Arresti per droga nel mondo del rugby. E' la fine del sogno?

26 Gennaio 2012   11:00  

Spesso considerato esterno a scandali e vicende quantomeno oscure, il rugby ha vissuto per molti anni in un bolla di vetro, nella convinzione che non avrebbe mai dovuto fare i conti con eventi degradanti e squalificanti.

Ma ogni tanto nella bolla entrano degli spifferi d'aria che svegliano i dormienti dal sogno. E' di queste ore la notizia che vede i carabinieri di Piacenza alle prese con l'operazione “flanker” per sgominare un esteso traffico di droga tra le Province di Piacenza, Parma, Varese, Pavia, Lodi e Milano in ambienti legati alla palla ovale.

35 arresti, di cui 13 rugbysti di serie A, B e C.

Non si vuole infangare uno sport, che per la gran parte delle sue componenti è e sarà sempre estraneo a determinati argomenti, ma forse si rende necessaria una rivalutazione dell'intera considerazione che spesso si ha riguardo la palla ovale.

Continuare a considerare il rugby come lo sport nobile e superiore per definizione agli altri è errato, anacronistico e, forse, pericoloso.

Errato perchè, a differenza di vent'anni fa, il rugby si è elevato al rango del professionismo con tutti i pro e i contro che ne conseguono. Anacronistico perchè in un era in cui le dinamiche economiche rivestono un ruolo sempre maggiore negli equilibri sociali, parlare solo dello spirito di sacrificio e di combattimento dei ragazzi che scendono in campo è limitativo rispetto al quadro completo. Pericoloso perchè, se non ci si rende conto che il rugby è vissuto da uomini che come tali possono commettere errori ed essere spregievoli come in qualsiasi altro ambiente, si rischia di non riuscire ad arginare le incursioni negative nel mondo ovale.

Il rugby non è superiore perchè immune alle mele marce, e' superiore perchè, a differenza di altri sport, è in grado di buttarle via dal cesto.

Matteo De Santis


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