Restituzione tasse al 100%, il Tar dà ragione agli aquilani

13 Settembre 2013   11:13  

Una sentenza che fa tirare un sospiro di sollievo a migliaia di liberi professionisti e imprese aquilane.

Il Tar ha infatti bocciato le richieste presentate tramite circolari da Inps e Inail alle imprese del cratere sisimico in cui domandavano "la restituzione immediata e totale" dei contributi sospesi dopo il sisma e poi ridotti del 60%.

La giuria ha dunque accolto il ricorso presentato dalle imprese Gran Sasso Acqua spa, Edilfrair, Ance, Confindustria, Apindustria Pmi, e dalle associazioni Confcommercio, Coldiretti, Cia, tutte rappresentate dall'avvocato Roberto Colagrande.

Inps e Inail, nello specifico, esigevano la restituzione di tali contributi entro il prossimo 31 gennaio, indennizzi che invece, secondo l'Unione Europea, sono a tutti gli effetti aiuti di stato, il cui versamento ai due enti é dunque da ritenersi non dovuto.

Passa il principio che una circolare dell'Inps e dell'Inail non possono contraddire una legge dello Stato.

La sentenza ha stabilito che, "se lo Stato é contravvenuto al disposto divieto di concedere aiuti prima della notifica dell'aiuto alla Commissione Ue, doveri di lealtà procedimentale impongono di considerare la situazione costituita in capo ai soggetti, apparenti beneficiari apparenti in buona fede, neppure potendosi trascurare il dato che il beneficio ha trovato applicazione sulla base di disposizioni di valenza primaria, dunque munite di particolare riferimento per i destinatari".

I giudici hanno poi riconosciuto che l’immediato recupero, peraltro integrale, in danno degli originari beneficiari, in presunta attuazione dell’ingiunzione di sospensione impartita dalla Commissione Ue, è illegittimo perché non è mai stata dichiarata in via definitiva l’illegalità dell’agevolazione concessa sotto forma di riduzione degli oneri fiscali e contributivi.

Il vero scoglio da superare indenni è però quello dell’Europa, che dovrà stabilire se la riduzione fiscale adottata nel post-terremtoto aquilano sia un aiuto di Stato o meno, e se sia ammissibile, in base ai paradigmi vetero-liberisti che in Europa dettano legge.  

La vera e decisva battaglia insomma deve ancora arrivare. 

La sentenza Tar  è stata ovviamente accolta con grande soddisfazione dalle associazioni di categoria.

“Un primo, importante, risultato, a sostegno delle imprese aquilane duramente colpite dal sisma del 6 aprile 2009”. spiega Lorenzo Santilli, presidente della Camera di commercio della provincia dell'Aquila.

''I giudici amministrativi - sottolinea Santilli - hanno finalmente avvalorato una logica che sembrava persa e cioè che una circolare non può contraddire una legge dello Stato.

Certamente questo è un primo risultato positivo, che per ora ci conforta sulla giustezza di alcune nostre posizioni rivendicate fin dall’inizio”.

Il presidente della Camera di commercio evidenzia come “sia scampato il pericolo di un recupero immediato delle tasse non versate dopo il sisma.

Questo, almeno per il momento, fa tirare un sospiro di sollievo alle imprese aquilane e ai professionisti, che devono affrontare già troppe difficoltà dovute alla situazione economico-sociale legata al post-sisma”.

 

Con preghiera di cortese pubblicazione.

L'Aquila 13/09/2013 L'Ufficio Stampa

 

 

A seguire il passo saliente della  sentenza

(...)

FATTO

Con il ricorso in epigrafe, le imprese e associazioni di imprese ricorrenti, tutte operanti nell’area interessata dal sisma aquilano del 6 aprile 2009, hanno impugnato gli atti sopra individuati, variamente incidenti sui benefici contributivi che le stesse avevano ottenuto in conseguenza del detto sisma.
In particolare, il Governo italiano, con OPCM nn. 3753 e 3754 del 9.4.2009 e n.3780 del 6.6.2009, e con il decreto legge 28.4.2009, n.39, convertito con legge 24.6.2009, n.77, aveva concesso alle imprese ubicate sul territorio colpito dal sisma la sospensione e il differimento del versamento dei tributi e dei contributi sino al 30.11.2009, termine successivamente prorogato al 30.6.2010 (OPCM n.3837 del 30.12.2009), al 15.12.2010 (art. 39 del d.l. 31.5.2010, n.78, conv. in legge 30.7.2010, n.122), al 31.10.2011 (art. 3 del D.L. 29.12.2010, n.225, conv. in legge 26.2.2011, n.10) e infine al 16.12.2011 (DPCM del 16.8.2011); in data 12.11.2011 entrava in vigore l’art. 33, comma 28 della legge n.183/2011 (c.d. Legge di stabilità 2012, pubblicata in GURI n.265 del 14.12.2011), a termini del quale “per consentire il rientro dall’emergenza derivante dal sisma che ha colpito il territorio abruzzese il 6 aprile 2009, la ripresa della riscossione di cui all’articolo 39, commi 3-bis, 3-ter e 3–quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, avviene, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, mediante il pagamento in centoventi rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2012. L’ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo, ovvero per ciascun carico iscritto a ruolo, oggetto delle sospensioni, al netto dei versamenti già eseguiti, è ridotto al 40 per cento”.

L’agevolazione in questione, in particolare, comportava quindi la riduzione al 40% delle obbligazioni originarie (tributi e contributi dovuti per il periodo dal 6 aprile 2009 al 31 dicembre 2011), ripartite in 120 rate mensili di pari importo, senza applicazioni di sanzioni, oneri e altri accessori, per tutti i “soggetti residenti, aventi sede legale od operativa alla data degli eventi sismici” oppure “aventi domicilio fiscale o sede operativa” nel territorio del c.d. “cratere”.

Dopo l’entrata in vigore della legge, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali sollevava la questione della compatibilità dell’agevolazione introdotta con il diritto comunitario della concorrenza, inducendo il Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro a chiedere un parere in merito al Capo del Dipartimento per le Politiche europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il quale evidenziava che, avendo il Governo italiano omesso di notificare alla UE l’agevolazione, la stessa era da considerare “illegale” ai sensi del Regolamento CE n.659/1999 disciplinante la notifica degli aiuti di stato;

pertanto, esprimeva l’avviso che, nelle more della notifica e della decisione della Commissione UE sulla compatibilità dell’agevolazione, la norma dovesse applicarsi nei limiti del c.d. “de minimis”, cioè della soglia di euro 200.000,00, prevista dal Regolamento CE n.1998/2006 quale soglia di irrilevanza/neutralità degli aiuti concessi dagli stati; in sostanza, suggeriva di accordare l’abbattimento previsto (60% degli importi dovuti) solo ai soggetti il cui sgravio complessivo non superasse l’importo predetto, mentre tutti gli altri soggetti (ricadenti sopra soglia) avrebbero dovuto pagare l’intero importo sospeso dal 2009, salvo successiva restituzione in caso di decisione favorevole da parte della Commissione.

In data 2.7.2012, il Governo italiano notificava la misura d’aiuto alla Commissione; nondimeno, prima che questa si pronunciasse, le Direzioni generali INPS e INAIL adottavano le impugnate circolari, con cui limitavano l’applicazione della agevolazione ai soli soggetti compresi nella soglia “de minimis”, prevedendo, per i soggetti non rientranti nella soglia che avessero usufruito dell’agevolazione, la restituzione degli importi non versati, comprensivi degli interessi maturati sino ad allora; in data 17.10.2012, la Commissione con decisione C(2012) 7128, relativa a diversi casi di aiuti di stato imputati all’Italia fin dal 2002, ingiungeva di sospendere le misure d’aiuto fino alla decisione in merito alla loro compatibilità con il mercato interno; quindi, l’INPS fissava i termini per le dichiarazioni “de minimis” e stabiliva la conseguenti determinazione in ordine alla valutazione di regolarità contributiva, in particolare prevedendo che “le imprese che hanno avviato il pagamento dei contributi nella misura del 40% in forza delle disposizioni di cui
all’art. 33, comma 28 della legge 12 novembre 2011 potranno essere considerate regolari ai fini del rilascio del DURC fino alla decisione definitiva della Commissione europea in merito alla violazione della normativa comunitaria in materia di aiuto di stato”, lasciando invariato “il termine del 31 gennaio 2013 entro il quale le imprese devono presentare la dichiarazione “ de minimis” al fine della fruizione dell’agevolazione contributiva del 40%”, così in realtà lasciando intendere che sarebbe stato determinato l’ammontare dei contributi dovuti (per intero) per tutte le imprese che avessero superato la soglia de minimis”, le quali, in caso di mancato pagamento, non avrebbero potuto ottenere DURC regolari.

Da qui il ricorso che deduce:

1) Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento CE n.659/1999 per ineseguibilità della ingiunzione di sospensione alla luce della peculiare natura dell’agevolazione concessa. Eccesso di potere; illogicità manifesta, carenza dei presupposti, disparità di trattamento, sviamento. Violazione del principio di adeguatezza e proporzionalità: in base all’epigrafato regolamento CE, l’ingiunzione di sospensione che la Commissione può impartire si distingue dall’ingiunzione di “recupero”, con la prima disponendosi di “sospendere l’erogazione di ogni aiuto concesso illegalmente fino a che non abbia deciso in merito alla compatibilità dell’aiuto con il mercato comune, con la seconda ordinandosi allo Stato membro di recuperare a tiolo provvisorio ogni aiuto concesso illegalmente; il recupero può essere disposto solo se non sussistono dubbi circa il carattere di aiuto della misura in questione, se occorre affrontare una situazione di emergenza, ovvero se esiste un grave rischio di danno consistente e irreparabile ad un concorrente, ipotesi che ricorrono solo nel caso di concreta percezione di utilità da parte del beneficiario tramite diretta erogazione; la decisione della Commissione, disponente la sola “sospensione dell’aiuto, risulta ineseguibile giacché nessuna erogazione è stata disposta in favore degli operatori economici ricorrenti; la natura “istantanea “ dell’aiuto osta ad una “sospensione”, che presuppone la continuità dell’aiuto; l’attuazione disposta si atteggia come “recupero” e come tale non è mai stata ordinata dalla Commissione; il disposto “recupero”, comunque, non sarebbe legittimo neppure secondo il regolamento, non rientrando il caso in esame tra quelli espressamente contemplati; inoltre, riconoscere l’agevolazione solo ai contribuenti che rientrino nella soglia “de minimis” comporta disparità di trattamento con ulteriore aggravio degli squilibri economici del territorio abruzzese che l’agevolazione intendeva eliminare; il recupero dell’agevolazione, come disposto, anticipa un esito che non è ancora certo;

2) Eccesso di potere per disparità di trattamento discendente dall’applicazione della soglia “de minimis2. Illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà manifeste. Difetto di istruttoria. Sviamento: il recupero crea ulteriore disuguaglianza tra soggetti che fruiscono subito dell’agevolazione (ricadenti nel “de minimis”) e altri che solo in futuro potranno recuperare quanto loro spettante, con effetti pratici macroscopicamente illogici;

3) Violazione del generale principio della certezza giuridica e della tutela del legittimo affidamento, anche in relazione ai generali principi di economicità, efficienza, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.). Sviamento, illogicità e contraddittorietà manifeste: le determinazioni impugnate violano il generale principio della certezza giuridica e del legittimo affidamento, riconosciuto ed affermato anche dalla Corte di giustizia UE oltre che dalla Corte Costituzionale; nel caso di specie, la situazione di vantaggio già costituita in capo ai ricorrenti, che vi avevano in buona fede posto un affidamento legittimo, viene pregiudicata;

4) Violazione e/o erronea applicazione dell’art. 107 TFUE in ordine alla configurabilità dell’agevolazione ex art. 33 comma 28 della legge n.183/11 quale aiuto di stato incompatibile con il mercato interno: l’agevolazione in questione non costituisce comunque aiuto di Stato vietato, essendo destinata a ovviare ai danni arrecati da calamità naturali oppure da altri eventi naturali, e dunque, in base all’art. 107 TFUE, non costituisce aiuto di Stato; la misura in questione ha lo scopo di riequilibrare la situazione economica squilibrata indotta dal sisma, non potendosi sul punto condividere quanto osservato dalla Commissione in ordine alla mancata dimostrazione del nesso tra l’aiuto e il danno subito a seguito delle calamità naturali.

Concludevano per l’accoglimento del ricorso.

Si costituivano l’INPS; l’INAIL e il Ministero del Lavoro, svolgendo diverse eccezioni preliminari e chiedendo rigettarsi il ricorso nel merito.

Le parti depositavano memorie e documentazione.

All’esito della pubblica udienza del 26 giugno 2013, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.

DIRITTO

I. Va preliminarmente scrutinata l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalle difese resistente con riguardo alla circostanza che si tratterebbe di controversia riguardante l’annullamento di atti e provvedimenti delle Direzioni generali INAIL e INPS, aventi carattere ultraregionale.

I.1) L’eccezione è infondata.

I.2) Come statuito anche da Ad Plenaria 19.11.2012, n.34, è ben vero che secondo l’art. 13 del c.p.a., il criterio principale di attribuzione della competenza territoriale è quello della sede dell’autorità che ha emesso l’atto impugnato (e a questo criterio si rifanno appunto le Amministrazioni resistenti per fondare la propria eccezione), ma tale criterio è sostituito da (e dunque è recessivo rispetto a) quello inerente gli effetti “diretti” dell’atto qualora essi si esplichino in luogo compreso in una diversa circoscrizione territoriale di tribunale Amministrativo regionale

I.3) Nel caso di specie, si tratta di atti che, benché emessi dalle Direzione generali, in quanto regolanti le modalità di recupero di contributi non versati e le conseguenti valutazioni in termini di rilascio del DURC nei confronti delle imprese operanti nel cratere interessato dal sisma aquilano del 2009, sono incidenti unicamente nell’ambito circoscrizionale riconducibile al TAR Abruzzo – L’AQUILA, peraltro in diretto collegamento con circostanze legate al territorio e originanti le misure de quibus.

II. Del pari infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notifica ad (almeno) un controinteressato.

II.1) La disposizione invocata (art. 41 c.p.a.) deve riferirsi a fattispecie nelle quali i controinteressati, nei confronti dei quali il contraddittorio deve essere integrato, siano individuati (o individuabili) “nell’atto stesso”.

L’effettuata impugnazione riguarda invece un atto plurimo disponente obblighi nei confronti di una platea ampia di destinatari, senza che sia possibile, se non indirettamente, individuare soggetti direttamente beneficiari di tali disposizioni e, dunque, potenziali controinteressati.

III. Nel merito, i ricorrenti contestano, nella sostanza, le modalità e la tempistica con le quali gli Enti previdenziali hanno inteso dare attuazione all’ingiunzione di sospensione impartita dalla Commissione UE, su conforme indicazione del Ministero del Lavoro, nel senso dell’immediato recupero dei contributi non versati già oggetto di riduzione (al 40%) a suo tempo disposta per legge.

I ricorrenti precisano tale articolato difensivo argomentando sulla diversità ontologica tra “sospensione” e “recupero” dell’agevolazione, traendone la conclusione che, a fronte di un’ingiunzione di mera sospensione, non sarebbe possibile disporre l’immediato recupero (peraltro integrale); sotto diverso profilo, il recupero neppure sarebbe autonomamente possibile, non avendo la Commissione dichiarato in via definitiva l’illegalità dell’aiuto/agevolazione concesso sotto forma di riduzione degli oneri fiscali e contributivi; il tutto a fronte di una situazione di affidamento ingenerato in capo ai beneficiari e di palesi incongruità applicative ove si desse corso, come si intenderebbe fare, all’immediato recupero dei contributi non versati.


III.1) Ricorda il Collegio che le norme di riferimento, individuabili negli artt. 107 e 108 TFUE, rispettivamente dispongono che, “salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza” e che “qualora la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fondi statali, non è compatibile con il mercato comune a norma dell’art. 107 deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato”.
Di regola, la misura agevolativa proposta dallo Stato non può avere esecuzione prima della decisione della Commissione sulla compatibilità comunitaria dell’aiuto (art. 108 TFUE, ultimo periodo, paragrafo 3).

III.2) Nel caso di specie, come esposto in narrativa, l’agevolazione si è concretata dapprima nella sospensione dei termini per il versamento delle imposte e dei contributi previdenziali e poi nella riduzione degli stessi al 40% per il periodo indicato dalla legge e riferito alla c.d. “emergenza” post-sisma; superato il quale, allo stato, le imprese hanno ripreso a pagare il corrente per l’intero e il pregresso (importo dei tributi e dei contributi dovuti per il periodo dal 6 aprile 2009 al 31 dicembre 2011) al 40% con versamenti rateizzati (cfr. art. 33, comma 28, della legge n.183/2011: “Per consentire il rientro dall’emergenza derivante dal sisma che ha colpito il territorio abruzzese il 6 aprile 2009, la ripresa della riscossione di cui all’articolo 39, commi 3-bis, 3-ter e 3-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.122, avviene, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, mediante il pagamento in
centoventi rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2012. L’ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo, ovvero per ciascun carico iscritto a ruolo, oggetto delle sospensioni, al netto del versamenti già eseguiti, è ridotto al 40 per cento”).

III.3) Gli atti impugnati intendono dare attuazione, in linea con quanto ritenuto dal Ministero del Lavoro, alla Decisione resa dalla Commissione Europea n. C(2012) 7128 del 1.10.2012, secondo cui, sul presupposto che le misure di aiuto siano pienamente in vigore alla data di adozione della stessa, è necessario “sospendere immediatamente tutti i pagamenti nell’ambito delle misure di aiuto …”; pertanto, la Commissione ha ingiunto all’Italia di sospendere tutti gli aiuti illegali concessi nell’ambito dei casi di aiuto di Stato…fintantoché la Commissione non abbia preso una decisione in merito alla compatibilità dell’aiuto con il mercato interno (ingiunzione di sospensione).

III.4) L’INAIL sostiene, nella sua memoria, che in nessun caso sarebbe stato possibile ottemperare alla decisione della Commissione se non procedendo, come si è inteso fare con gli atti impugnati, in piena attuazione del dettato della decisione, al recupero delle somme non versate nei confronti dei soggetti ricadenti nella possibile definizione di beneficiari di aiuti di stato illegali, ossia del soggetti non rientranti nella soglia esente del “de minimis”, nei confronti dei quali fosse stato disposta l’agevolazione in esame.
La circolare INAIL n.46/2012, impugnata, ha dunque previsto che “nei confronti dei soggetti che non rientrano nei limiti previsti dalla normativa comunitaria in tema di “de minimis”, trova applicazione soltanto la riscossione in 120 rate mensili, senza la riduzione al 40% prevista dalla legge n.183/2011, fermo restando che la riduzione in questione potrà eventualmente essere applicata nel caso in cui la commissione europea si esprima favorevolmente”.

III.5) Il Collegio non condivide tale impostazione.
Come si è sopra detto, la Commissione, distinguendo anche nel corpus della decisione, tra ingiunzione di “sospensione” e ingiunzione di “recupero” (cfr. punto 5, n.75: “Qualora dovesse giungere alla conclusione che l’aiuto concesso illegalmente dalle autorità italiane non sia compatibile con il mercato interno, la commissione può decidere di emettere un’ingiunzione di recupero adottando una decisione definitiva negativa. Le autorità italiane sarebbero quindi tenute a recuperare gli aiuti ritenuti incompatibili”), si è limitata a ingiungere la mera “sospensione”, nei termini dalla stessa Commissione precisati ( cfr. punto 6/78 della decisione: “nessuna impresa può beneficiare dell’aiuto nell’ambito delle misure in questione fintantoché la Commissione non avrà concluso l’indagine formale”).

Tanto ha disposto, come sopra detto, sul presupposto della persistente vigenza delle misure di aiuto.

Tale presupposto la Commissione ha tuttavia attentamente vagliato e ritenuto sussistente non già in relazione alla circostanza che i destinatari avessero (già) beneficiato delle dette riduzioni (di fatto non pagando gli importi scontati), che è il caso delle imprese aquilane, ma con riferimento espresso al fatto che “anche a seguito delle sentenze della Corte Suprema di Cassazione (cfr. capitolo 2.9), le misure di aiuto sono pienamente in vigore al giorno in cui è adottata la presente decisione”.

Tale principio la Cassazione ha affermato (sentenze nn.20641/2007, 11133/2010, 11247/2010) con riguardo alle misure relative alla Sicilia e all’Italia settentrionale (anch’esse oggetto della decisione della Commissione), ritenendo che “tutte le imprese ammissibili a beneficiare delle misure relative alla Sicilia e all’Italia settentrionale abbiano diritto allo stesso sconto del 90% sui tributi e i contributi, altrimenti si tratterebbe di un’ingiustificata disparità di trattamento”.

La Commissione ha dunque argomentato, sulla base di quanto deciso dalla Suprema Corte italiana, che “le misure di aiuto sarebbero valide retroattivamente a beneficio di tutte le imprese, incluse quelle che hanno versato regolarmente le imposte e i contributi e che, pertanto, i regimi non abbiano limiti temporali dì applicazione nella misura in cui l’impresa dimostri di avere diritto all’aiuto” (punto 2.9/44 della decisione).
Si comprende dunque che la Commissione paventi ulteriori estensioni del beneficio in favore di destinatari non ancora individuati, che potrebbero, in virtù della interpretazione sposata dalla Cassazione, beneficiare degli aiuti e addirittura proporre azioni di recupero per indebito, così imponendo “pagamenti” all’Erario.

Ed è così, dunque, che si spiega l’ingiunzione di “sospensione”, che presuppone, come argomentano i ricorrenti, una misura tuttora applicabile ed erogabile e che, come sopra intesa, impone all’Italia di non estendere ulteriormente le misure di aiuto a soggetti diversi da quelli che ne abbiano finora beneficiato, esposti, in caso di decisione definitiva negativa, all’inevitabile recupero.

III.6) Ne discende che l’immediato recupero in danno degli originari beneficiari non trova alcun fondamento nella ingiunzione della Commissione, che ha contenuto differente.

III.7) Né l’immediato recupero trova giustificazione ex se nella prospettata natura illegale dell’aiuto, allo stato non ancora formalmente definita dalla Commissione UE.

Benché invero la misura non sia stata previamente notificata (circostanza che la Commissione ha puntualmente deplorato), la stessa è stata disposta con atto avente forza di legge costituente peculiare affidamento in capo ai beneficiari, sicché il recupero, una volta accertato come imposto (a seguito della definitiva decisione di incompatibilità comunitaria), e dunque certo nell’”an”, dovrebbe conseguire, per tempistica e modalità, all’esito di puntuale istruttoria e verifica dei suoi effetti sulla situazione soggettiva degli ex-beneficiari, istruttoria che, vertente sul “quando” e sul “quomodo”, benché, allo stato, prematura (perché, come detto, dovuta solo all’esito della decisione definitiva della Commissione), comunque non è stata in alcun modo espletata dalle Amministrazioni.

In sostanza, se lo Stato è contravvenuto al disposto divieto di concedere aiuti di stato prima della notifica dell’aiuto alla Commissione UE, doveri di lealtà procedimentale impongono di considerare la situazione costituita in capo ai soggetti, apparenti beneficiari apparenti in buona fede, neppure potendosi trascurarsi il dato, sopra ricordato, che il beneficio in questione ha trovato applicazione sulla base di disposizioni di valenza primaria, dunque munite di particolare affidamento per i destinatari.

III.8) Pur non ignorando il Collegio la posizione assai rigorosa della giurisprudenza comunitaria sul punto, richiedendo oneri probatori assai pesanti sul titolare dell’aspettativa legittima ed imponendogli, nella sostanza, un dovere di diligenza in ordine all’andamento dell’iter procedimentale comunitario, occorre tuttavia considerare la natura peculiare dell’aiuto in questione, che, riferito ad una pluralità indeterminata di destinatari, e discendente da norme primarie, impone, ove riconosciuta la sua illegalità comunitaria, e dunque, in forza del principio di effettività comunitaria, la necessità della restituzione delle somme indebitamente percepite dagli operatori economici, la considerazione dell’originario affidamento e l’applicazione del principio apicale di proporzionalità mediante la doverosa ricerca della misura più mite possibile nella determinazione delle modalità di restituzione della somma percepita o, come nel caso di specie, non versata.

IV. In positiva delibazione dei profili sopra disaminati, il ricorso deve pertanto essere accolto, con l’annullamento degli atti gravati nella parte in cui impongono l’immediato versamento degli interi contributi non versati nel periodo di riferimento da parte delle imprese operanti nel cratere.

V. Stante la peculiarità della questione, le spese di giudizio possono compensarsi inter partes, fatta eccezione del contributo unificato che va rifuso ai ricorrenti da parte delle Amministrazioni soccombenti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo – L’AQUILA,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate, fatta eccezione del contributo unificato, posto a carico delle Amministrazioni soccombenti come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Saverio Corasaniti, Presidente
Paolo Passoni, Consigliere
Maria Abbruzzese, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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