle azzime solenni, secondo l'Autore, andava impastato con sangue in polvere, mentre altro sangue secco andava sciolto nel vino prima di recitare le dieci maledizioni d'Egitto. Quale sangue poteva riuscire più adatto allo scopo che quello di un bambino cristiano ucciso per l'occasione, si chiesero i più fanatici eretici tra gli ebrei studiati da Toaff? Ecco il sangue di un nuovo Agnus Dei da consumare a scopo augurale, così da precipitare la rovina dei persecutori. Sangue novello, buono a vendicare i terribili gesti di disperazione (gli infanticidi, i suicidi collettivi) cui gli ebrei dell'area tedesca erano stati troppe volte costretti dall'odiosa pratica dei battesimi forzati, che la progenie d'Israele si vedeva imposti da secoli. Questo valore sacrificale - sempre secondo Toaff - il sangue in polvere (umano o animale) aveva per gli ebrei le più varie funzioni terapeutiche, al punto da indurli a sfidare, con il consenso dei rabbini, il divieto biblico di ingerirlo in qualsiasi forma. Secondo i dettami di una Cabbalah pratica tramandata per secoli, il sangue valeva a placare le crisi epilettiche, a stimolare il desiderio sessuale, ma principalmente serviva come potente emostatico. Conteneva le emorragie mestruali. Arrestava le epistassi nasali. Soprattutto rimarginava istantaneamente, nei neonati, la ferita della circoncisione.

Da qui, nel Quattrocento, un mercato nero su entrambi i versanti delle Alpi, un andirivieni di ebrei venditori di sangue umano: con le loro borse di pelle dal fondo stagnato, e con tanto di certificazione rabbinica del prodotto, sangue "kasher". Risale a più di vent'anni fa un libretto di Piero Camporesi, "Il sugo della vita" (Garzanti), dedicato al simbolismo e alla magia del sangue nella civiltà materiale cristiana. Vi erano illustrati i modi in cui i cattolici italiani del Medioevo e dell'età moderna riciclarono sangue a scopi terapeutici o negromantici: come il sangue glorioso delle mistiche, da aggiungere alla polvere di crani degli impiccati, al distillato dai corpi dei suicidi, al grasso di carne umana, entro il calderone di portenti della medicina popolare. Con le loro "«pasque di sangue", i fondamentalisti dell'ebraismo askenazita, avrebbero offerto la propria interpretazione disperata e feroce di un analogo genere di pratiche. Ma ne pagarono un prezzo infinitamente più caro. Le critiche al libro di Toaff si arricchino ulteriormente sul quotidiano l'Avvenire dell'8 febbraio 2007. Secondo Padre Rogger, storico della Chiesa trentina, "Simonino non perì per mano ebrea: quel "sacrificio rituale" venne riesaminato negli anni '60 e dopo varie ricerche si decise di abolire il culto. Altri studi poi hanno confermato la tesi. Per noi, e per la scienza storica, il caso Simonino era chiarito. Chi vuole rimetterlo in discussione, deve poter documentare un'indagine storica dello stesso livello, altrettanto rigorosa, prima di impugnare ciò che generazioni di studiosi hanno appurato".

Monsignor Iginio Rogger, decano degli storici trentini, documenta la posizione della Chiesa trentina che nel 1965 aveva abolito il culto di san Sinonimo (vittima nel 1475 di "un omicidio rituale ebreo" inesistente), proprio sulla base della ricerca storica. Della decisiva Notificazione del 28 ottobre 1965, con cui l'arcivescovo Alessandro Maria Gottardi, sentita la Sede Apostolica, disponeva una "prudente rimozione" del culto autorizzato ancora nel 1588 da Sisto V, monsignor Rogger era stato principale ispiratore, proprio in nome della corretta applicazione "della regola scientifica che non può accontentarsi dell'autenticità formale e filologica di un documento, ma deve porsi il quesito della rispondenza alla realtà dei fatti".

Un metodo che Rogger vorrebbe ritrovare nelle argomentazioni degli storici di oggi e che egli, aveva visto applicato già nel 1903 dallo studioso Giuseppe Menestrina proprio nell'esame del caso Simonino in una tesi all'Università di Innsbruck. Le conclusioni di quella ricerca investigativa - "gli ebrei non sono responsabili dell'uccisione del piccolo Simone da Trento, ritrovato morto in una roggia" - venne ribadita in profondità nel 1964 dagli studi del grande storico domenicano padre Paul Willehad Eckert e poi confermata dalla ricostruzione dell'intero meccanismo processuale da parte dell'équipe della Facoltà di Giurisprudenza diretta dal professor Diego Guaglioni. "Quella conclusione per me è ancora imbattibile, condivisa anche da studiosi ebrei e protestanti", scrive Padre Rogger che ricorda bene quanto la popolazione trentina fosse affezionata a quella devozione. Con gli anni, abolite le processioni (perfino l'intitolazione al santo di una via nel centro storico di Trento) si è compresa l'importanza di quell'intervento pastorale:"Proprio l'argomentazione razionale - commentava Rogger in un intervento pubblico - ha contribuito a vincere il sospetto, da più parti insinuato, che l'abolizione fosse determinata da simpatie filo ebraiche divenute di moda all'indomani dello sterminio nazista".

Ma perché allora il libro di Ariel Toaff va a ripescare il caso di Trento? "Non c'è dubbio che nella panoramica dei vari omicidi in Europa attribuiti agli ebrei quello del Sinonimo si presenta come il più attestato, provvisto di una massa ingente di documenti contemporanei ai fatti, mentre gli altri casi si perdono generalmente nella leggenda" - osserva Rogger. "Ma proprio perché episodio ben preciso, esso presenta nomi, dati e circostanze ben chiare, sulle quali è stato fatto - non da me, tengo a precisarlo - un lavoro di ricerca storica molto accurato. Vedo, insomma, una sproporzione fra le tesi generiche annunciate finora nel libro di Toaff e la ricchezza di studi molto seri prodotta in tanti anni, anche dietro stimoli provenienti dagli ebrei. Resto peraltro disponibile - conclude pacatamente Rogger - a prestare attenzione alle conclusioni che uno studioso, ebreo o non ebreo, presenterà sulla base di un'indagine storica corretta, che tenga conto della bibliografia già esistente". Torniamo a "La Passione", secondo Mel Gibson. Le ultime ore di vita di Cristo, dalla cattura alla crocifissione, passando per una straziante, interminabile, commovente flagellazione, sono oggetto anche dell'omonimo libro di Andrea Tornielli.

La "Passione di Cristo" (Icon Production) ambientata a Matera (Basilicata), il controverso film di Mel Gibson, uscito nelle sale italiane nella Pasqua 2004, il 7 aprile, in un clima rovente di polemiche, è la vera Storia del Redentore del mondo? Esiste un Gesù cinematografico per ogni epoca. Negli Anni Settanta in salsa rock, il "Jesus Christ Superstar" di Norman Jewison, che sulle note di Tim Rice e Andrew Lloyd Webber, cantava:"Voglio solo vedere il mio signore, voglio solo conoscere il mio signore. Perché dovrei morire?". Ma anche il celebre "Gesù di Nazareth" di Franco Zeffirelli, il più ecumenico, oggi disponibile in versione estesa su Dvd. Poi, negli opulenti anni Ottanta, nella blasfema pellicola de "L'ultima tentazione di Cristo" di Martin Scorsese.

Ed ora il Cristo di Mel Gibson, quello della Passione del terzo millennio, figlio di un sentimento religioso cattolico forte, verace ed estremo. Vicino al vero. Un Cristo che in nome della veridicità dei Vangeli emoziona fino alle lacrime, alle convulsioni, fino allo svenimento ed al malore, fino alla rabbia ed alle polemiche. Così farcito, La Passione di Cristo, distribuito in Italia dalla Eagle Pictures in oltre 500 copie (120 minuti che diventano 127 nella Director's cut: costato 30 milioni di dollari, ha guadagnati a livello internazionale circa 611.400.000 dollari; in Italia il film ha incassato circa 19.939.336 euro) è un film che ha molti pregi. Innanzitutto è stato girato interamente in Italia prima della grande crisi economica mondiale. A Cinecittà, dove Gerusalemme è stata interamente ricostruita all'interno dei famosi studios di Roma. Un'unica grande struttura che comprende il tempio in cui ha luogo il processo "religioso" al Cristo, il cortile delle numerose udienze davanti a Ponzio Pilato e il luogo in cui Gesù viene picchiato e frustato. Mentre le scene della crocifissione sono state girate nella bella città di Matera dove anche Pier Paolo Pasolini girò il suo "Vangelo Secondo Matteo" nel 1965, fino a pochi anni fa famosa solo per i suoi "Sassi", adesso per essere diventata il Golgota di Mel Gibson, meta sempiterna di un turismo di qualità totalmente sconosciuto in Abruzzo che vive dei ricordi del suo passato!

Il film, scritto dallo stesso regista insieme a Benedict Fiztgerald come adattamento di un resoconto sulla Passione (tratto fedelmente dai quattro Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, e dalle visioni della mistica tedesca Anna Katharina Emmerich) ha coinvolto molti attori italiani. Monica Bellucci nei panni intensi di Maria Maddalena, accanto a Sergio Rubini il ladrone buono, Claudia Gerini (Procula) la moglie di Pilato, la diafana Rosalinda Celentano i cui occhi azzurri sono quelli del Maligno; Luca Lionello il Giuda tormentato da maligni e deformi putti, Sabrina Impacciatore come Seraphia e Mattia Sbragia, il sacerdote Caifa, il gran sacerdote che manda a morte Gesù e pronuncia (a nome suo e non del popolo ebraico! E gli Ebrei ringraziarono Gibson) la fatidica frase:"Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli", che nel film viene pronunciata in aramaico e che, per volere dello stesso Gibson, non sarà sottotitolata nelle lingue moderne. Perché tutti i personaggi del film parlano le lingue diffuse al tempo di Gesù. L'aramaico per gli ebrei, fra cui Cristo e i suoi discepoli, e il "latino rozzo" per i romani.

Il greco, comunemente parlato dagli intellettuali del tempo (l'inglese odierno), pare non sia stato rilevante ai fini della Storia delle storie! In scena, le ultime dodici ore di vita di Gesù, interpretato dal grande Jim Caviezel, già di suo fervente cattolico (in forma privata con moglie e suoceri ha fatto visita a Giovanni Paolo II in Vaticano, oltre ad aver partecipato ad una proiezione del film al Regina Apostolorum, la sede dei Legionari di Cristo, che hanno fortemente sostenuto il film) dalla cattura nell'orto dei Getsemani alla flagellazione per ordine di Ponzio Pilato, istigato dagli ebrei di Caifa, fino alla crocifissione sotto gli occhi accorati della Madonna (Maia Morgenstein), qui davvero Co-rendentrice! E soprattutto una lunghissima flagellazione, di una violenza difficile da digerire, raccontata nei dettagli con un realismo mai visto prima al cinema. Una scena "incriminata" che ha fatto gridare all'antisemitismo le comunità israelitiche negli Stati Uniti, dove "La Passione di Cristo" è uscito in anteprima il 25 febbraio, mercoledì delle ceneri, col divieto ai minori di 17 anni!

L'età di molti soldati Usa nella guerra al terrorismo globale.
Il motivo di tanta violenza? Lo spiega lo stesso Mel Gibson quando, al Four Seasons Hotel di Beverly Hills, poco prima che il film uscisse nelle sale americane in duemila schermi, affronta per la prima volta la stampa:"C'è chi dice che Gesù abbia ricevuto solo 39 frustate, ma sono state molte di più. I marchi del sacro lenzuolo mostrano che non c'era più pelle sul corpo di quell'uomo. Questa è l'immagine di Cristo in cui credo, è stato un pestaggio spietato. Il sangue e il dolore erano necessari, perché è quello che mi ha commosso, la severità di quello che ha patito, vedere fino a che punto questo essere umano era pronto a spingersi per amore dell'umanità". La Passione di Cristo, vista dal Servo di Dio Giovanni Paolo II, è un film da far vedere ai giovani. Pare che il Santo Padre Giovanni Paolo II, abbia commentato in inglese:"It is as it was", "è andata proprio così".

Il portavoce vaticano Joaquin Navarro Valls affermò:"Il film di Gibson è la trascrizione cinematografica dei Vangeli. Se fosse antisemita il film, lo sarebbero anche i Vangeli". A corollario del successo della pellicola, non mancarono le "leggende" d'oltreoceano, alcune "news" altre pura finzione. Come la morte per infarto di una donna che era andata a vedere la proiezione della mattina, a Wichita in Kansas; le minacce di morte a Washington contro la responsabile di un cinema che aveva messo in programma la proiezione del film; la sospensione, sempre a Washington, di un maestro per avere mostrato estratti del film di Mel Gibson, ai suoi allievi di 11 anni; e una litigata furibonda finita in carcere per una coppia di Statesboro in Georgia, per opinioni teologiche diverse sulla Passione.

Fino alla rivelazione di come per le scene più cruente della crocifissione, Mel Gibson abbia effettivamente utilizzato un robot raffigurante Cristo. Le scene del Golgota furono girate in inverno: ai Sassi di Matera a dicembre, c'era un forte vento. Sarebbe stato impossibile rimanere spogliati, al freddo, per troppo tempo. Caviezel ha accettato di passare cinque mesi in quello che ha definito:"l'inferno di Mel", subendo senza reagire, frustate accidentali, gelo e slogatura della spalla sotto il peso da 75 chili della croce. Per il conto in banca di Mel Gibson, la Passione è stata davvero una resurrezione. Un risultato sorprendente per un film al quale era stato predetto un sicuro insuccesso commerciale, tanto da far rinunciare la Fox (di Avatar) a comprarlo. Ricavi consistenti continuano ad arrivare a Gibson anche dal merchandise: il blu-ray e il 3D faranno la parte del leone. Non siamo d'accordo con Hollywood Reporter che scrisse:"Gibson non avrà più alcun bisogno di lavorare con tutti i soldi che sta facendo".

Dall'Omelia di Giovanni Paolo II, pronunciata nella Basilica Vaticana sabato, 29 giugno 1984, leggiamo: "Tu sei Pietro" (cf. Mt 16, 18). 1. Gesù pronuncia queste parole vicino a Cesarea di Filippo. Le dice a Simon Pietro, ma il suo occhio interiore, lo sguardo della sua anima sono rivolti al Padre. Un attimo prima, alla domanda: "Voi chi dite che io sia?", Simon Pietro aveva risposto: "Tu sei il Messia (il Cristo), il Figlio del Dio vivente" (cf. Mt 16, 15-16). Gesù sa che questa risposta di Pietro proviene non direttamente da lui - pescatore di Galilea, apostolo - ma dal Padre!". "Né la carne, né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16, 17). Le parole di Simon Pietro sono una professione di fede; nascono dalla rivelazione, la cui fonte è il Padre stesso. Gesù Cristo fissa lo sguardo nel Padre. Vede che nella risposta di Pietro la fede, nata dalla rivelazione, è ormai giunta a maturità, e dice: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16, 18). Così dunque la Chiesa viene fondata sulla pietra della fede, che ha la propria origine in Dio stesso: nel Padre. Nelle parole umane - così come un attimo prima nelle parole di Pietro - questa fede esprime la verità che è da Dio. Avversario di questa verità sono "le porte degli inferi". Queste, sin dall'inizio, cercano di distruggere nella storia dell'uomo la verità che è da Dio e che ha la sua fonte nel Padre. La Chiesa, per la quale la confessione di Pietro è diventata "la pietra", viene contrapposta alle "porte degli inferi". Esse cercheranno di prevalere su ciò che ha la sua fonte in Dio, ma non ci riusciranno. "Non prevarranno" (Mt 16, 18).

Il nome di Pietro nella risposta di Cristo è stato legato alla promessa del perdurare della Chiesa in questa Verità, che proviene da Dio. Questo perdurare prenderà il fondamento definitivo dalla croce e dalla risurrezione di Cristo. In lui viene anche dato alla Chiesa lo Spirito Santo: il Consolatore, lo Spirito di verità. La Chiesa venera oggi Pietro apostolo, fissando lo sguardo in lui, così come Cristo nell'eterno Padre, che è fonte di verità e d'amore. Contemporaneamente, nel giorno del martirio dell'apostolo, la Chiesa medita la storia umana della sua vita. Prima di tutto pensa a quel momento, quando - dopo che già Cristo era tornato al Padre - Pietro stava a capo della Chiesa in Gerusalemme. Là era stato imprigionato da Erode, il quale si proponeva "di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua" (At 12, 4). Egli aveva di recente condannato a morte Giacomo, fratello di Giovanni, e si proponeva di farlo con Simon Pietro. Le porte degli inferi tentano di prevalere su quella verità, mediante la quale la Chiesa rimane in Dio: rimane nel Padre per mezzo del Figlio nella potenza dello Spirito Santo. Le porte degli inferi cercano di distruggere l'uomo, al quale Cristo legò il carisma di questa verità, e che chiamò "pietra". Quest'uomo non dispone di nessuna forza umana, per difendersi. "Legato con due catene" (At 12, 6) attende la condanna a morte nella prigione di Gerusalemme. Dio è Signore della vita e della morte di Simon Pietro. "Una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui" (At 12, 5). La Chiesa ha bisogno di Pietro. Ha bisogno di lui non solo la Chiesa di Gerusalemme, ma ancora quella di Antiochia e quella di Roma. La liturgia dell'odierna solennità è piena di gioiosa gratitudine perché Dio ha strappato Pietro dal potere di Erode. La esprime l'Apostolo stesso, quando in modo miracoloso viene condotto fuori dalla prigione e restituito alla Chiesa di Gerusalemme. La esprime il salmo responsoriale, nel quale risuonano, con un'eco lontana di generazioni, le parole di Pietro stesso:"il Signore . . . da ogni timore mi ha liberato" (Sal 34, 5). E la Chiesa, lieta di questa liberazione, sembra esclamare: "Ho cercato il Signore e mi ha risposto" (Sal 34, 5). Ecco Pietro: l'uomo che è passato attraverso una profonda esperienza della propria debolezza.

L'apostolo che pianse amaramente il suo triplice rinnegamento. Ecco Pietro: la stessa notte, nella quale fu liberato dal potere di Erode, riconobbe di essere completamente nella potenza di Dio stesso. E si affidò senza riserva a questa potenza. Oggi onoriamo la memoria della sua morte come martire a Roma. In questa morte per martirio, nei tempi di Nerone, nel periodo della prima persecuzione dei cristiani, Pietro fu definitivamente unito a Paolo di Tarso. Sappiamo che Cristo introdusse Paolo nel gruppo degli apostoli, manifestandosi a lui sulla via di Damasco. Prima - col nome di Saulo, il fariseo - era stato persecutore dei discepoli e degli apostoli di Cristo. Più tardi, anch'egli diventa un Apostolo. Anzi, divenne "uno strumento eletto". Cristo stesso disse di lui: "Porterà il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome" (At 9, 15-16). Con Pietro, Paolo si era incontrato prima in Palestina, poi ad Antiochia, infine a Roma. Nel periodo della persecuzione, nei tempi di Nerone, si trovarono lì nello stesso tempo. Anche Paolo sulla strada apostolica sperimentò quanto fosse anche lui nelle mani di Dio. Molte volte "fu liberato dalla bocca del leone" (cf. 2 Tm 4, 17).

A Pietro fu unito dal carisma della verità divina, per mezzo del servizio alla stessa verità, che in Gesù Cristo proviene dal Padre. Scrive a Timoteo: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede". Continua: "Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili". Al termine della vita scrive così: "Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno" (2 Tm 4, 7.17.18). Oggi ambedue gli apostoli, Simon Pietro e Paolo di Tarso, uniti dal carisma salvifico del Vangelo - della verità che proviene dal Padre - vanno incontro al Signore crocifisso e risorto. Il tempo della loro morte come martiri, il tempo della definitiva testimonianza, li unì qui, a Roma. Da questa morte, da questa testimonianza cresce la Chiesa. "Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16, 18).

La Chiesa cresce e qui in Roma e crescerà in luoghi della terra sempre nuovi, in mezzo a diversi popoli e a diverse nazioni. Porterà in sé l'eredità degli apostoli Pietro e Paolo, grazie ai quali "le porte degli inferi" non hanno prevalso contro questa verità, che proviene dal Padre: "Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,17). In questa verità è stato stabilito il legame tra il pellegrinaggio terreno dell'uomo e il regno dei cieli; "Le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 16, 19). Un legame molto stretto. Un legame organico. "Le porte degli inferi", colpendo con le spade dei persecutori, poterono mettere a morte Simon Pietro e Paolo di Tarso, ma non sono riuscite a distruggere questo legame con il regno dei cieli, che essi hanno consolidato nella Chiesa in forza della verità rivelata da Dio. "Celebrate con me il Signore / esaltiamo insieme il suo nome. / Ho cercato il Signore e mi ha risposto / e da ogni timore mi ha liberato" (Sal 34, 4-5). Il salmista canta queste parole nell'odierna liturgia. Queste parole ripete Simon Pietro, le ripete Paolo di Tarso. Queste parole canta la Chiesa intera: costruita sulla pietra della verità, che proviene da Dio: non teme! È libera dalla paura. La verità rende liberi per la libertà. La verità rende liberi per l'eternità. Ecco il messaggio apostolico di Simon Pietro e di Paolo di Tarso, nel giorno in cui sono stati definitivamente liberati da ogni paura".

 


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