"Voci dall'amianto", il pericolo silente per L'Aquila ed il cratere sismico

Solo fra 10 anni ne vedremo gli effetti

16 Settembre 2013   07:02  

L’amianto non fa rumore quando si annida nei polmoni, può restare silenzioso per decenni. Secondo l’Ufficio Internazionale del Lavoro ogni anno ci sono 120.000 decessi , in Italia 1000. La stima è, però, per difetto perché le morti per malattia professionale non vengono conteggiate dall’Inail e non tutte le regioni tengono i registri speciali dei tumori causati da amianto. Nel mondo, per amianto, muore una persona ogni 5 minuti; l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che nel 2020 si avrà il picco dei decessi. In questi giorni stiamo assistendo a demolizioni di palazzi dove non viene fatta la bonifica dell’amianto e i lavoratori non indossano neanche una mascherina. Dovranno essere abbattuti centinaia di palazzi, perciò ho deciso di riportare due testimonianze1: una da Casale Monferrato, poiché simbolo delle morti per mesotelioma pleurico, e l’altra da Bologna perché l’amianto ha fatto vittime, e continuerà a farne, in tutto il Paese.

Annamaria Giovannola ha cominciato a lavorare all’Eternit nel 1955, aveva 19 anni:“Ricordo che gli uomini facevano i lavori più pesanti, mentre noi donne lavoravamo al reparto manufatti. Facevamo tutti pezzi per l’edilizia. Per la prevenzione della salute non c’era niente. Era impossibile lavorare con la mascherina ma poi divenne obbligatoria, però lavorando a cottimo la mascherina sarebbe stata di intralcio alla libertà dei movimenti, quando il sudore scendeva giù per il viso. L’unica protezione che indossavano noi donne era un fazzoletto in testa per proteggere i capelli, perchè quando ci spogliavamo eravamo tutte grigie. Ad un certo punto misero dei filtri, ma li chiudevano e li riaprivano, non veniva fatta manutenzione. Nel 1960 mi sono sposata e l’anno dopo ho avuto una bambina. Allora avevamo già un permesso per allattare i figli. Lavoravo per tre ore, poi avevo un’ora a disposizione per l’allattamento. Tornavo a casa, nemmeno toglievo il grembiule perchè il tempo passava in fretta. Chissà quanto amianto avrà mangiato mia figlia! E poi a lavoro per altre tre ore. Dopo più di vent’anni che lo stabilimento è chiuso, non sono morti solo i lavoratori, ma anche i parenti, i figli di chi lavorava all’Eternit. Già dal 1975 mi fu riscontrata l’asbestosi al 21 per cento, non sono andata via perchè sapevo che ormai il danno ce l’avevo e allontanarmi non sarebbe servito a tornare sana, anzi è una malattia che può solo peggiorare. Ora ho il 44 per cento di invalidità. Non solo ho difficoltà a camminare, ma non riesco ad affrontare nemmeno una semplice discussione da seduta, mi sento strappare in mezzo alla schiena.” 

Valter Crispo si è ammalato a Bologna, lavorava in una fabbrica che produceva vagoni: “Nel 1974 entrai come meccanico specializzato alla Casaralta, una fabbrica di carrozze ferroviarie che riceveva commesse anche dalle Ferrovie dello Stato. Non c’erano impianti di depurazione, i pavimenti erano di terra battuta, i muletti erano gli operai stessi che trascinavano i vagoni. Un ambiente malsano. In fabbrica c’erano una ventina di lavandini, a fine turno ci potevamo lavare per scrollare di dosso tutte le sostanze. Nonostante non fossi a contatto diretto con sostanze chimiche, me le trovavo addosso, come se fossi stato con il viso su un camino. Il 1° gennaio del 2004 andai in pensione, a soli 48 anni, avevo beneficiato delle agevolazioni riconosciute a chi aveva lavorato a contatto con l’amianto. Ero sano. Intanto ero a conoscenza del fatto che molti miei colleghi si erano ammalati dopo il pensionamento. A dicembre dello stesso anno venni a sapere di avere un carcinoma alla vescica e un versamento al polmone destro. Nessuno, sapeva, altrimenti, nessuno sarebbe andato a lavorare alla Casaralta. Però un consiglio penso di poterlo dare, più prevenzione e più controlli accurati per la salute dei lavoratori potrebbero evitare il peggio.”

Samanta Di Persio

1 Le testimonianze sono contenute nel mio libro “Morti bianche, diario dal mondo del lavoro”

 


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