Per burocrati EU ricostruzione è aiuto di Stato: da restituire le tasse ridotte dopo il sisma?

17 Ottobre 2012   17:06  

Per gli ottusi burocrati liberisti di Bruxelles i soldi dei cittadini europei se vengono regalati alle banche e agli speculatori finanziari non rappresentano aiuti di Stato. Anzi si chiama risanamento.

Invece sono aiuti illegali, perchè distorsivi del sacro principio della Concorrenza, le agevolazioni fiscali che i governi hanno concesso, opportunamente, alle imprese delle zone colpite da calamità naturali come terremoti e alluvioni, che come anche i bambini sanno, sortiscono pesanti effetti su tutta l'economia del territorio, e se non si aiuta l'economia a ripartire, anche la ricostruzione materiale diventa una costosissima sfida ben difficile da vincere.

Aiuto di Stato, una bestemmia per il burocrate europeo che eppure campa e bene con i soldi pubblici, potrebbe risultare anche la riduzione del 60% delle tasse da restituire, concessa dopo dure lotte, alle aziende dei comuni terremotati del cratere sismico aquilano.

Se tali misure si dovessero dimostrarsi incompatibili con le norme Ue, l’Italia dovrà recuperare gli aiuti versati.  E nel frattempo inoltre, Bruxelles ha chiesto a Roma di bloccare le agevolazioni fino a quando non ne avrà accertata la compatibilità.

Non a caso come ha rivelato oggi a nome di un governo commissariato dall'Europa un'algida e distaccata ministra Elsa Fornero, in altre occasioni facile al lacrimone, rispondendo ad una interrogazione del parlamentare aquilano Giovanni Lolli,  il nostro Paese per prevenire il rischio di incorrere in sanzioni, ha fatto emanare da Inps e Inail la famigerata circolare che recepisce il cruccio dell'Europa, e che avrà come effetto per le aziende aquilane, e pare solo per queste, la restituzione fino all'ultimo euro delle tasse non versate.

 "Il ministro mi ha detto - ha spiegato il parlamentare - che ci sarebbe una 'consolidata prassi' da parte della Commissione europea a considerare iniziative come questa come aiuti di Stato e quindi e' stato lo stesso Ministero a chiedere a Inps e Inail di intervenire. Addirittura, secondo il Ministro Fornero, lo avrebbe fatto per aiutarci, evitando cioe' che ci dovessimo trovare, un domani, a restituire il restante 60%.''

Un sospetto eccesso di zelo, però: secondo Lolli  non e' vero che c'e' una definitiva condanna dell'Europa, la Commissione si e' limitata a chiedere chiarimenti. Sugli interventi interventi relativi ad Abruzzo, Umbria, Marche e Molise.  Il ministro non ha spiegato però come mai solo all'Abruzzo viene richiesta la restituzione del 100 % di quanto sospeso e non alle altre regioni.

Un beffardo paradosso: molte aziende aquilane in crisi a seguito e per causa del terremoto, attendono con ansia e come ultima spiaggia per evitare il tracollo, i famosi aiuti del cosiddetto ''de minimis''.

Aiuti che potranno essere massimo di 200mila euro ad azienda, sotto forma di agevolazioni fiscali.

L'Inps però considerando ora la riduzione delle tasse come un aiuto improprio, in sostanza dice che essa va restituita calcolandola nelle agevolazioni previste dal ‘’de minimis''.

E ciò significa che un'azienda che ha già avuto poniamo 200mila euro di riduzione delle tasse, non potrà avere un euro di aiuti dal tanto atteso ''de minimis'', che come tetto massimo ha appunto 200mila euro.

Se poi addirittura un'altra azienda ha beneficiato di una riduzione delle tasse pari a 400mila euro, dovrà restituire i 200 euro che sforano la soglia massima dei 200mila euro.

E se ovviamente l'azienda non riusciranno nell'impresa di aggiudicarsi la nuova agevolazione del de minimis, che ricordiamo sarà limitata solo a L'Aquila città, dovrà restituirli di tasca propria.

Andrebbe fatto notare alla ministra Fornero, all'Inps e all'Inail, ai burocrati di Bruxelles al soldo dei banchieri e dell'economia casinò, che azzerare per centinaia di aziende l’unico aiuto concesso dopo il terremoto, ed anzi chiedere a molte di esse i soldi indietro nel bel mezzo di una devastante crisi economica, avrà come effetto una catena di fallimenti e un’esplosione della disoccupazione in un cratere sismico già in ginocchio.

Cosa che non gioverà certamente alle casse dell'erario, perchè i falliti e i morti di fame hanno il difetto di non essere tenuti, almeno quello , a pagare le tasse. E non gioverà certo alla serenità  e sobiretà tanta invocata dal signor Monti, perchè a L'Aquila questa volta si rischia davvero la rivolta molto poco pacifica. 

I numeri del resto parlano chiaro: i senza lavoro sono oggi 4847, ben 1200 in più di quelli registrati a febbraio. A loro si aggiungono 3012 in cassa integrazione, e 1414 in mobilità. Senza calcolare l’esercito dei parasubordinati, e precari, invisibili anche alle statistiche.

Ben il 36,5 per cento dei giovani aquilani non ha lavoro, contro la media abruzzese del 25,6%

Il dato più grottesco è quello però relativo all’edilizia, che nel sedicente cantiere più grande d’Europa, vede scendere il numero di addetti di circa mille persone. Del resto molte ditte locali che hanno lavorato alla prima fase della ricostruzione sono sull’orlo del fallimento, perché attendono di essere pagate da anche tre anni, e a lavorare ora sono in gran parte ditte che arrivano da fuori, in particolare dal nord Italia, con i loro operai.

A seguire un utilissimo articolo del Fatto quotidano in cui si riferisce dell’indagine  aperta dalla Commissione europea 

AGEVOLAZIONI PER LE IMPRESE IN ZONE COLPITE DA CALAMITÀ: LA UE INDAGA SULL’ITALIA

Quelle alle imprese delle zone colpite da calamità naturali in Italia sono agevolazioni fiscali mirate o si tratta di aiuti di stato irregolari?

E’ quanto sta cercando di comprendere la Commissione europea, che ha aperto un’indagine approfondita per verificare se i provvedimenti ad hoc dell’Italia siano o meno in linea con le norme Ue sugli aiuti di stato.

Il motivo? L’Antitrust Ue “teme” che le agevolazioni in questione non compensino il danno realmente subito.

Nello specifico, infatti, da Bruxelles dubitano che le agevolazioni fiscali e previdenziali introdotte a favore delle imprese non si limitino a compensare il danno realmente subito, come invece previsto dalle norme Ue.

La spiegazione direttamente in una nota della Commissione, il cui timore è “che non tutti i beneficiari degli aiuti siano imprese che hanno subito realmente un danno causato da una calamità naturale, che in alcuni casi il danno non sia stato causato unicamente da una calamità naturale e che gli aiuti non si limitino sempre a compensare questo danno”.

Insomma: potrebbe trattarsi di una sorta di aiuti di stato mascherati e, quindi, irregolari.

In attesa che la giustizia europea faccia il suo corso, un dato è già sicuro: l’Italia – fanno sapere da Bruxelles – non ha mai notificato alla Commissione questo tipo di provvedimenti.

Le misure nel mirino, in tal senso, riguardano più precisamente agevolazioni fiscali e previdenziali del 90 per cento (50-60 per cento nel caso di quelle più recenti) che non sono direttamente collegate a una specifica calamità o all’entità del danno effettivamente subito.

Se le misure si dovessero dimostrare incompatibili con le norme Ue, l’Italia dovrà recuperare gli aiuti versati.

Se così fosse, oltre al danno della magra figura in campo continentale, ci sarebbe anche un danno economico non di poco conto. Nel frattempo, inoltre, Bruxelles ha chiesto a Roma di bloccare le agevolazioni fino a quando non ne avrà accertata la compatibilità.


L’indagine, è scritto nella nota Ue, ha mosso i suoi primi passi nel 2011, allorché una richiesta di informazioni proveniente da un tribunale italiano aveva attirato l’attenzione sull’esistenza dal 2002 in Italia di una serie di riduzioni delle imposte e dei contributi previdenziali e assicurativi obbligatori a favore delle imprese delle zone colpite da calamità naturali. All’epoca, lo Stato italiano non ha notificato queste misure alla Commissione ed è quindi venuto meno agli obblighi previsti dall’articolo 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Ue.


Anche da questo dato di fatto nascono i dubbi della Commissione sulla compatibilità delle misure con le norme in vigore, in base alle quali gli aiuti pubblici destinati a ovviare ai danni causati dalle calamità naturali non devono superare il danno realmente subito.


Dopo il terremoto del 1990 in Sicilia e le inondazioni del 1994 in Italia settentrionale, l’Italia aveva adottato una serie di leggi che permettevano di sospendere e prorogare il versamento di imposte e contributi da parte delle imprese situate nelle zone colpite. Nel 2002-2003, l’Italia aveva poi introdotto misure che riducono del 90 per cento il debito fiscale e contributivo delle società interessate. Nel 2007, nel 2010 e nel 2012, ha ricostruito l’esecutivo di Bruxelles, la Corte di Cassazione aveva stabilito che tutte le persone colpite dalle calamità naturali in Sicilia e in Italia settentrionale avevano diritto a un’agevolazione fiscale e previdenziale del 90 per cento, anche se avevano già versato gli oneri.

Centinaia di imprese hanno così chiesto il recupero degli importi debitamente versati e i tribunali italiani stanno esaminando centinaia di richieste.

Tra il 2007 e il 2011 l’Italia ha adottato altre leggi simili che prevedono agevolazioni del 60 per cento a favore delle società situate nelle zone colpite da altri terremoti. Per alcune di queste, la Commissione aveva già approvato in passato dei regimi di aiuti destinati a ovviare ai danni causati da una specifica calamità naturale.

Come già detto, però, le misure che la Commissione sta per analizzare consistono in agevolazioni fiscali e previdenziali del 90 per cento (50-60 per cento nel caso di quelle più recenti) che non sono direttamente collegate a una specifica calamità naturale o all’entità del danno effettivamente subito da una determinata impresa a causa di quella calamità.

 


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