Se ne va un pezzo di storia d'Abruzzo: muore l'ulivo più anziano della regione

Poteva ormai essere a tutti gli effetti considerato uno dei simboli della storia abruzzese, di sicuro uno dei più longevi, tanto che persino Gabriele D'Annunzio ne aveva tessuto le lodi, per cui la sua morte non può che rappresentare, per alcuni, un evento denso di significato, quasi spartiacque.

Dopo la bellezza di circa 1.700 anni di vita si è infatti seccato l'ulivo che sorge presso l'abbazia di San Giovanni in Venere, presso Fossacesia, il più anziano d'Abruzzo, omaggiato anche dal Vate D'Annunzio, dichiarato nel (relativamente, è il caso di dirlo) lontano 1871 "monumento nazionale". Le sorti della pianta provocavano una certa apprensione già da alcuni anni, tanto che nel 2004, dopo l'allarme lanciato dal padre superiore del monastero, padre Carlo Bonini, insieme al passionista padre Lanci, i passionisti di Macerata lo affidarono alle cure di Giuseppe Ursini, noto produttore d'olio di Fossacesia, che prese dieci germogli dalla cima dell'albero e li mise a dimora, per poi raccoglierli dieci anni dopo, vale a dire oggi.

Il salvataggio non è però riuscito, non certo per colpa di Ursini, la cui risposta è stata condita da una certa vena polemica: "Ho deciso di rimuovere dalla balconata del belvedere di San Giovanni il leggìo col mio nome, poiché non potevo legare il marchio della mia azienda ad una pianta secca. Mi sono occupato dell'ulivo per due anni, come da contratto, in condizioni a mio parere non vantaggiose, tra l'altro tra il malcontento di molti frantoiani".

Secondo Ursini, la ragione per cui l'albero si è seccato dopo più di un millennio e mezzo di esistenza sta nell'atto incivile e, per certi versi, inquietante, di qualcuno che ha versato del gasolio sulle radici della pianta, compromettendone irrimediabilmente la sopravvivenza.

Nei pressi dell'ulivo ormai defunto, comunque, Ursini aveva però provveduto a piantare un nuovo alberello. Chissà che anche questo non duri altrettanto.