Prc: ''Ecco i parlamentari abruzzesi che hanno votato contro i diritti dei lavoratori''

24 Ottobre 2012   17:28  

Riceviamo  da Carmine Tomeo, responsabile lavoro PRC Abruzzo e pubblichiamo

“STOP AI PRIVILEGI, DIFENDI I TUOI DIRITTI” è l’esortazione riportata nei volantini distribuiti nei banchetti abruzzesi, per la raccolta firme a sostegno di della proposta di legge di iniziativa popolare per istituire anche in Italia il reddito minimo garantito, e di tre quesiti referendari: per il ripristino dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori; la cancellazione dell'articolo 8 della "manovra di Ferragosto" che consente alle aziende di derogare leggi e contratti collettivi; l'abolizione della diaria dei parlamentari.

Uno slogan, quello citato, nato dalla consapevolezza che le due questioni (privilegi e diritti) non possono essere separate, perché mentre qualcuno gode di privilegi di casta, la stragrande maggioranza della popolazione soffre una vita precaria e spesso povera.

Un termine, “casta”, citato con cognizione di causa e senza le declinazioni populiste con il quale spesso viene usato.

Perché una casta esiste e non è formata dalle militanti e dai militanti che ogni giorno si spendono in politica, nei partiti, nelle associazioni, nei comitati per difendere un territorio o per lottare per migliori condizioni di vita.

Una casta esiste ed è lontana anni luce dalle persone in fila per firmare per il ripristino dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, la cancellazione dell’articolo 8 della manovra di Ferragosto e per l’abolizione della diaria dei parlamentari.

Una casta esiste e pratica quello che Gramsci definiva «cadornismo» e cioè la persuasione che una cosa va fatta perché ritenuta giusta da chi comanda e «così è difficile estirpare l’abitudine criminale di trascurare di evitare i sacrifizi inutili».

A quella casta, Rifondazione Comunista Abruzzo sta dando i volti: manifesti con le facce dei parlamentari che si sono fatti eleggere in Abruzzo, che hanno votato la manomissione dell’articolo 18 e che continuano a votare i provvedimenti da macelleria sociale del governo Monti.

Quelli che, direbbe Gramsci, hanno «mostrato di non tener conto del sacrifizio altrui» e di star giocando con le vite altrui.

Sono le facce di parlamentari di Pd, Pdl, Udc e Fli che nel nome del «ce lo chiedono l’Europa e i mercati» impongono «sacrifici necessari».

Di fronte a quei volti in questi giorni si sono fermati in centinaia nei mercati e nelle piazze abruzzesi.

Qualcuno, esprimendo comprensibile rabbia sfogata per l’enormità di quei «sacrifici necessari» di pensionato con la pensione minima dopo una vita di lavoro, non ce l’ha fatta a non descrivere la sua indignazione anche sui moduli referendari.

E così su quello con il quale si chiede l’abolizione della diaria dei parlamentari, tra il proprio nome e la sua firma si legge testualmente: «io non voto per i politici ladri bastardi». Poi quello ti guarda compiaciuto, ti stringe la mano, ti augura buon lavoro e ti fa capire che non ti mette tra quei politici: a lui è chiara qual è la casta. Una firma è andata persa, ma c’è una persona in più che ha più chiaro che quelli che fanno politica non sono tutti uguali.

Persino un ex militante di estrema destra, che non ha abbandonato le sue idee ha voluto mettere la sua firma per una giusta causa.

Ma più sorprendente arriva la firma a chiusura di questo secondo fine settimana referendario: un segretario cittadino dell’Udc che si avvicina al banchetto, rifiuta il volantino perché, dice, «non c’è bisogno, so tutto», e appone la sua firma sui quattro moduli.

Ancora Gramsci, scrivendo sull’imposizione di sacrifici inutili affermava che «sempre, dopo ogni rovescio, occorre prima di tutto ricercare le responsabilità dei dirigenti».

Forse sono più di quanti immaginiamo, quelli che, notando che dall’attuale classe dirigente che sostiene Monti non è possibile aspettarsi miglioramenti, si stanno accorgendo che il cambiamento del Paese può partire dal basso. E allora questa campagna referendaria assume chiaramente un significato che va oltre il campo dei quesiti referendari e può essere veicolo di una richiesta di cambiamento che non è più rinviabile. Non sprechiamo l’occasione.''



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