Terremoto: ricercatori INGV, da tragedia di L'Aquila contributo alla scienza

06 Aprile 2013   09:40  

 "Siamo convinti che la tragedia dell'Aquila, con tutte le sue contraddizioni, abbia dolorosamente contribuito a far crescere la comunita' scientifica italiana. Vorremmo continuare a farlo insieme al resto della societa', sviluppando di pari passo ricerca scientifica e cultura della prevenzione".

Lo scrivono i ricercatori dell'Ingv in occasione del quarto anniversario del terremoto del 2009, tornando a esprimere la loro vicinanza alla citta' dell'Aquila e agli aquilani.
"In questi quattro anni - e' detto - le nostre ricerche sono proseguite, per capire i dettagli dei processi fisici all'origine dei terremoti e per contribuire alla definizione di iniziative e politiche volte alla mitigazione del rischio sismico. In quest'ottica abbiamo aperto una sede dell'istituto nel centro storico dell'Aquila, anche come riferimento e informazione per le autorita' e la cittadinanza.
Le nostre analisi hanno evidenziato alcuni aspetti importanti della sismogenesi, come il ruolo giocato dai fluidi nella crosta terrestre nella generazione dei terremoti e i meccanismi di propagazione e focalizzazione delle onde che causano lo scuotimento del terreno e quindi il danneggiamento, o il crollo, degli edifici soprastanti".
I ricercatori dettagliano che tra gennaio e dicembre 2009 le reti sismiche Ingv hanno registrato quasi 70.000 terremoti nell'aquilano, attraverso i quali hanno potuto ricostruire in dettaglio il reticolo di faglie che attraversa la zona per oltre 50 km. Si tratta di faglie parallele agli Appennini: in alcuni casi riattivano le strutture compressive che milioni di anni fa hanno portato alla formazione della catena montuosa, in altri sembrano tagliarle di netto.
Agli studi di sismologia i ricercatori dell'Ingv hanno quindi affiancato le modellazioni al computer della faglia responsabile del sisma del 2009, basate su dati geodetici ottenuti con le reti GPS e con l'interferometria da satellite. Ed anche i rilevamenti geologici di una zona piu' ampia, con cui abbiamo ricostruito i meccanismi che, negli ultimi due milioni di anni, sono stati all'origine della formazione dei bacini quaternari dell'Aquila, di Paganica - San Demetrio ne' Vestini, Barisciano - San Pio delle Camere e della Media Valle dell'Aterno.
L'evento del 6 aprile del 2009 "ha prodotto una rottura sul terreno, espressione superficiale della faglia di Paganica: il suo studio ne ha evidenziato un'inedita complessita' strutturale". Cosi', per ricostruire la sua storia e dinamica sono stati effettuati rilievi fino a quattro metri di profondita' scavando le cosiddette trincee paleosismologiche, e "l'analisi dei sedimenti e della loro deformazione ha permesso di riconoscere cinque terremoti verificatisi negli ultimi 5000 anni. Tra questi, il penultimo e' riconoscibile come il terremoto del 1461, ben descritto dai documenti storici. Mentre del terremoto del 1703 non si hanno chiare tracce perche' probabilmente non ha interessato questa faglia". Inoltre, la storia sismica antica e recente dell'Abruzzo "ha aiutato a capire la relazione tra grandi terremoti del passato e sequenze sismiche. Queste ultime sono molto piu' numerose e frequenti dei forti terremoti e generalmente scollegate da loro. Solo nel Novecento la regione abruzzese e' stata interessata da 23 sequenze, otto delle quali intorno all'Aquila". Eppure, e' accaduto che l'unico forte terremoto abruzzese del secolo, quello cioe' di Avezzano nel 1915, magnitudo 6.7, non ha avuto alcuna scossa premonitrice, cosi' come quello, piu' leggero, del 1950.
Ora - concludono i ricercatori - "grazie a un progetto di ricerca finanziato dal Miur (Firb Abruzzo), l'Ingv continuera' questi studi. Insieme, continuera' a promuovere attivita' educative di prevenzione del rischio sismico per la popolazione delle zone piu' pericolose. E riferira' direttamente al pubblico tramite i suoi canali e i social network, come Twitter e Youtube".


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