Risolto giallo dei dischetti di plastica sulla coste tirreniche

22 Marzo 2018   12:05  

E' stato finalmente risolto il mistero dei dischetti di plastica che hanno invaso il litorale del Tirreno per diversi chilometri, dalla Campania alla Feniglia, in Toscana, passando per il Lazio e isole comprese. Grazie all'"intensa attività d'indagine" delle strutture centrali e periferiche del Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera si è scoperto che si tratta di filtri fuorusciti da un impianto di depurazione in prossimità della foce del Sele e poi confluiti nel Tirreno.

"Nel corso dell'intensa attività ricognitiva presso gli assi fluviali (Sele, Mingardo, Lambro, Irno, Tusciano, Volturno, Sarno, Carigliano) ricadenti nel territorio di giurisdizione delle Capitanerie di porto di Napoli, Salerno e Gaeta - si legge in una nota della Guardia costiera - è stata accertata, nelle vicinanze di un impianto di depurazione collocato in prossimità della foce del Sele e sugli argini dello stesso fiume, una ingente concentrazione di tali filtri".

"Dalle ulteriori verifiche svolte presso il depuratore sospetto - continua la nota -, il personale della Guardia Costiera ha potuto accertare l'avvenuta fuoriuscita dei filtri che, a causa di un cedimento strutturale di una vasca dell'impianto, si sono riversati nel fiume Sele per poi confluire nel Mar Tirreno, dove per effetto delle correnti si sono distribuiti lungo le coste della Campania e del Lazio, fino a raggiungere il litorale meridionale della Toscana.

Mentre prosegue l'attività di accertamento sul sito in questione, le informazioni finora acquisite sono state comunicate alla competente autorità giudiziaria di Salerno che ha assunto il coordinamento delle indagini, delegandole alla Capitaneria di porto di Salerno.

Determinante è stata l'attività del personale del Nucleo Speciale d’Intervento (Nsi) della Guardia Costiera, coordinato dal Reparto Ambientale Marino (Ram), cui il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ha conferito espresso mandato al fine di fare luce sulla vicenda.

Una volta assodata la natura di "filtri a biomassa adesa" utilizzati per la depurazione delle acque reflue, gli accertamenti dei militari della Guardia Costiera, svolti in maniera capillare sul territorio interessato dal fenomeno, si sono orientati verso la conferma della principale ipotesi investigativa, ovvero che "tali materiali fossero stati rilasciati da impianti di trattamento dei reflui attraverso lo scarico diretto in mare o nei corsi d’acqua in esso sfocianti".



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