Vescovi CEAM, la chiesa condanna le infiltrazioni delinquenziali nel post sisma

25 Giugno 2014   09:31  

Abbiamo atteso che l’orizzonte mediatico fosse meglio delineato per fare chiarezza su alcune situazioni che, recentemente, ci ha visti citati nel circuito delle comunicazioni.
Con questa lettera aperta vogliamo anzitutto esprimere il nostro convinto apprezzamento e la cordiale fiducia nei confronti della Magistratura e delle Forze dell’Ordine, impegnate a neutralizzare tentativi d’infiltrazione delinquenziale nelle ricostruzione post-sismica e, nel quadro della leale e corretta sinergia con le istituzioni civili, ci dichiariamo disponibili ad offrire la nostra collaborazione perché si faccia piena verità sulle notizie, comparse sulla stampa, che lasciano intravedere inquietanti manovre speculative e disgustosi giri di mazzette. Confermiamo, ancora una volta, il nostro impegno a contribuire alla rinascita strutturale, sociale e spirituale delle comunità colpite dal recente terremoto.

Insieme a Papa Francesco condanniamo ogni forma di corruzione e affermiamo la volontà alla trasparenza e alla dedizione che non ammette complicità con il male.

La nostra richiesta di vedere riconosciute le Diocesi abruzzesi come “soggetti attuatori”, indirizzata alcuni mesi fa alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è giuridicamente legittima e operativamente corretta, come è dimostrato dal fatto che questa stessa titolarità è stata pacificamente attribuita alle chiese delle Marche, dell’Umbria e dell’Emilia Romagna, colpite da analoghe calamità naturali. Da subito abbiamo pubblicamente e a più riprese chiarito che tale richiesta era unicamente diretta a garantire alla comunità ecclesiale la possibilità di partecipare - come è suo diritto - ai tavoli di concertazione, dove vengono elaborate e prese le decisioni che riguardano il patrimonio ecclesiastico, di proprietà delle Diocesi. In tale prospettiva, abbiamo precisato che l’intento essenziale della nostra iniziativa «è quello di poter disporre di regole meglio definite e più certe – recitano i comunicati di monsignor Petrocchi e della Ceam il 13 e il 14 gennaio scorsi - in grado di determinare con chiarezza modalità, entità e tempi dei finanziamenti erogati per la ricostruzione del patrimonio ecclesiastico, sapendo di contribuire così alla rinascita spirituale, culturale e sociale  delle nostre Città». Abbiamo, inoltre, rimarcato, in tutte le sedi, che, se la nostra domanda fosse stata accolta, avremmo, volentieri, rinunciato all’assegnazione degli incarichi e alla gestione diretta dei finanziamenti stanziati come anche delle successive cantierizzazioni. Per questo abbiamo esplicitamente chiesto l’introduzione di una nota che prevedesse la possibilità di attivare specifiche convenzioni con altri enti (es. Provveditorato alle opere pubbliche, Direzione regionale beni artistici e ambientali, Comune) per assegnare loro la gestione dei fondi erogati e degli appalti.

Il fatto che, a nostra insaputa, siano stati messi in atto - come sembra - tentativi di strumentalizzare a fini disonesti la nostra richiesta, costituisce un atto grave che ci offende profondamente e suscita la nostra indignata riprovazioneTuttavia, anche nell’ipotesi che la nostra richiesta di diventare “soggetti attuatori” non venisse accolta riteniamo urgente e indispensabile studiare nuovi percorsi normativi, più adeguati e articolati di quelli attuali: perciò auspichiamo che vengano varati al più presto dispositivi di legge idonei a consentire una rapida e trasparente ricostruzione degli edifici sacri (di proprietà delle Diocesi), che costituiscono un prezioso patrimonio “identitario” come anche fondamentali centri di aggregazione e luoghi di  interesse turistico-culturale.

 È doveroso manifestare, altresì, la nostra persuasione che monsignor D’Ercole, da noi incaricato a seguire l’iter procedurale della pratica, ha sempre operato in buona fede e animato da spirito di servizio: siamo certi, pertanto, che egli risulti del tutto estraneo ad ogni manovra criminosa che potrebbe essere stata architettata alle sue spalle e contro ogni sua aspettativa.

Come vescovi, ma anche come cittadini, affermiamo - insieme a tutti gli uomini di buona volontà - che la legge deve essere attuata a tutto campo e fino in fondo: perciò, chiunque abbia compiuto reati va perseguito, nessuno escluso. Il tumore del malaffare va estirpato con determinazione, ovunque esso si annidi. Ovviamente - come stabilisce il diritto, sia civile come canonico - nessun indagato può essere giudicato colpevole prima di essere condannato da un legittimo tribunale.

Tutti, in questa sofferta e complessa fase post-sismica, sono chiamati a concorrere, ognuno secondo le proprie capacità e mansioni, alla gigantesca opera della integrale e condivisa rinascita delle nostre zone. Nessuna istituzione o associazione sociale, da sola, può realizzare questa impresa e adempiere questa missione. Siamo pronti a fare la nostra parte perché l’opera della ricostruzione degli edifici civili e religiosi sia condotta bene e avanzi con la dovuta snellezza. Desideriamo, perciò, dare il nostro specifico apporto, affinché, nella convergenza fattiva e solidale, sia assicurata la buona amministrazione di tutte le risorse e ogni energia venga impiegata per promuovere il bene comune, che è bene di tutti e di ciascuno.


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