Processo Tuccia, la vittima in aula: ''Questa storia e' un incubo che mi ha stravolto la vita''

La sentenza il 31 gennaio

10 Gennaio 2013   10:45  

Con l'audizione della giovane vittima è ripreso oggi al tribunale dell'Aquila il processo a carico di Francesco Tuccia, il ventunenne campano accusato di aver violentato l'11 febbraio dello scorso anno una studentessa universitaria laziale sua coetanea fuori da un locale da ballo.

"Non ricordo nulla, ma questa storia e' un incubo che mi ha stravolto la vita. Ho solo pochi ricordi di quella notte. Ricordo solo l'ingresso in discoteca e il momento in cui ho consegnato il mio cappotto al guardaroba del locale. Poi il nulla". Questo un passaggio saliente della deposizione della vittima.

In aula era presente anche Francesco Tuccia, anche lui ventenne della Provincia di Avellino, (ex militare).

Il giovane che e' accusato anche di aver lasciato la ragazza in uno stato di incoscienza tra le nave ed in una pozza di sangue, e' giudicato con il rito immediato.

L'udienza di oggi e' stata incentrata sulle testimonianze dell'accusa, ed in particolare sull'audizione della vittima e della sua amica, con la quale era andata a ballare.

L'udienza e' stata aggiornata al 31 gennaio data nella quale verra' sentito l'imputato ed i testimoni della difesa. Nella stessa data prevista la requisitoria del pm e la sentenza.

Come accaduto nelle altre udienze, fuori l'aula del Tribunale si sono ritrovate molte donne, esponenti di associazioni che combattono la violenza di genere che all'uscita alla vista di Tuccia all'uscita dall'aula hanno manifestato tutta la loro rabbia.

Il Centro antiviolenze dell'Aquila e' stato ammesso nella scorsa udienza parte civile al processo.

A salvare la ragazza subito dopo lo stupro, alcuni addetti alla sicurezza della discoteca.

Erano stati gli stessi dopo poco ad avvertire il personale medico del 118 e a bloccare l'auto dove si trovava Tuccia con altri amici, questi ultimi risultati estranei alla violenza.

Tuccia, arrestato dopo circa una settimana (ex militare del 33/Esimo Reggimento artiglieria terrestre 'Acqui' dell'Aquila) era stato rinchiuso al carcere di Teramo, nella stessa cella in cui si trovava Salvatore Parolisi, il militare poi condannato all'ergastolo per l'omicidio della moglie Melania Rea.

Tre mesi e mezzo dopo il 22enne aveva ottenuto i domiciliari, una decisione, questa, che aveva provocato pesanti polemiche e suscitato forte sdegno nell'opinione pubblica. 

AL NOSTRO MICROFONO UN PARENTE DELLA VITTIMA 

 


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