Venezuela: Italici di tutto il mondo, svegliatevi! Il futuro è glocal.

21 Marzo 2016   23:15  

Pubblichiamo, non senza una certa soddisfazione a farlo ed in seguito vi spiegheremo il perché, una riflessione del Deputato Fabio Porta sulle tesi di Piero Bassetti, sul concetto di italicità e delle potenzialità di questo nuovo concetto che ingloba in una sola definizione tutto ciò che appartiene alla cultura dei nativi italiani e di chi ha fatto di quella, pur non essendo un nativo, la sua cultura.

Ai giovani Bassetti suole dire: "Poiché siete italici, sentitevi anche protagonisti di un grande disegno storico: fare dell’italicità non un potenziale culturale, ma un soggetto politico".

Ed i giovani hanno incominciato a capire queste potenzialità.

La dimostrazione è stato il successo del primo incontro dei giovani italo-venezuelani  (italici meglio detto) che si è svolta la settimana scorsa nella Casa d’Italia di Maracay, dove come conferenza “emergente” veniva esposto dalla professoressa Carla Marchi proprio questo concetto.

Un evento promosso dai giovani del Comitè Juvenil della Casa d’Italia di Maracay e dalla federazione FEGIV, con il sostegno del presidente del club Michele Tortola e di tutta la giunta direttiva e che noi abbiamo recensito in altre pagine del giornale.

http://www.il24ore.it/news/Venezuela-La-Casa-d-Italia-di-Maracay-ospita-l-incontro-nazionale-dei-giovani-italo-venezuelani/170262.htm

E per questo che accogliamo e pubblichiamo con entusiasmo l’intervento di Fabio Porta, deputato della circoscrizione america meridionale al parlamento italiano.

Buona lettura

Gianfranco Di Giacomantonio  Maracay-Venezuela

"Dieci anni fa entravano in Parlamento per la prima volta i rappresentanti degli italiani nel mondo; un grande successo per chi si era battuto alcuni decenni per una piena integrazione delle due “Italie”, quella che vive dentro e quell’altra che vive fuori dai confini nazionali. Un risultato “storico”, senza dubbio, che altri Paesi hanno voluto studiare nonché imitare, ma che forse non si è tradotto in quella “rivoluzione culturale” (prima ancora che politica) che io stesso avevo auspicato qualche anno prima, in un’intervista concessa ad una rivista destinata agli italo-brasiliani”. Gli italiani nel mondo sono formalmente poco meno di cinque milioni: questo è il numero degli elettori residenti oltre confine, italiani nati o discendenti con passaporto e diritto al voto. Molti di più sono poi i cosiddetti ‘oriundi’, italiani nati fuori dal Paese nel corso di oltre un secolo di emigrazione italiana nel mondo; in questo caso, il numero può arrivare vicino ai cento milioni di persone, considerando tutte le generazioni di italiani nate in tutti i continenti.
Ma non finisce qui. Esiste un’altra categoria di persone legate all’Italia, alla sua lingua ed alla sua cultura, un universo fatto di amanti del Belpaese, cultori della lingua di Dante o anche stranieri che hanno scelto l’Italia come loro patria adottiva. Se sommiamo tutte queste categorie arriviamo ad una popolazione di circa 250 milioni di persone: sono gli “italici”, come li ha ben definito il mio amico Piero Bassetti, un italiano che ha conosciuto bene nel corso della sua lunga e intensa vita di imprenditore e politico tutte le possibili accezioni e declinazioni dell’italianità.
Bassetti è innanzitutto un bravo imprenditore, di quelli che hanno portato in alto il nome del “made in Italy” nel mondo (è anche stato Presidente di Assocamerestero, l’associazione delle Camere di Commercio italiane nel mondo); primo Presidente della Regione Lombardia, ha una lunga esperienza anche in campo politico.
Recentemente ha scritto un libro intitolato proprio così, “italici”, dove ci spiega con parole semplici e un ragionamento convincente come l’italicità sia qualcosa di più di uno stato giuridico o anagrafico; siamo di fronte, secondo Bassetti, ad una realtà ibrida e meticcia, una contaminazione sociale e culturale segnata da valori profondi e intensi, originati nel corso dei secoli dall’Italia e dalla sua storia.
Un universo, quello degli “italici”, che l’Italia sembra non avere mai compreso appieno nella sua reale dimensione mettendo in campo politiche appropriate, ossia adottando strumenti concreti affinchè questo immenso patrimonio divenga parte integrante della nostra dimensione nazionale e vero e proprio motore incessante del nostro sviluppo economico.
Le istituzioni italiane non sono state in grado di interpretare questa realtà e di considerarla come il vero valore aggiunto del Paese nella sfida globale; in questo senso, forse, anche il Parlamento e gli “eletti all’estero” hanno preferito (se non altro per inerzia istituzionale o magari per una certa pigrizia culturale) continuare a coltivare il più “comodo” bacino dei cinque milioni di elettori, eventualmente con qualche sprazzo di attenzione al mondo degli italo-discendenti. Gli “italici” invece sono molto di più, e non a caso uso il singolare e non il plurale: non si tratta infatti di un semplice per quanto grande dato numerico (“molti”) ma di una potenzialità enorme (“molto”, appunto) dal punto di vista socio-economico e anche istituzionale.
Una “rivoluzione culturale”, come provavo a definirla oltre dieci anni fa; uno sguardo totalmente diverso rivolto al mondo, ma anche a noi stessi. Si tratta di ridefinire i nostri confini mentali prima ancora che geografici, nella comprensione che un’Italia più grande e inclusiva sarebbe un’Italia più forte e ricca proprio perché aperta al mondo e coraggiosamente in grado di fare dell’italicità il baricentro intorno al quale costruire il proprio futuro.
Una sfida ambiziosa, certo, ma di quelle per cui vale la pena spendersi.

Fabio Porta


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