Ricostruzione, la paura del contributo diretto: attesa la parola del MEF

14 Novembre 2012   11:27  

Il giorno delle verità potrebbe essere oggi.

L'Aquila dovrebbe finalmente scoprire che strada sta prendendo la ricostruzione.

A far tremare i polsi delle piccole ditte impegnate nella ricostruzione di abitazioni private, e di conseguenza anche dei cittadini, è l'ipotesi di una ricostruzione che sia pagata dallo Stato attraverso un contributo diretto e non tramite finanziamento agevolato, così come era stato fino ad oggi.

E' prevista per oggi la decisione del Ministero dell'Economia e delle Finanze sull'ipotesi, richiesta da più parte, di rifinanziare il plafond della Cassa Depositi e Prestiti per L'Aquila.

E' recentissimo il finanziamento del plafond per l'Emilia Romagna: in Cassa sono stanziati 12 milioni di euro per spingere la ripresa economica delle attività economiche della zona, così in due distinti plafond da 6 miliardi di euro ciascuno: uno per la concessione di finanziamenti agevolati a favore dei titolari di reddito d’impresa - che hanno subito danni a seguito del sisma - per la dilazione del pagamento di tributi, contributi previdenziali e assistenziali e premi per l’assicurazione obbligatoria, dovuti allo Stato per effetto della sospensione degli adempimenti da maggio a novembre del 2012 e degli oneri dovuti dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013.

L'altro plafond per provvista agli istituti di credito per la concessione di finanziamenti agevolati ai soggetti danneggiati dal sisma per interventi di riparazione, ripristino e ricostruzione di immobili adibiti ad uso residenziale e ad uso produttivo (inclusi gli impianti e i macchinari). Le risorse saranno pienamente utilizzabili a partire da gennaio 2013.

Senza cercare il confronto con l'Emilia, che non avrebbe motivo, c'è un evidente disparità: 2 miliari di euro per L'Aquila.

Il ministro Barca lo aveva detto chiaramente “per L'Aquila non ci sarà più un euro in Cassa”

E oggi il MEF dovrà stabilire se ci sarà un altra forma di accordo, come quello che ci fu inizialmente per la ricostruzione ovvero una convenzione tra ABI e CDP per il finanziamento delle opere di ricostruzione. Grazie a questa convenzione, esistevano fondi certi per le imprese, che ottenuto il via definitivo alla ricostruzione, potevano partire davvero con i fondi che arrivavano per il primo quarto subito ad avvio cantiere, soldi che erano stipati nella Cassa che li versava alle banche. 

Ore le banche non aprono più linee di credito per nessuno.

E nessuno senza anticipi può far partire i cantieri nei tempi previsti.

Con il finanziamente agevolato: dall'approvazione definitiva della pratica di ricostruzione, dal momento quindi della pubblicazione sull'albo pretorio del Comune l'impresa ha 30 giorni per aprire il cantiere, pena, per il privato che sta ricostruendo, la perdita di tutti i diritti per l'assistenza (progetto Case, Map etc.). Al tempo della convenzione (che ufficialmente è attiva fino al 31 dicembre 2012, ma senza un euro dentro) in quei giorni arrivava il primo contributo.

Ora invece, il processo è diverso: dopo l'inizio dei lavori la ditta presenta al Comune, il SAL (stato avanzamento lavori) che lo analizza con l'Ufficio Speciale, che lo rende noto al Governo, che dovrà poi finaziarlo. Tempi evidentemente lunghissimo, il rischio è quello di non farcela: le ditte a pagare i dipendenti, i cittadini a non perdere i diritti di assistenza.

E che si fa?

Per ora si attende, quasi in silenzio, la decisione del Mef, che dovrebbe arrivare oggi.

 


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