Terremoto, l'allarme di Martelli (Enea): "In Italia il 70% delle case a rischio crollo"

24 Maggio 2012   07:19  

Nessun intento allarmistico, nessuno studio da stregoni che dà previsioni perfette.

Studi che invece guardano al terremoto da un’altra prospettiva. Esistono e non solo in Italia, e negli ultimi giorni alla ribalta della stampa c’è quello del professor Giuliano Panza, ordinario di sismologia dell’Università di Trieste, condotto con la collaborazione del centro di fisica teorica della stessa università.

Uno studio che guarda alla fisica del terremoto e alle sue evoluzioni nel tempo, da un punto neodeterministico e non statistico.

Studi che sono riusciti a dire, prima che accadesse, che il rischio in Emilia Romagna era considerevole.

Studi che forniscono dati importantissimi a chi si occupa della costruzione e della messa in sicurezza delle strutture, ovvero gli ingegneri.

Ed è proprio un ingegnere, il professore Alessandro Martelli, del Centro Ricerche Enea di Bologna che in un’intervista molto lunga e di grande interesse ci ha parlato di questi studi.

Studi innovativi, per l’Italia, e molto osteggiati dalla scienza cosiddetta ufficiale, sono quelli del professor Panza: considerano il terremoto come dato fisico in evoluzione e i dati vengono riverificati ogni due mesi, riuscendo a considerare così anche gli eventi rari.

“La scienza ufficiale usa un approccio probabilistico su dati statistici, un metodo che per le sue caratteristiche non considera gli eventi rari. E quello in Emilia Romagna è un evento raro.”

Gli studi di Panza, a cui Martelli partecipa come uditore, avevano evidenziato il rischio : “Il 1° marzo si erano presentate le condizioni per allertare l’area Nord (che per la sismologia è un’area però vastissima che va dal nord della Iugoslavia fino all’Abruzzo) in una fascia ristretta e definita. I nostri risultati sono stati presentati agli esperti, anche a quelli della Commissione Grandi Rischi. Il 4 maggio c’è stata la prima vera riunione con la Grandi Rischi, con i sismologi ufficiali e si è discusso animatamente.”

La sismologia tradizionale non sembra gradire gli studi di Panza: “Non è aperta ai nuovi sviluppi – spiega Martelli –studi che determinano rischio e pericolosità.”

Gli studi di Panza erano noti anche della Commissione Grandi Rischi, nella composizione del 2009, quella che si riunì a L’Aquila il 31 marzo di quell’anno. In quel periodo gli studi dissero qualcosa che poteva essere utile, ancora una volta, e che non fu preso in considerazione.

“A gennaio o febbraio del 2009 erano stati distribuiti agli esperti dell’Ingv e ad alcuni membri della Grandi Rischi i nostri studi che allertavano sul rischio in una vasta area. Dal punto di vista meramente scientifico la previsione sbagliò di 10 km.”

Gli studi del dottor Panza se considerati, già a febbraio e gennaio, avrebbero forse potuto porre l’accento sulla necessità della messa in sicurezza dell’area anche aquilana.

Quello che Martelli sottolinea è che questi studi non hanno nessun intento allarmistico: “Per non creare ingiustificato panico vengono consegnati solo a esperti e istituzioni, ma l’Italia fatica ad accettarli, molti non sono disponibili a considerare validi studi che hanno approcci diversi dalla tradizione.”

Martelli sottolinea con forza la necessità di capire che in alcune aree il terremoto prima o poi tornerà ed è inutile chiudere gli occhi.

“Al momento c’è molta proccupazione per il sud Italia, nella zona che va dalla Campania alla Sicilia, ma in particolare a preoccupare sono la zona della Calabria meridionale e quella della Sicilia orientale.” Potrebbe non fare il terremoto in quelle zone, ma in questo periodo storico la zona più a rischio è quella del Sud.

C’è solo una considerazione, ma fondamentale per Martelli: “Questi studi ci possono dire su quali zone è urgente agire sul controllo e il consolidamento delle strutture. In generale in Italia è stato stimato che il 70% delle strutture è a forte rischio di cui si devono fare carico le istituzioni tutte, anche quelle locali.”

Spendere ora per non recuperare poi: “Anche in un periodo di crisi come questo non possiamo chiudere gli occhi, abbiamo accumulato un ritardo enorme. E’ necessario cambiare la mentalità delle istituzioni. Spendere per mettere in sicurezza è un risparmio per il futuro e salve le vite umane.”

di Barbara Bologna


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